Leggende Pokémon: Arceus — Recensione di un nuovo inizio?

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Genere: JRPG
Lingua/e: Multilingua

I Pocket Monsters compiono un primo passo verso l’evoluzione

Tutto iniziò con un’idea, di quelle brillanti: permettere ai videogiocatori di collezionare delle simpatiche mostruosità, tenerle con sé, farle crescere e intraprendere un viaggio all’insegna dell’avventura. Quell’idea ha poi dato vita ai Pokémon, che da quasi trent’anni fanno parte dei ricordi di grandi e piccini, e che ad oggi rappresentano il media-brand più redditizio al mondo. Sì, avete letto bene, Pikachu e i suoi compagni sono arrivati, letteralmente, a conquistare il mondo. Eppure, nell’ultimo decennio, la serie videoludica pareva aver perso di vista la rotta. Game Freak sembrava non sapere più cosa fosse a rendere i Pokémon tanto speciali. Ma la soluzione era proprio lì, a portata di mano: un intero ecosistema di mostriciattoli dalle forme bizzarre, dai comportamenti inusuali, ognuno col suo verso, il suo habitat, il suo modo di combattere e interfacciarsi col mondo. Ognuno, a suo modo, unico.

Cos’avrà spinto la casa madre a mettere da parte i dogmi della serie principale per dare vita a Leggende Pokémon: Arceus? Coraggio? Voglia di cimentarsi in qualcosa di nuovo? Chissà. È probabile, in ogni caso, che questa nuova strada segnerà il futuro da percorrere, che forse andrà diramandosi in scenari ancora diversi. Quale che sia stata l’illuminazione, era difficile sviluppare un titolo tanto divisivo: vediamo insieme perché.

Hisui, terra antica

La storia di Leggende Pokémon: Arceus tocca tutti i punti nevralgici del genere isekai: ci ritroviamo catapultati in una terra sconosciuta, senza sapere perché, con un esiguo bagagliaio di ricordi sul nostro passato. Hisui, la regione che ci accoglie, appartiene a un’altra era, di quelle antiche, dove la convivenza tra uomini e Pokémon è uno scenario appena abbozzato. Le fasi iniziali della trama non si perdono troppo in chiacchiere e, dopo aver mostrato inusuali capacità nella cattura dei Pokémon, veniamo invitati dal Professor Laven a seguirlo presso il Villaggio Giubilo, luogo che fungerà da hub centrale di tutte le nostre future attività. Qui facciamo conoscenza con il Team Galassia, un’organizzazione composta da membri giunti da ogni dove per studiare Hisui, e guidati dal direttore Soruan. A complicare le “questioni sociali” sono i nativi di Hisui, rappresentati dal Team Diamante e dal Team Perla. Mentre il primo si prefigge di valorizzare il tempo, il secondo mette al centro dell’attenzione lo spazio. Tempo e spazio, due concetti che verranno più volte messi in discussione per venire a capo di uno dei più grandi misteri di Hisui.

Pur affrontando tematiche di una certa complessità, la narrazione impiega toni sostanzialmente leggeri e ben si discosta dal sensazionalismo, spesso irritante e affatto carismatico, tipico dei team malvagi dei passati capitoli. A emergere sono problemi semplici, di uomini e Pokémon, che coinvolgono la quotidianità di una terra ancora in uno stato primordiale. In un certo senso, si potrebbe dire che Leggende Pokémon: Arceus ricalchi quella che è stata la direzione intrapresa dal manga, che da sempre ha posto il focus sul valore del viaggio, delle relazioni, dell’amicizia. L’ultima fatica di Game Freak non centra il punto come in La grande avventura, ma offre una visione molto pokécentrica del narrato, soprattutto nella costruzione delle sidequest. Scelta apprezzabile, sebbene non esente da difetti. La qualità della scrittura rimane su livelli basici, il ritmo è blando e l’assenza del doppiaggio inficia i momenti più concitati. Nel complesso, un passo avanti rispetto al passato, ma il mondo Pokémon può e deve essere spremuto di più in tal senso.

