E questo come si attacca alla tv?
In queste pagine ho recensito giochi in scatola che si sono vestiti da videogioco e il prossimo step è: può un board game diventare una console? A questa domanda risponde con efficacia 8 Bit Box, un progetto scaturito dalle menti di Frank Crittin, Grégoire Largey e messo in pratica con la perizia grafica di Jean-Baptiste Reynaud e con la produzione di IELLO, mentre la versione italiana, arrivata gentilmente in versione demo alla nostra redazione, è a cura di manCalamaro, un distributore che noi appassionati di videogiochi dovremmo guardare con attenzione e curiosità, dato che l’aspetto artistico dei loro giochi è sempre una spanna sopra la media.

La console, dall’aspetto vagamente ispirato a Nintendo Wii e con un fondo scatola da retroconsole, contiene dei componenti ludici che faranno da base per i giochi, e tra i quali svettano i controller: ce ne sono otto, ognuno con un logo e una colorazione diversa. Come vedete nell’immagine a seguire, i controller hanno tre rotelle: quella centrale ha un numero e uno sfondo colorato, quella a sinistra mostra una direzione e quella a destra un simbolo (A, B,C,D stilizzate e colorate).

Sollevato lo scomparto che tiene ben in ordine i controller, troviamo il resto dei componenti: cubetti bianchi piccoli e grossi, tre cubetti colorati per ogni colorazione riportata nei controller e 5 dadi di diversi colori e ognuno riportante diverse combinazione di numeri. Tutti questi componenti hanno un significato diverso da gioco a gioco e potrebbero (molto probabilmente) non essere utilizzati tutti, così come anche nel controller, pur avendo le tre rotelle, il loro utilizzo o meno verrà specificato dal libretto del singolo gioco.
A proposito di giochi, ne troviamo già tre nella scatola base. Magari ci avessero dato tre giochi in bundle con Nintendo Switch al lancio!

I giochi si presentano benissimo dentro una scatola che ricorda tantissimo quelle dei giochi per SNES o per Nintendo64. All’interno ognuno di essi contiene componenti aggiuntivi necessari al gioco, coadiuvato da un libretto che spiega quali elementi vanno presi dalla scatola base e come funziona il gioco. Un plauso va fatto alla cosmesi grafica di console e giochi, studiata appositamente per fare presa su noi videogiocatori incalliti.
Ogni gioco fornito richiama da vicino un videogame famoso. Pixoid riprende il gameplay di Pac-Man nella sua versione versus che recentemente abbiamo potuto apprezzare su Nintendo Switch nella collection Namco Museum. Il campo di gioco, composto da quattro pezzi double face per avere partite sempre diverse, rievoca infatti la schermata del famoso maze-game, proponendo un labirinto all’interno del quale vengono giocati tanti round quanti sono i giocatori. In ogni round un giocatore interpreterà Pixoid e dovrà sfuggire agli altri giocatori – calati nei panni di Bug – che invece dovranno acciuffarlo.

Il gameplay è piuttosto semplice: ogni giocatore programma segretamente le proprie azioni e decide la direzione in cui spostarsi, scegliendola grazie alla rotella sinistra (sinistra, destra, su o giù) e infine quanti spazi muoversi dalla rotella centrale (da 1 a 9). Dopodiché Pixoid muove per primo e i bug dopo, contemporaneamente. Infine si controllano le condizioni di fine round: se Pixoid non è stato catturato ottiene un cubetto dalla riserva e comincia un nuovo round.
Se Pixoid è stato catturato invece il round termina e si contano i punti: Pixoid ne prende tanti quanti ne possiede (ovvero quelli ottenuti da ogni round in cui è rimasto in vita e quelli raccolti dal labirinto), mentre i Bug ne ottengono tanti quanti ne sono rimasti in riserva (durante il setup se ne mettono 12, quindi al massimo ogni round durerà dodici turni). Al prossimo round un giocatore che non ha ancora interpretato il Pixoid ne prenderà le veci, la partita termina quando ogni giocatore è stato Pixoid, e chi ha più punti vince.

Nonostante come aspetto estetico sia il gioco più fedele alla sua controparte videoludica del lotto, chi ha giocato almeno una volta a Pac-Man capirà immediatamente che mentre il capolavoro Namco mette alla prova i riflessi, in Pixoid il test è assolutamente cerebrale e di intuito. Non essendoci un algoritmo alla guida dei Bug (ma giocatori appunto), Pixoid dovrà darsi un bel da fare per sfuggire agli altri giocatori, che tuttavia non potranno mettersi d’accordo su dove andare. Il gioco è sicuramente più “lento” rispetto al videogioco, anche se avrebbe più senso dire “ragionato” piuttosto, ma è molto breve come durata e si presta facilmente a più partite nell’arco della serata ludica con amici.
Il secondo gioco riporta alla memoria il sempre lodato F-Zero e dato che Nintendo bistratta questo brand, è un sollievo che noi appassionati possiamo assaggiare la velocità e la cattiveria tipica del genere in altra maniera.

