Campeggio e pixel. Tanti pixel.
Mare, collina, montagna. Ho invidiato l’avventura di Claire durante le poche ore che mi hanno portato ai titoli di coda. Mi è sempre piaciuta la natura e mi sono sempre piaciute le gite, i pic-nic, la sensazione di essere circondato da tanto e da niente, nel silenzio dei boschi e in riva a un fiume, dove l’acqua che scorre è sempre fredda.
A Short Hike mi ha ricordato le mie gite da bambino, quando il lavoro non era un impegno fisso e non sapevo cosa fosse una paranoia. Ma parte con un problema grosso di questi tempi: il cellulare che non prende. L’unico modo per agganciarsi all’operatore telefonico è arrivare sul picco di una montagna. Tutto qui. Il gioco ti dà l’unico, vero obiettivo, durante le prime, deliziose battute con la zietta ranger. Poi sta a te decidere quale strada percorrere.

La montagna è alta, se ve lo steste chiedendo, ma proprio alta. Alta alta alta. E la povera Claire è una volatile/scalatrice un po’ in erba. Per spiccare il volo/arrampicarsi ha bisogno di una manciata di piume dorate che possono essere ottenute portando a compimento le richieste dei campeggiatori del posto. O, più semplicemente, sganciando della grana. È questo l’unico vero limite imposto dal titolo e allo stesso tempo la ruota che mette in moto tutti gli ingranaggi.
E sì, perché la voglia di arrivare in cima, all’inizio, è palpabile, ma dopo una mezz’ora capisci che quel pixelosissimo mondo colorato non vede l’ora di farsi conoscere. E quindi al diavolo il cellulare! Meglio andare alla ricerca di forzieri nascosti, barattare robe, vincere una partita di beach volley con le mazze, sudare durante una maratona o darsi alla pesca. Si può sfrecciare in barca lungo le coste dell’Hawk Peak Provincial Park, che inizialmente può sembrare dispersivo, ma dopo qualche arrampicata e volteggio nel cielo ecco che i punti di riferimento s’imprimono nitidi nella testa.

Tra un’attività e l’altra, mi è capitato di interloquire con gli animaletti del posto. Poche parole al posto giusto, scambi veloci, un po’ come si farebbe in una situazione come quella di Claire, che non ha alcuna intenzione di farsi degli amici per la vita (che poi arrivino, ben venga), solo di vivere il momento, prendersi il tempo che serve. Spesso ho percepito le vibes tipiche di Night in the Woods in mix col mood di Animal Crossing. L’esplorazione invece è Breath of the Wild ridotto all’osso, il che non è affatto un male. L’escursione dura pochino se si è di fretta, un’ora e mezza o poco più, massimo quattro o cinque ore se si vuole viverla al massimo. Ma è tutto confezionato sapientemente, con coerenza, senza strafare. Tutto è al posto giusto.

A Short Hike sa valorizzarsi. Ogni punto più alto mette in risalto quelli più in basso, così che spesso ci si ritrova a lanciarsi di sotto al solo scopo di ammirare il paesaggio da una prospettiva diversa, con il vento che fruscia sotto le ali. C’è del level design fatto bene affiancato da un sistema di controllo a dir poco perfetto e un accompagnamento musicale essenziale, dalle poche note, rispettoso del giocatore, mai invadente. Esteticamente è una piccola gemma e se i pixel giganti non sono di vostro gradimento potete persino rimpicciolirli dalle opzioni del menu. Insomma, si è pensato proprio a tutto, o proprio tutto no. I vostri attrezzi sono da equipaggiare ogni volta e non c’è una ruota di selezione o un tasto da assegnare, non c’è un recap delle richieste, non c’è nemmeno una mappa. Ma non credo di averne mai sentito il bisogno. Il campeggio non è campeggio se è tutto comodo e a portata di mano.

La cosa buffa è che se avete ancora conservato qualche punto d’oro, A Short Hike farà parte della vostra libreria al costo di un cornetto + cappuccino. Claire vi insegnerà l’importanza del tempo, del cogliere l’attimo e spiccare il volo, per poi finire cinque minuti dopo sotto le lenzuola, al calduccio, col cielo stellato sopra la testa e il mare che s’infrange sugli scogli a pochi passi dalla porta di casa.