Tutto, dicevamo, ha inizio al Villaggio Giubilo, il luogo in cui il giocatore si prepara per le missioni affidategli dal Team Galassia e da una lunga sfilza di personaggi, comprimari e non. Il villaggio ha tutto ciò che un giovane cacciatore alle prime armi potrebbe desiderare. L’alloggio permette di riposare e organizzare l’inventario, il Pascolo prende il posto del classico PC e offre ospitalità a tutti i Pokémon catturati nel corso dell’avventura. Il Podere riempie le tasche di erbe, Ghicocche e piante medicinali, mentre vari negozi permettono di cimentarsi nella personalizzazione dell’outfit e delle acconciature. C’è un luogo dedito all’allenamento e all’apprendimento di nuove mosse e, a spiccare su tutte le altre costruzioni, vi è la sede del Team Galassia, edificio nel quale dovremo fare più volte rapporto alle persone di spicco dell’organizzazione e che vedrà lo sviluppo della main quest nei suoi nodi principali. Insomma, è il più classico degli hub: sulla mappa sono posizionati degli utili indicatori per gli spostamenti rapidi e segnalini che conducono a nuove missioni. E a proposito di missioni, oltre a quelle principali bisogna menzionare le Richieste, sidequest affidateci principalmente da NPC minori. Le Richieste chiedono al giocatore di trovare oggetti di gioco specifici, catturare una particolare specie di Pokémon o di completare la scheda del Pokédex di un mostriciattolo. A differenza dei titoli passati, infatti, il registro delle creature di Hisui si completerà con una descrizione solo quando sono soddisfatti dei requisiti precisi, che analizzeremo più avanti.

Open, ma non troppo

La nostra missione è semplice a dirsi, ma leggendaria se portata a compimento: gotta catch ‘em all, catturali tutti! O almeno, cattura tutti i Pokémon di Hisui. Per la prima volta abbiamo a che fare con un mondo totalmente in 3D, la telecamera è finalmente libera da ogni vincolo e permette di scrutare ogni angolo delle mappe costruite da Game Freak. Il titolo non propone un vero e proprio approccio open world, quanto un suo sottogenere, l’open map: dal Villaggio Giubilo si sceglie la destinazione di caccia e si finisce catapultati tra i confini della terra prescelta. Trovata che si traduce in un ottimo modo per circoscrivere le attività di caccia e rendere quindi l’esplorazione meno dispersiva, ma che allo stesso tempo rappresenta un fattore limitante: recarsi in un’altra area, infatti, sarà possibile soltanto facendo ritorno al Villaggio, problema che si avverte soprattutto a gioco inoltrato, quando le sidequest iniziano ad accumularsi.

Ogni area si distingue per un bioma predominante e per la fauna che ospita. Si tratta di un sostanziale upgrade delle Terre Selvagge viste in Pokémon Spada e Scudo: qui la verticalità è padrona, offre un certo grado di ripidità e sin da subito si avverte il desiderio di raggiungere punti lontani. Il grado di interazione con l’ambiente, inizialmente, è molto limitato, poi le possibilità in termini di esplorazione superano ogni più rosea aspettativa grazie al Poképassaggio. Parliamo di una vera e propria svolta per la serie, ma non per il genere di riferimento, visti i tanti esponenti che da anni propongono approcci anche migliori. Ciononostante, i fan di vecchia data che da tempo sognavano un gioco Pokémon nelle tre dimensioni avranno di che gioire di fronte a un level design che finalmente volta le spalle ai percorsi a corridoio visti nelle scorse generazioni. C’è spazio anche gli amanti del crafting, con un mondo in grado di offrire varie tipologie di cibi e materiali utili a realizzare anche la più classica delle pozioni. Chiudendo il cerchio, un accampamento funge da base e ci permette di riposare, depositare oggetti e aggiornare il Pokédex della regione; questo è il nostro unico riferimento certo insieme al bollino della quest principale, perché tutto il resto passa per l’intraprendenza del giocatore.

Il Tempo della Cattura

Abbandonati gli incontri casuali rivisti in Diamante Lucente e Perla Splendente, la cattura non è mai stata al centro dell’attenzione come in questo capitolo: le strategie sono piuttosto varie e prevedono sia l’utilizzo di strumenti distrattori (bacche, cibi et similia) e sia il lancio manuale delle Poké Ball, congegnate per ogni occasione e tipologia di mostriciattolo. Grande importanza assume il movimento del giocatore, che adesso può acquattarsi per camminare in modo furtivo o compiere slanci in avanti per tuffarsi nell’erba alta e schivare gli attacchi dei Pokémon più irritabili. Già, non tutte le creature sono favorevoli ad essere addomesticate: molte, alla sola vista di una figura umana, si mettono in stato di guardia e, se necessario, ricorrono alla forza. In questi casi sta al giocatore scegliere l’approccio da adottare: fuggire, o provare ad ammansire il mostriciattolo con l’aiuto dei compagni di squadra. Il primo caso si rivela utile quando la salute del cacciatore raggiunge livelli molto bassi; a zero punti vita infatti si perdono i sensi, qualche utile strumento e ci si ritrova di nuovo all’accampamento base. Nel secondo caso, si procede come da tradizione: un Pokémon indebolito è più facile da catturare, ma attenzione ai danni subiti, perché in questa nuova avventura i mostri selvatici picchiano davvero forte.

