Analisi di uno sviluppo incartato
Quando si prende in esame una saga videoludica con una storia più o meno importante spesso ci si ritrova a parlare del suo miglior esponente, o comunque di un capitolo in particolare che è riuscito, da un certo momento in poi, a far assumere un’identità definita e universalmente riconosciuta alla saga in esame. Ed è con questa premessa che ci ritroviamo a parlare di Paper Mario: Il portale millenario, di frequente al centro dei dibattiti dei fan e oggi come non mai sotto i riflettori grazie al suo ritorno su Nintendo Switch.
Perché viene oggi ricordato come il miglior capitolo della saga? Cerchiamo di capirlo insieme, contestualizzando il periodo d’uscita e analizzando scelte di design che nel corso del tempo hanno diviso più volte i giocatori.
Per capire Paper Mario, occorre fare un piccolo salto temporale. Le sue radici risalgono a Super Mario RPG, titolo che di recente ha anche beneficiato di un remake per Switch (lo trovate qui e questa è la nostra recensione), e che all’epoca dello SNES, nel 1996, segnò probabilmente una delle mosse più coraggiose di Nintendo, tanto che oggi viene ritenuto all’unanimità un vero e proprio cult.
Il gioco segnò l’ingresso di Mario nel mondo dei giochi di ruolo con un mix esplosivo di elementi marieschi e meccaniche familiari a chi già masticava le creazioni di Mamma Square. Non a caso il combat system si rifaceva agli ormai classici Final Fantasy, con la possibilità di usare attacchi semplici, speciali e in combinazione con incantesimi di guarigione e di power up, in base al ruolo e alle abilità intrinseche di ogni personaggio. L’intento era quello di espandere l’universo del Regno dei funghi, renderlo un mondo semi-esplorabile, far percepire anche i nemici come parte di un ecosistema anziché come banali creaturine da calpestare come avveniva nella serie platform principale.
Tale filosofia venne riversata in quello che poi fu il primo capitolo della saga di carta: Paper Mario per Nintendo 64, nel 2000, sviluppato da Intelligent Systems, software house che prenderà le redini della saga negli anni a venire. I ragazzi di Intelligents riuscirono a sfruttare le nuove tecnologie dell’era 3D per dar forma a un mondo vivo e colorato, con un’estetica che sprizzava cellulosa da tutti i pori. Riuscirono inoltre a rifinire le meccaniche RPG già viste su SNES aggiungendo una componente ritmica e un “fattore tempismo” in grado di aumentare il danno ai nemici. In base al momento in cui venivano pigiati certi tasti o combinazioni di essi, infatti, gli attacchi potevano procurare un danno basilare o potenziato.
L’universo di Mario fu delineato ulteriormente con la trasformazione di creature super familiari in razze e civiltà con una propria cultura e background narrativo. Insomma, la Grande N aveva il suo RPG, un RPG con i baffi, ma che doveva ancora compiere l’evoluzione definitiva, quella della consacrazione.
Consacrazione che arrivò con Paper Mario: Il portale millenario, nel 2004, su GameCube. Il battle system si perfezionò con una maggiore varietà di azioni, oggetti, stage e comandi, e con un apprendimento graduale che permetteva al giocatore di far proprie le meccaniche di gioco. La componente “paper” assunse grande importanza grazie alle trasformazioni che Mario era in grado di compiere, principalmente per esplorare il mondo di gioco, come ad esempio la forma aeroplano di carta o quella di tubo arrotolato. Grande cura fu posta nelle location da esplorare, che sprizzavano originalità da tutti i pori, caratterizzate da una soundtrack ispiratissima e calzante.
La narrativa fece un deciso passo in avanti, proponendo una storia più sfaccettata, con tanto di sottotrame, maggiormente tendente all’humour e con l’innesto di interludi extramarieschi che permettevano di impersonare altri personaggi. Per non parlare dei companion che accompagnavano l’idraulico durante le sue avventure, uno più strambo e unico dell’altro. Insomma, Il portale millenario era un sequel a tutti gli effetti: non tradiva la natura del suo predecessore e migliorava tutti i suoi punti di forza e lacune.
