Persona 3 Portable, recensione di mezzanotte

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Genere: JRPG
Multiplayer: No
Lingua/e: Italiano, Inglese, Francese, Tedesco, Spagnolo

Il terzo capitolo sbarca su Nintendo Switch con l’edizione più controversa

Se Persona 4 Golden è stato il titolo dell’ascesa di Atlus nell’olimpo del genere JRPG e Persona 5 Royal ne è stata la definitiva consacrazione, il titolo che più di tutti è stato il vero punto di svolta è senz’altro Persona 3. Nato su PlayStation 2, il gioco stravolgeva completamente l’esperienza vissuta nei due Persona 2: Innocent Sin ed Eternal Punishment, introducendo tutta una serie di meccaniche divenute sinonime con la serie Persona, come i Social Link.

Tic Toc

La storia vede impegnato Yuki Makoto, il nome canon del protagonista, e i suoi compagni del dormitorio della città di Tatsumi Port Island prendere parte al mistero della Dark Hour, un sottile spazio di tempo che si crea allo scadere della mezzanotte e che trasforma tutte le persone in bare, salvo i possessori di Persona. Qui Yuki entrerà a far parte della SEES, la squadra dedicata alla risoluzione di questo mistero e al combattimento contro le ombre che fuoriescono dal luogo oscuro conosciuto con il nome di Tartaro.

L’ambientazione di Tatsumi Port Island è particolarmente suggestiva e nella sua versione per PlayStation 2 era possibile visitarla come avviene nei titoli successivi, con tanto di social link da approfondire in giro per la città. Il tutto diventa ancora più particolare una volta scattata la Dark Hour poiché, girovagando per le strade della città, avremo modo di assistere a scene piuttosto particolari di persone trasformate in bare oppure la cui mente è stata irrimediabilmente corrotta dalla presenza del Tartaro e dalle ombre che cercano di cibarsi delle persone stesse.

Su PlayStation 2 era stata creata anche un’inedita versione del gioco contenente “The Answer“, una parte aggiuntiva giocabile a partire dalla fine della storia principale la quale andava ad esplorare alcuni segreti dietro alle vicende del Tartaro e aggiungeva ulteriore profondità alla storia.

Ma qui parliamo della versione Portable, tutta un’altra storia, purtroppo.

Portable, anche troppo

L’edizione Portable di Persona 3 è nata originariamente per la console PlayStation Portable (ovvero PSP) e per poter girare su quella console, per quanto potente, ha dovuto sacrificare diverse parti del gioco anche piuttosto importanti.

Per esempio, l’esplorazione è stata ridotta ai minimi termini, dove le uniche parti in 3D sono quelle all’interno dei labirinti del Tartaro, sostituite praticamente in toto da scene statiche in 2D e dialoghi trasformati praticamente in una visual novel. Anche il capitolo “The Answer” non è presente in quest’edizione, rendendola di fatto la versione più povera tra le disponibili.

Come se non bastasse, nella versione Portable mancano del tutto anche le varie cutscene che costellavano l’avventura e che impreziosivano anche gli intermezzi tra una scena importante della storia e l’altra. Anche a livello musicale mancano alcune tracce.

L’assenza della parte aggiuntiva The Answer è compensata dalla per esempio la presenza di un personaggio giocabile femminile al posto di Yuki, che stravolge numerosi Social Link, la possibilità di controllare direttamente tutti i membri del party anziché potergli solo dare degli ordini piuttosto generici, nuovi scontri opzionali, alcuni piccoli cameo da Persona 4, nuovi livelli di difficoltà “beginner” e “maniac“, skill cards dei propri persona e molto altro.

Ma quindi il vero problema di questo porting su Nintendo Switch, qual è? Sostanzialmente, il fatto è che il gioco è letteralmente solo un porting 1:1 da PSP a Nintendo Switch, salvo alcune modifiche strutturali legate più ai 60 fps in gioco e alla risoluzione più alta dei modelli, texture e dei fondali. Per il resto, non c’è nessuna aggiunta, nessuna modifica, niente.

In conclusione

Volendo chiudere questa recensione, Persona 3 Portable rimane sicuramente un gioco interessante e dotato di una storia particolarmente interessante da scoprire ancora al giorno d’oggi. Dove il lato tecnico e contenutistico non presenta poi grandi passi avanti rispetto alla release originale su PlayStation Portable, la storia di Yuki Makoto e della squadra SEES, l’esplorazione del Tartaro e i misteri legati alla famigerata Dark Hour sapranno tenerci incollati allo schermo tutte le ore necessarie per poter arrivare ai titoli di coda soddisfatti dell’avventura appena vissuta.

Certo, sarebbe stato apprezzabile, invece, vedere su Nintendo Switch (e sulle altre console) la versione FES riammodernata e dotata delle tante piccole novità che invece hanno costellato l’edizione Portable, senza però dover subire quei tagli bruschi come le cutscene che tanto fanno disperare ancora oggi i fan della serie.

Vale la pena di esser giocata ancora oggi? Sicuramente si, ma se riuscite ad acquistarlo in sconto, forse è anche meglio.

Terminata l’avventura principale in poco più di 50 ore
Pro: Storia magnifica e oscura come sempre, il Tartaro e la Dark Hour hanno sempre il loro fascino, poter controllare il party è ottimo
Contro: Un porting molto pigro, nessuna aggiunta di rilievo, tutti i pro e i contro della versione portable
6.5

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