E a proposito di picchiare forte, tra i nostri obiettivi spicca una variante estremamente più pericolosa e ostica da affrontare: quella Alfa. I Pokémon Alfa sono Pokémon più grandi, con moveset più elaborati e un livello molto più alto rispetto alla media del team. Da notare come siano in grado di influenzare i selvatici che gli stanno intorno che, consci di avere un valido protettore dalla loro parte, non si fanno troppi scrupoli ad assediare il giocatore e metterlo alle strette. Catturare gli Apha, in certi casi, è un’impresa davvero titanica, ma la ricompensa è ghiotta: oltre a guadagnare la fiducia di un valido alleato, la squadra ne gioverà in esperienza, mentre il Borsello si riempirà di utili strumenti.

Altra sfida degna di nota è quella contro i Pokémon Regali, veri e propri boss di fine capitolo. Si tratta di creature che per oscuri motivi risultano pregne di una rabbia incontrollabile e, come da copione, tocca al giocatore porre fine alle loro sofferenze. Le lotte contro i Regali assumono connotati action: bisogna evitare gli attacchi ad ampio raggio con la schivata, fuggire via quando il momento lo richiede e, soprattutto, colpire senza sosta i mostriciattoli incolleriti con le sferezen, delle sottospecie di Poké Ball create col cibo preferito del Pokémon Regale. Al momento opportuno è anche possibile mandare in campo un compagno per stordire l’avversario e far sì che l’indicatore della furia si scarichi più velocemente. Parliamo quindi di varianti delle lotte classiche che aggiungono gradualmente elementi di trama e che sono precedute, tra l’altro, da cutscene di buon livello.

Ho perso il conto delle Poké Ball lanciate nel corso dell’avventura e, per quanto mi sia divertito, a un certo punto ho avuto la sensazione che quel “catturali tutti” si sia trasformato in un “catturane troppi”. Il motivo è presto detto: le schede di ogni Pokémon si completano con la descrizione solo quando si soddisfano certi requisiti, come il catturarli un tot di volte, fargli eseguire una mossa specifica, catturarli furtivamente o farli evolvere. Il risultato è che spesso e volentieri, per amore del completismo, ma spesso per portare a termine una richiesta specifica, si finisce col riempire il Pascolo di mostriciattoli non desiderati. È uno strano loop, che di per sé non risulta noioso, ma alla lunga diventa ripetitivo e allunga il brodo in un modo un po’ artificioso. Capisco il volere degli sviluppatori in questo caso: la caccia diventa anche osservazione, in pieno stile darwiniano, ma credo si sarebbe potuto osare di più per diversificare l’esperienza.

A ogni modo, tutte le attività svolte nel nome della cattura contribuiscono ad alimentare un moltiplicatore, che a fine missione aumenta il Rango Membro. Si tratta di una valutazione che comprende 10 livelli di esperienza e che, oltre a essere necessaria per procedere lungo la storia, apre a tutta una serie di nuove ricette, utilissime per craftare strumenti curativi o nuove Poké Ball.

Le nuove facce del combat system

Senza alcun timore e anche con un certo sollievo, posso dire che Leggende Pokémon: Arceus propone finalmente un grado di sfida accettabile, in grado di far spremere le meningi degli allenatori core e di mettere sotto scacco chi si approccia per la prima volta ai Pocket Monsters. L’esito di ogni scontro non è scontato, di frequente si affrontano avversari da one-shot, in grado di ridurre a brandelli le difese dei nostri compagni. In generale si avverte un certo grado di appiattimento, dove 10-15 livelli di differenza non condannano matematicamente il Pokémon con meno esperienza. Le statistiche di base hanno inoltre subito un grosso boost, cambiamento che sembra premiare principalmente i mostriciattoli votati all’attacco. La sensazione è che non ci sia un vero e proprio equilibrio e che pur livellando senza sosta la vittoria non sia sempre a portata di mano. Per avere la meglio, in ogni caso, è indispensabile adottare una buona strategia iniziale, craftare gli strumenti giusti e sfruttare al massimo il combat system, che per l’occasione è stato rimodernato e snellito.

