Basta videogiochi, parliamo di arte!
Come mi accade da un po’ di anni a questa parte, sono giunto impreparato alla schermata iniziale di Papetura. Come per libri, film e serie TV, preferisco fruire ogni nuovo videogioco senza pregiudizi, senza pareri parziali partoriti dalla visione di un trailer o di uno screenshot. Tuttavia, prima di accettare un codice review, devo avere un minimo di info, perché non prendo mai un impegno senza assumermi le mie responsabilità.
L’ideatore (sì, al singolare) di Papetura è l’artista polacco Tomasz Ostafin, in arte Petums, che annovera come fonte di ispirazione il videogioco The Neverhood, avventura punta e clicca datata 1996, finanziata da Dreamworks, e fatta tutta in Claymotion. Papetura non ha avuto i soldi di Steven Spielberg, Jeffrey Katzenberg, David Geffen e Microsoft a supporto, e questo si è tradotto in 6 anni di duro lavoro, tra studio dei materiali e realizzazione effettiva.

La storia di Papetura ci narra di Pape, una creatura di carta, intrappolata in una prigione floreale. Un giorno Pape scappa e incontra Tura, una creatura ancora più stramba di lui, a metà strada tra un bazooka e un gatto, e la prenderà sotto la sua ala protettiva. Insieme affronteranno i pericoli messi in atto da una creatura oscura che intende gettare in preda al fuoco la flora e fauna che li circonda.
Il setting è un po’ generico ma non privo di fascino. Assistiamo a un ecosistema composto da esapodi dalle svariate forme e da piante più o meno aggressive. Non sappiamo se per scelta o meno, ma non c’è una distinzione tra buono e cattivo e sembra di assistere a una puntata di Minuscule, dove però ogni cosa è fatta di carta. Tra Pape e il mondo circostante non esiste dialogo, se non sotto forma di versi e di pensieri illustrati con chiarissimi disegni all’interno di una vignetta.
Siamo davanti alla più classica avventura punta e clicca, dove a un clic corrisponde una interazione. A parte quello Pape va in giro con l’analogico sinistro e Tura mira e spara con l’analogico destro e il dorsale R. Se questo schema di controlli vi sembra blando, lo è. A dirla tutta Papetura non è minimamente paragonabile al più arguto Machinarium, eppure l’ispirazione Amanita Design si sente tutta.
Ho usato il verbo “sentire” non a caso, visto che quando Petums ha individuato in Zorya le musiche perfette per la colonna sonora della sua opera, il compositore Tomas Dvorak, in arte Floex, ha deciso di comporre nuova musica ad hoc anziché semplicemente concedere il permesso d’uso di brani già editi. Se vi si è accesa una lampadina, le vostre sinapsi funzionano alla grande: Floex è il compositore dietro ai brani presenti in Machinarium e Samorost. Completa il team di sviluppo Juraj Mravec, sound designer.

Se avete visto uno screenshot del gioco soltanto a questo punto della recensione, è perché ho voluto preservarvi ogni scoperta. Papetura è un gioco breve, molto breve. Il fact sheet annovera 2 ore, ma io dico che siamo sull’ora e mezza, addirittura meno di un’ora se si conosce già tutto. Meccanicamente non offre nulla di nuovo, e gli enigmi non sono certo una sfida per il cervello.
Le poche volte in cui avrete un dubbio, lo dissiperete in breve tempo, giusto quello di guardarvi intorno e tornare in una stanza già visitata. C’è un sistema di aiuti che vi mostrerà il prossimo passo da fare a seguito di un microgioco da pochi secondi. Eppure Papetura è un’esperienza che tutti dovremmo concederci, per svariati motivi.

Le atmosfere quasi lynchiane, il piacere della scoperta e del contatto con un mondo sconosciuto, tuttavia inventato da un essere umano. Anche fosse solo per capire cosa può fare quell’essere umano con della carta e tanta inventiva. Parlare di Papetura in termini di meccanica è svilirlo. Papetura mi ricorda un po’ quel Bulb Boy che ho recensito tempo addietro, ma portato all’estremo. Perché la parte giocosa è molto rarefatta, mentre il comparto artistico è in primo piano.
Quando si spendono 9,99€ per un’opera del genere si deve essere consapevoli che l’esperienza sarà tutto quello che otterremo, un’esperienza più simile a un cortometraggio neorealista o a una visita a un museo d’arte che a una sessione di Splatoon. Forse abbiamo bisogno di tutte queste esperienze, la più lunga e dinamica possibile e la più rilassata e suggestiva seppur breve. Forse qualcuno ha bisogno solo dell’una o dell’altra. Sta a voi.