Monster Hunter Rise — Cronache di un cacciatore in erba

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Rise come punto di partenza per la serie Monster Hunter: dategli una possibilità e con un po' di pazienza vi scoprirete cacciatori.

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C’è sempre una prima caccia!

Quante volte avete snobbato una serie perché non vi sentivate allineati coi pianeti? Zero? Buon per voi. A me capita molto spesso e ancor più di frequente mentre mi avvicino ai trenta e i miei gusti in fatto di videogiochi si rafforzano — in meglio? Vallo a capire — giorno dopo giorno. Fatto sta che dopo un’eternità passata a meditare e a nascondermi, raramente decido di farmi avanti e rischiare il tutto e per tutto. Monster Hunter è uno di quei casi rari.

Ho sempre guardato da lontano le cacce sfrenate concepite da Capcom. Setting, design di mostri e cacciatori erano un connubio perfetto per me che già da piccolo ero in fissa coi dinosauri. Ma c’era l’altro lato della medaglia, ovvero un sistema di loot e meccaniche di gioco basate sul grinding nella sua essenza più pura. Un loop che nella mia testolina avrei mal digerito, soprattutto pensando a un’esperienza in singolo.

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Eppure, Rise ha fatto scoccare la scintilla, dal primo trailer. L’ampia libertà di movimento ha iniziato a farmi respirare selvaggiamente, il setting molto giapponese e la compagnia di Canyne e Felyne hanno fatto il resto. Ho sentito il bisogno di dargli una possibilità, dovevo vivere senza più rimorsi. Dopotutto una chance non si nega a nessuno — ne ho concesse fin troppe a Fire Emblem — e nel peggiore dei casi avrei aggiunto un tassello (grande o piccolo era tutto da vedere) alla mia esperienza di videogiocatore.

Come ogni neofita che si rispetti, ho cercato di trarre tutto il necessario dalle sezioni tutorial. Sono stato attento ad assimilare ogni consiglio, ogni nozione, e devo dire che… non è servito quasi a nulla. E sì, perché Rise ti dice tutto e niente. Ti spiega come attaccare, ma non come concatenare le combo migliori. Ti dice che puoi catturare i mostri, ma ti nasconde la missione tutorial per capire come intrappolarli. Ti indica gli spot di raccolta, ma solo trafficando nel menu strabordante di voci capisci che puoi craftare oggetti, salvare set già pronti e via dicendo. Potrei andare avanti per molto, ma il succo del discorso è che un neofita della serie perderà le prime dieci ore di gioco ad assimilare anche le nozioni più banali se non si stuferà prima, mentre un neofita che non ha alcuna esperienza in fatto di GDR et similia probabilmente darà indietro la sua copia dopo mezz’ora dall’avvio della partita. Io rientro nella prima categoria e ammetto di essere passato per la fase del “ma chi me l’ha fatto fare”. Per fortuna l’esperienza è andata via via migliorando.

E sì, perché al netto delle complicazioni, udite udite, Rise è probabilmente il capitolo della serie più snellito in quanto a ripetitività di azioni, grinding e quant’altro. Sono partito con le missioni del villaggio e con l’arma che tuttora mi fa compagnia e che adoro, la spada lunga; un percorso in solitaria che mi ha portato man mano a conoscere le mappe e i mostri più temibili. Passavano le ore ma non ho mai sentito il bisogno di craftare l’armatura con le difese più alte o con i bonus più vantaggiosi: mi sono limitato ad assecondare il mio senso estetico. E quindi mi è subito caduto il mito del gioco che succhia via ore e ore di farming sfrenato per essere portato a termine. In pratica il mio dubbio più grande si è vaporizzato insieme ai dango di Yomogi.

Qualcuno qui potrebbe avere da ridire, perché nelle fasi avanzate c’è la necessità che i mostri droppino gemme e oggetti specifici per mettere in piedi la build più powa dell’universo, ma io ne faccio un discorso di godibilità generale per quei giocatori che si accontentano di vedere una spunta rossa sulla casella delle missioni di livello 7. C’è stato, in effetti, un momento che ha richiesto il drop di pezzi specifici per la mia build, ma tra arma e armatura credo di aver impiegato poco più di un paio d’ore, tempo che mi ha permesso di studiare bene il Barioth e i modi per counterarlo, quindi tempo speso bene.

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Ho detto di aver impiegato un paio d’ore di puro gameplay e il merito va anche alla possibilità di cacciare online insieme ad altri tre forestieri. Le sessioni di gioco insieme ad altri giocatori semplificano enormemente la vita dei cacciatori in erba, riducendo drasticamente i tempi per completare le missioni ed esponendoli meno agli attacchi mortali dei mostri. So bene che il cacciatore vero, quello che la mattina beve latte di Magnamalo appena munto, fa affidamento soltanto sulle proprie forze e si cimenta in una lotta sanguinosa senza esclusione di colpi per segnare il miglior tempo personale. Ecco, lo so bene, ma questo è un articolo per niubbi, quindi permettetemi di lodare un sistema che agevola anche chi non ha troppo tempo da perdere e preferisce gettarsi nella mischia per sferrare il colpo migliore mentre il mostro è impegnato ad attaccare un compagno di caccia. Ah, il tutto a 30 fps granitici e senza perdite di connessione casuali. Brava Nin… ehm, Capcom.

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Ma alla fine della fiera, cosa mi ha spinto a raggiungere le attuali 70-80 ore di gioco? I mostri e i loro pattern super diversificati, le cavalcature wyvern, il doggo e il miagolo, i dango e le sorelle veggenti, il multiplayer casinaro, il fashion souls e la pesca, tutto molto bello, lo ammetto, ma quanto varrebbe il pacchetto senza un gameplay stratosferico come quello di Rise? Credo arrivi per tutti il momento in cui scatta la scintilla, quel frangente in cui riesci a fare predict e counterare la mossa che ti avrebbe fatto a pezzettini per metterti in una posizione di vantaggio, far saltare al mostro una manciata di denti e rovesciarlo pancia all’aria, esposto alla furia malata della tua arma e della mossa speciale tenuta pronta per il momento fatidico. Ecco, è quando scatta quella scintilla che il gioco ti ha in pugno. Capisci che la tua arma può dare di più se le dai la possibilità di essere spinta al limite.

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Credo che la forza di Monster Hunter stia tutta in quella scintilla, nella voglia del cacciatore di capire le movenze del mostro di turno, anche quello più infido e attaccabrighe, e nel suo impegno a sperimentare nuovi approcci e nuove armi. Passare da una spada lunga ad una lancia (o a una qualsiasi altra arma) riscrive il tuo modo di muoverti, di attaccare e di difenderti. È un continuo gioco nel gioco, si impara caccia dopo caccia e in realtà non si smette mai di imparare. E che tu sia un esperto o meno poco importa, il capitolo successivo darà modo di cimentarsi in nuove sfide e di imparare ancora.

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