La più grossa novità è l’implementazione di due stili di lotta: la Tecnica Rapida e la Tecnica Potente. La prima riduce il potere offensivo delle mosse, ma permette di accumulare più turni a disposizione aumentando la Velocità. La seconda fa affidamento al danno, a discapito di qualche turno che viene perso col procedere della lotta. Un grafico ci informa dell’alternanza dei turni e si aggiorna live quando decidiamo di cambiare stile. È difficile dire quanto sia realmente efficace questo nuovo modo di lottare: le condizioni ambientali possono essere un fattore determinante, il predict è essenziale, almeno nelle lotte più impegnative, e un errore può esporre il nostro beniamino a una serie di colpi consecutivi difficile da tenere a bada. Si tratta comunque di una proposta coraggiosa, ben più interessante delle trascorse Mosse-Z e se studiata nel dettaglio e rifinita non dubito che possa offrire un buon livello di strategia. Menzione d’onore per il comparto animazioni, dove si assiste finalmente a una vera e propria messa in scena della mossa eseguita, con Pokémon che caricano, attaccano dalla distanza e che si muovono coerentemente con le dinamiche di una lotta. Molto meno coraggiosa è la scelta di abolire le abilità. Tale meccanica avrebbe senza dubbio giovato alla varietà e alla strategia dei combattimenti, per non parlare di una sua implementazione nell’overworld con, ad esempio, Pokémon climatici in grado di far piovere o spuntare il sole. Lieve cambiamento anche per i problemi di stato, ora molto meno impattanti, ma allo stesso tempo più coerenti con la tipologia di malus.

Altra rivoluzione arriva a livello microscopico, ma ha un impatto gigantesco sull’ottimizzazione delle statistiche e, quindi, del team-building. Restano le nature, ma dite pure addio a IV ed EV (qui per un approfondimento), i parametri che prima influenzavano il potenziale di una delle cinque statistiche tra Attacco, Difesa, Attacco Speciale, Difesa Speciale e Velocità. Al loro posto un nuovo parametro, il Livello Impegno. È un valore che parte da un minimo di 0 e raggiunge il suo massimo al 10 (qui per saperne di più), può essere potenziato con degli oggetti specifici e, al pari di strumenti come Proteina, Calcio e via dicendo, va ad influire pesantemente sul boost di ogni statistica. La parte interessante è che tutte le statistiche possono essere massimizzate ed è quindi possibile dare vita a delle vere e proprie macchine da guerra in combo con la natura più adatta. C’è da capire se questo sistema vedrà una reale applicazione anche nei titoli futuri, ma è innegabile che la parte noiosa del competitivo, quella del breeding e quindi del passaggio degli IV giusti al Pokémon figlio, non rappresenti più un ostacolo per coloro in fissa coi numeri. E a proposito di breeding, nonostante la presenza del Pascolo, sarà impossibile dare alla luce dei Pokémon tramite l’accoppiamento. Scelta apparentemente sensata considerando il deciso voltafaccia al lato competitivo del gioco e alla componente online, almeno quella relativa alle lotte; eppure, così come per le abilità, parliamo di un’altra meccanica abbandonata, e che sono sicuro sarebbe stata più che apprezzata dagli appassionati.

Dove avete lasciato il comparto grafico?

È giunto il momento di parlare dell’aspetto critico del titolo: il comparto grafico. Qui non ci andrò troppo leggero, perché per quanto l’esperienza di Leggende Pokémon: Arceus funzioni nel suo complesso, avrebbe necessitato di ben altro trattamento da questo punto di vista. Sembra di essere tornati indietro di generazioni. Non solo a livello poligonale, ma soprattutto in quanto a densità. Per quanto ben disegnate, le aree di gioco sono spoglie, tartassate da aliasing, pop-up sfrenato e texture (texture?) orripilanti. L’orizzonte mostra solo gli elementi necessari, le distese d’acqua appaiono come dei lastroni cristallizzati, la vegetazione è risicata, Pokémon e oggetti scompaiono dal cono visivo quando si supera una certa distanza. È un completo disastro, e guai a mettere in secondo piano tale arretratezza tecnica: stiamo parlando di una software house che, come anticipato in apertura, sviluppa videogiochi per il media-brand più redditizio al mondo. E chi vi dirà che il gameplay sopperisce a tutto questo, diffidate del suo giudizio: in un gioco che fa del suo focus principale ricerca ed esplorazione unita a una velata componente stealth, il raggiungimento di certi traguardi tecnici dovrebbe essere un obiettivo minimo. In Leggende Pokémon siamo ben sotto questo traguardo, e a tale scempio si aggiunge la solita pigrizia compositiva: le case del villaggio sono tutte uguali e tutte con lo stesso arredamento, gli NPC non si schiodano dalle loro postazioni e si limitano ad eseguire le solite azioni, il framerate subisce un tracollo nei punti distanti dal giocatore, tutto è estremamente statico, poco vivo.

