Spyro: Reignited Trilogy — Una recensione sputafuoco

Spyro Reignited Trilogy
La nostra recensione di Spyro: Reignited Trilogy per Nintendo Switch.

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Genere: Platform, Action
Lingua/e: Multilingua

La trilogia che completa il pacchetto “ex concorrenza”

In tempi non sospetti, il nostro baffuto idraulico doveva vedersela con ben due icone della concorrenza: Crash e Spyro. Ora, tutti noi sappiamo quanto Super Mario 64, già all’epoca, distaccasse il marsupiale e il draghetto per qualità complessiva e offerta ludica, ma se ancora oggi assistiamo a discorsi comparativi tra i platform di allora — ritornati in auge proprio con i recenti remake — evidentemente Mario ha lasciato sì il segno nei cuori di tanti, ma non di tutti, e dopotutto non c’è da meravigliarsi. Il mondo è bello perché vario, e le avventure del bandicoot e di Spyro all’epoca regalavano un intrattenimento di tutto rispetto.

Ma parliamo del presente. Siamo nel 2019 e, udite udite, quelle due icone un tempo dirette avversarie dell’icona videoludica per eccellenza, scorrazzano in lungo e in largo anche su di una console home Nintendo. Esatto, con l’arrivo della Spyro Reignited Trilogy, i possessori di Switch possono vantare il catalogo di platform 3D più eterogeneo del momento e, per certi versi, quello più paradossale. Ma, a conti fatti, queste tre avventure tirate a lucido brillano ancora come negli anni novanta-duemila? Scopriamolo insieme.




Spyro Reignited Trilogy include i primi tre capitoli di Spyro usciti originariamente su PlayStation. L’ottimo lavoro fatto da Toys for Bob si apprezza fin dai primi istanti dell’avventura numero uno: l’impatto grafico è davvero dei migliori, coerente con l’universo e i toni dell’opera originale e il livello si mantiene tale, se non superiore, anche con i sequel. Quel che quindi differenzia i tre titoli è ciò che effettivamente li rendeva unici ai loro tempi, visto che, a parte qualche limatura, lato gameplay e contenuti abbiamo pad (o Switch) alla mano gli stessi giochi di vent’anni fa.

Con Spyro 2: Ripto’s Edge! le cose cambiano, e di molto. Spyro è cresciuto (solo nelle abilità) e con lui il mondo di gioco. Non più micromondi ma livelli più grandi, esplorabili e zeppi di segreti, con popolazioni originali che chiedono favori in pieno stile subquest. Insomniac Games all’epoca fece un bel salto in avanti e mise in mostra tutta l’esperienza accumulata negli anni: abbiamo quindi una storia che muove il tutto e che, seppur non impattante, dà quel tocco avventuroso assente nel primo Spyro the Dragon.



Abbiamo parlato delle modifiche al gameplay che migliorano l’esperienza e mai queste hanno influito così tanto nel miglioramento tra un gioco e il suo prequel: se nel primo Spyro infatti spesso ci sentivamo limitati dalle (scarse) abilità del draghetto viola, qui la storia cambia. Spyro, oltre a incendiare i fondoschiena di poveri ovini, può ora nuotare ed immergersi, arrampicarsi, andare sullo skateboard o giocare ad Hockey, fare un balzo finale al termine di una planata. Tante piccole migliorie che rendono l’esperienza di questo Ripto’s Edge! molto più varia e godibile.

Ma il picco massimo del divertimento arriva con il terzo capitolo, Year of the Dragon, un gioco che presenta elementi in comune con tante delle produzioni contemporanee. Abbiamo tutto ciò che è possibile apprezzare nel secondo capitolo più ulteriori migliorie, con mondi ancora più complessi e un level design maggiormente curato. Non parliamo di vera e proprio rivoluzione come avvenuto tra Spyro the Dragon e Ripto’s Edge!, quanto piuttosto di un’evoluzione che ha reso quest’ultimo capitolo della trilogia il migliore di tutti e, in generale, dell’intera vita videoludica del draghetto.



Quel che si è analizzato finora, in ogni caso, è da attribuire quasi completamente al lavoro fatto all’epoca da Insomniac Games visto che, come già detto, sul fronte gameplay ci troviamo dinanzi ad un port 1:1, con tutto il bene e il male che ne consegue. È nella direzione del comparto grafico che il remake ha spinto e qui non si rimane delusi, seppur con qualche riserva.

Sarebbe ingiusto fare parallelismi con le versioni PlayStation 4 e Xbox One: la versione per Nintendo Switch, confrontata con la concorrenza, perde in partenza: la risoluzione è più bassa e le texture meno definite. Analizzando però l’opera nel suo complesso, il giocatore non può non essere rapito dalla bellezza e morbidezza dei mondi, dai colori accesi e fiabeschi, dalle animazioni fluide che rendono le tre avventure un piacere per gli occhi.

Purtroppo, l’ottimo lavoro di remake non si è ripetuto nell’ottimizzazione, con un frame rate in modalità TV che fa fatica a reggere i 30fps stabili, nelle fasi di caricamento di un livello o semplicemente muovendo la telecamera con tanti elementi a schermo. Situazione differente se si gioca in portatile, con un calo dei frame solo nei momenti più concitati, ma nulla che possa compromettere l’esperienza. La trilogia quindi dà il meglio di sé proprio in portable, complice lo schermo più piccolo rispetto ad una tv: nonostante la risoluzione si abbassi ulteriormente, il tutto risulta più colorato e definito.



Più deludente è invece la colonna sonora, con brani che si limitano al compitino, dimenticabili e piuttosto ripetitivi. Discorso opposto per il doppiaggio italiano, che per fortuna non segue le orme del pessimo doppiaggio originale e propone voci più che azzeccate per ogni personaggio.

Spyro Reignited Trilogy segue la scia di Crash Bandicoot e lo fa con un port qualitativamente superiore e un’esperienza classica che riesce ancora, per certi aspetti, ad essere al passo coi tempi. Una raccolta che farà felice chi all’epoca siedeva sul carro di Mario e compagni, ma anche coloro in cerca di disseppellire vecchi e dolci ricordi.

Completate le tre campagne principali grazie ad un codice gentilmente offerto per la recensione.
Pro: Una trilogia classica, tirata a lucido, che sa ancora come divertire. In portable dà il meglio di sé. Prima era della concorrenza, quindi c’è ancora più gusto.
Contro: Ottimizzazione non perfetta, caratterizzata da un framerate instabile. Il primo capitolo era fin troppo essenziale all’epoca e oggi subisce ancor più il peso degli anni.
7.9

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