Dal portale millenario in poi qualcosa si rompe. O, volendo essere meno drastici, Intelligent Systems inizia a sperimentare. Super Paper Mario esce per Wii nel 2007 ed è tutto tranne ciò che i fan si aspettavano. Il gioco propone una storia originale e calzante, ma le fondamenta ludiche sono quelle di un platform piuttosto eccentrico e basato sullo switch tra le dimensioni, tanto che Nintendo Power lo etichetta come “primo gioco 5D” della saga.
Considerando l’abbandono dell’impianto RPG e la sua maggiore accessibilità, probabilmente ragionando in base alla tipologia di utenza — in gran parte appena approdata nel mondo N — che aveva in casa un Wii, possiamo affermare che Super Paper Mario rappresenta un unicum nella saga e che, se da un lato ha proposto una sua idea di platform, dall’altro ha scontentato larga parte dei giocatori “core”.
Giocatori core che hanno dovuto darsi qualche pizzicotto anche con i capitoli successivi, meno “deviati” dalle radici rispetto a Super, ma che per tutta una serie di motivi non sono riusciti a inanellare la giusta combo di elementi. Parliamo di Sticker Star e Color Splash, il primo concepito per 3DS nel 2012, l’altro per Wii U nel 2016. L’enfasi ha iniziato a ruotare attorno a meccaniche che mettessero in risalto la componente cartacea del gioco (adesivi e colori), sacrificando in parte la profondità della narrazione e la qualità della scrittura, così come lo sviluppo dei personaggi, sconfinando nel doloroso abbandono dei companion.
Il focus diventa il platforming esplorativo con l’innesto di grinding, backtracking e semplificazione del battle system. Viene abbandonato anche il sistema di progressione dettato dai punti esperienza. Gli scontri si rivelano un contorno a un mondo di gioco bello da vedere, ma non così stimolante da esplorare. La sensazione è quella di avere tra le mani dei giochi che propongono un mix di tante cose, ma che non eccellono in nulla in particolare. Una scelta che ha portato i paper-estimatori verso nuove emozioni: la ripetitività, e conseguentemente, sessioni di gioco forzate e noiose.
Era Switch: fa capolino, nel 2020, Paper Mario: The Origami King. Se “quei due”, come li definisce il nostro Diego nella nostra review, presentavano al pubblico uno svogliato mappazzone, The Origami King fa percepire da subito tanto amore. C’è una bella storia a spingerci verso la fine con una scrittura degna di nota, un mondo di gioco incredibile a vedersi e piacevole da esplorare, e un sistema di combattimento “a ruota” che, sebbene non profondo, risulta quantomeno in grado di proporre un modo originale di combattere a turni sfruttando le peculiari caratteristiche della carta.
Un titolo perfetto? Non proprio. La storia ingrana dopo diverse ore e la prima metà del gioco non ha il sapore di un’avventura indimenticabile. E per quanto originale e cervellotico negli scontri con i boss, il combat system sa rivelarsi ripetitivo e poco stimolante nelle lotte contro i nemici ordinari. Nonostante tutto, Origami King può considerarsi probabilmente il miglior Paper Mario dell’era “moderna”.
Chi vi scrive apprezza gli esperimenti e la voglia di rinnovare, ma con la saga di carta pare che non si sia mai trovata una quadra. Se col portale millenario sembrava che si fosse intrapreso un percorso ben definito, con i capitoli successivi si sono persi i tratti caratteristici in favore di un’offerta ludica di tutt’altro tipo, o quasi. Capisco chi lo definisce il miglior esponente, perché è oggettivamente più completo degli altri, più rifinito, più core, più “Paper Mario”. Che non vuol dire che sia migliore degli altri sotto ogni punto di vista, sia chiaro. Ma a volte la carta vincente è quella dell’equilibrio, e il portale millenario ne ha da vendere.