“Solo ora capisco che il modo in cui si viene al mondo è irrilevante, è quello che fai del dono della vita che stabilisce chi sei.”
Provate a chiedere ad un campione di qualche migliaio di fan Pokémon, di quelli vecchietti però, quale pellicola sui mostriciattoli tascabili è riuscita a segnarli di più. La maggior parte vi risponderà che il primo film, “Mewtwo contro Mew“, seppe conquistarli sin dai primi minuti. La restante parte probabilmente non visse mai l’esordio dei Pokémon al cinema. Mewtwo colpisce ancora: l’evoluzione, remake di quel film d’animazione che fece la storia nel 1998, si carica sulle spalle un bagaglio di responsabilità non proprio leggerino. Non solo perché differisce nella tecnica, ma anche perché, di solito, provare a migliorare un prodotto già riuscitissimo è impresa assai ardua.
L’evoluzione sbarca quindi su Netflix, segna la 22esima presenza delle creature di Tajiri nel mondo dei film d’animazione, e propone a vecchi e nuovi spettatori un remake 1:1 (o quasi del tutto) in salsa CGI. Come se la sarà cavata?
Partiamo da ciò che colpisce sin dai primi istanti: l’estetica del film. Lo stile che caratterizza umani e Pokémon è peculiare, di certo soggetto al gusto personale, ma in generale il risultato è più che buono. La CGI ha reso il mondo naturale dei Pokémon una vera e propria meraviglia; le riprese dall’alto che catturano foreste, mari e montagne rendono giustizia a quelle note selvagge e avventurose che hanno da sempre caratterizzato l’universo dei mostriciattoli tascabili.
Discorso diverso per quanto concerne la qualità dei modelli dei Pokémon e le loro animazioni. Se le creature più pelosette sono quelle meglio rappresentate, per la presenza di maggiori dettagli, lo stesso non si può dire di quelle “lisce”. Si passa dal folto piumaggio di Fearow all’aspetto un po’ plasticoso di Psyduck, o dello stesso Pikachu di Ash. Un saliscendi a tratti un po’ ambiguo che non viene aiutato granché dal comparto animazioni; quest’ultimo dona ai protagonisti un’andatura a volte un po’ legnosa, per certi versi gessata.

Lo stesso Mewtwo, per quanto non riesca a perdere il suo carisma nemmeno per sbaglio, soffre spesso e volentieri la plasticità del suo corpo e delle espressioni facciali. Nella pellicola originale il Pokémon Genetico sapeva esprimere tutta la sua furia con occhi colmi d’ira e atteggiamenti da “feto incazzoso”, peculiarità andate perse dopo il lifting della computer graphics.
Persino la soundtrack del film risulta essere scialba e non al passo col ritmo dell’azione. I suoni ambientali appena accennati e alcune scene girate nel silenzio più assoluto, che meritavano tutt’altra cura da questo punto di vista, cozzano terribilmente con le immagini a schermo. Insomma, scordatevi pure tracce come “Brother My Brother” o l’incredibile Pokémon Theme, che localizzato in italiano diviene tutt’altra cosa. Aggiungiamoci anche la mancata occasione per riparare a certi errori (Pidgeot che esclama “Pigiottooo”) e il quadro è bello che concluso.

Lato registico siamo di fronte a un dipolo. Talvolta le riprese sono girate allo stesso modo del film originale, altre volte si cambia prospettiva e angolazione. Ci sono anche alcuni minuti inediti. Ebbene, soprattutto nel primo caso, l’evoluzione non è poi così “evoluzionizzante”. Sarebbe stato opportuno offrire un punto di vista completamente diverso (o almeno nella maggioranza dei casi) lungo tutto l’arco del film, in parte per offrire un remake con più appeal ai fan di vecchia data, e in parte per far risaltare l’epicità di certe scene con l’uso della CGI. La sensazione è quella di vedere un’opera copia-incolla che si limita al compitino e che inevitabilmente porta al confronto con l’originale, soprattutto quando vengono a mancare linee di dialogo importantissime per i temi trattati; persino la scena più commovente di tutte, che non descriveremo nel dettaglio per rispetto dei neofiti, fatica a toccare le giuste corde. Intendiamoci: momenti da stunning grafico sono presenti, anche se in minima parte, e gli appassionati del mondo Pokémon sapranno apprezzarli. Dopo la qualità di Detective Pikachu, tuttavia, ci saremmo aspettati ben altro trattamento per una pellicola che ancora oggi dà la paga alle più recenti iterazioni cinematografiche del mondo Pokémon.

Ciò che alla fine tiene in piedi tutta l’opera è la storia di Mewtwo, della sua rabbia verso il mondo degli esseri umani, della sua rivalità con Mew, il Pokémon genitore che genitore non è. Le gag comiche continuano ad avere il loro perché anche dopo tanti anni e i mostriciattoli tascabili della storica prima generazione, per quanto non tutti ben realizzati in termini poligonali, sanno come farsi valere, soprattutto se a smuoversi sono gli ingranaggi della mai troppo controllabile nostalgia. La qualità della CGI, sebbene traballante, saprà attirare gli sguardi dei nuovi allenatori e offrire ai capipalestra una finestra sul mondo Pokémon, anche se non molto ampia, ancora inedita.