Il confronto con titoli dello stesso genere, ma lanciati sul mercato più di una decade fa, è letteralmente impietoso. È un risultato del tutto ingiustificabile, soprattutto se penso alla macchina messa a disposizione che, pur non essendo un mostro di potenza, riesce a far girare dei veri succhia-risorse come Breath of the Wild e Xenoblade Chronicles. Non comprendo i motivi dietro tale arretratezza tecnica ed è probabile che il team di sviluppo non abbia esperti nel campo dell’ottimizzazione, ma trovo comunque superficiale mettere in secondo piano un aspetto tanto tragicomico in favore di un nuovo inizio della serie, come fatto in altre sedi. Le recensioni hanno lo scopo di guidare l’acquisto, vero, ma dovrebbero anche fornire un feedback alle aziende. Da quanto ho letto in giro, Game Freak potrebbe continuare a sfornare giochi dal gameplay divertente, ma davvero pessimi sotto il profilo tecnico. No, è tempo che questo brand venga trattato per quello che è, è tempo che i fan acquistino videogiochi da milioni di copie vendute in grado di non far sanguinare gli occhi. Basta chiudere un occhio qui e l’altro pure. Basta compromessi.

A un comparto grafico da dimenticare, si accosta per fortuna un comparto sonoro davvero ispirato. Nonostante le lunghe sessioni di caccia, le tracce musicali non stancano mai e, oltre a scandire il ritmo di gioco, descrivono alla perfezione i momenti più concitati, nervosi, e quelli più pacati, contemplativi. Spesso ci si limita a qualche nota, ad accompagnare il passo del giocatore: il suono in questo caso diventa ambientale e si trasforma in una piacevole compagnia. Mi sono ritrovato spesso a canticchiare qualche melodia anche a console spenta, segno che il lavoro è stato egregio. È un peccato che non si sia pensato, ancora una volta, a un doppiaggio, seppur solo di circostanza.

La strada è quella giusta

Dopo quanto detto, sento di dire che la vera rivoluzione è stata compiuta abolendo qualsivoglia tipo di transizione. Lanciare un mostriciattolo in prossimità di un selvatico dà subito inizio alla lotta nel mezzo dell’overworld, la cattura è rapida e indolore, ci si sferra colpi senza pietà, si riposa, si ricomincia. I caricamenti sono quasi immediati (e vorrei ben dire, guardando al comparto grafico), in generale si può guardare a un titolo finalmente moderno sotto il profilo della quality of life. Si poteva fare di meglio con i menu, magari con un tasto dedicato alle missioni o con una UI dotata di mimimappa; la gestione del Pascolo e del Borsello le volte è un po’ confusionaria, se non un po’ limitante, soprattutto nel caso dell’inventario. Gestire il moveset semplicemente accedendo al menu della squadra, o far evolvere un Pokémon con uno schiocco di dita, è comunque una conquista impagabile e alla quale difficilmente si riuscirà a fare a meno in futuro.

Pokémon ha finalmente deciso di evolversi. Non lo fa nel migliore dei modi, perché i margini di miglioramento sono davvero moltissimi e i punti critici fin troppo critici, ma la strada intrapresa è quella giusta. Siamo a un secondo stadio, in attesa di un terzo e magari di una Mega Evoluzione. Difficile dire quale sarà la prossima mossa di Game Freak: parliamo di una software house che nel corso delle generazioni ha costruito e smantellato senza sosta, alla ricerca di un equilibrio che sembra mancare dai tempi di Bianco e Nero. Eppure, Leggende Pokémon: Arceus è il primo, vero tentativo di proporre ai fan qualcosa di nuovo, di porre i mostriciattoli tascabili sotto una nuova luce. C’è ancora tanto da imparare dal genere di riferimento, ma la strada è quella giusta. Lo dico col sorriso, perché dopo tanti anni i Pokémon sono tornati a farmi divertire.

Completata la campagna principale e affrontato il post-game grazie a una copia review gentilmente offerta da Nintendo.
Pro: L’esperienza più pokécentrica partorita da Game Freak: gameplay a tratti assuefacente e un mondo completamente in 3D tutto da esplorare. Il comparto sonoro è ispiratissimo .
Contro: Comparto grafico semplicemente scandaloso. Elementi ruolistici da raffinare per raggiungere gli standard del genere di riferimento. Permane l’assenza del doppiaggio.
7.2

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