Per Outspeed prenderemo dalla console i controller, i cubetti (che fungono da carburante ovvero “l’energia” della navicella) e i due dadi giallo e blu. Nello scatolozzo del gioco invece troveremo sei navicelle, tre plance percorso, tessere tracciato e traguardo, gettoni bonus e gettoni campo di forza. Una volta distese due plance percorso in modo che si tocchino, posizionate le navicelle nella terzultima riga dell’ultima tessera tracciato e preparato il resto del materiale si può iniziare con la gara vera e propria.
In una gara che durerà al massimo 13 turni, ad ognuno di essi i giocatori selezioneranno dalla rotella a destra del proprio controller quale strada percorrere (fase di programmazione). Le strade sono indicate dalla tessera tracciato disponibile per quel round, e permettono (spesso a costo di carburante) di avanzare per un certo numero di spazi, ottenere carburante e/o un gettone bonus, giocabile prima della fase di programmazione e che permetterà di usufruire di vantaggi come guadagnare carburante, avanzare zone o attaccare gli avversari, facendoli fermare, perdere carburante o addirittura arretrare nel percorso.

Quando si oltrepassa la seconda plancia percorso inoltre ne va piazzata una terza e viene eliminata l’ultima, e con essa ogni giocatore rimasto così tanto indietro. A fine turno c’è una fase avanzamento: viene scoperta una nuova tessera percorso e si continua ripartendo dalla prima fase, durante la quale può essere giocata una tessera bonus. Vince chi sopravvive (chi rimane senza carburante durante la gara viene eliminato) e si trova in testa durante l’ultima fase della tredicesima tessera, denominata tessera traguardo.
Molto più cattivo e articolato di Pixoid, questo Outspeed è davvero convincente. Anche qui l’occhio fa la sua parte e sembra davvero che F-Zero si sia fatto cartoncino (la navicelle sono davvero carinissime) e materializzatosi davanti al nostro sguardo.

Le tessere percorso possono essere mescolate e di tessere traguardo ce ne sono ben quattro (ma se ne usa una a partita). Alcuni dei loro percorsi sono proprio sfiziosi in termini di gameplay e hanno dei prerequisiti che permettono bastardate non da poco. Ad esempio, chi sta in testa potrebbe scegliere un percorso che richiede che solo uno o due giocatori la scelgano, in maniera tale da far perdere il turno a tutti quelli che la selezionano. Oppure il pagamento di un percorso potrebbe dipendere da quanti giocatori selezionano un altro percorso. Quindi, come per Pixoid, bisogna cercare di intuire le mosse degli avversari per anticiparli e metterli nei guai, ma qui l’interazione è diretta e molto sentita.
Dopo aver chiamato in causa Namco e Nintendo, è il momento di Konami, con Stadium, chiaramente ispirato a Track’n’field di otto bittiana memoria.

Questo gioco, contrariamente ai precedenti due, va giocato a squadre. La squadra blu e la squadra rossa che possono ospitare 2 o 3 giocatori ognuna, competono tra loro per ottenere più medaglie in varie competizioni sportive. Dalla console va preso tutto mentre la confezione del gioco conterrà due plancia medaglie e tessere atleta e disciplina. Inoltre, in aggiunta al classico libretto delle regole, un ulteriore libretto è dedicato alla descrizione delle varie discipline.
Ogni disciplina verrà simulata a suon di lanci di dadi, ma non è tutto lasciato al caso, perché ogni atleta parte con un certo valore di energia, e spesso si può rilanciare o modificare leggermente il risultato spendendone quanto richiesto dalla disciplina. Quello che sorprende qui è proprio la varietà dei vari mini giochi: si va dal golf al basket, dal salto con l’asta al tiro con l’arco passando perfino dai test antidoping. Al termine di ogni simulazione si assegnano le medaglie (una sola d’oro per il vincitore, o tre se si gioca per il podio), che danno punti differenti: quelle d’oro valgono 4 punti vittoria, d’argento 2 e di bronzo 1 punto vittoria. Aggiudicarsi le medaglie, anche quelle minori, può essere decisivo (la nostra prima partita si è risolta con i red sunz vincitori sui blue starz con un solo punto di distacco!)

Devo ammettere che inizialmente avevo delle riserve su Stadium: dai tempi di Nintendo Wii la definizione “raccolta di minigame” è sinonimo di prodotto raffazzonato senza arte né parte, ma devo dire che già dopo un paio di discipline delle dieci in gara, il gioco mi aveva già conquistato. Si crea un bel feeling coi compagni di squadra (e rivalità e sfottò con i rivali), c’è una gestione dell’energia degli atleti che merita qualche riflessione in più (e magari agire di comune accordo), e scegliere bene le discipline nelle quali spendere le proprie energie apre scenari tattici interessanti. Sostanzialmente abbiamo ritrovato l’anima di entrambi i giochi precedenti, caciarona e tattica, riversate in un gioco a squadre, con una varietà garantita da tanti minigiochi (alcuni dei quali restano nella scatola pronti a ravvivare una partita successiva), dall’impatto estetico azzeccatissimo e adatto anche ai giocatori più navigati. Alla luce di tutto quanto elencato, 8 bit box è valevole d’acquisto?
Ormai lo sapete, ho una certa collezione di giochi in scatola, ma devo dire che 8 bit box offre qualcosa che nessuno degli altri giochi nella mia ludoteca riesce a offrire, e a un prezzo invidiabile (circa 35€). Aldilà dell’esperimento di “console e giochi” che a questo punto posso dichiarare riuscito nell’intento e nella realizzazione, quello che soddisfa è che già i tre giochi base non sono affatto banali, e si prestano sul serio a un divertimento mordi e fuggi.

Da questo punto di vista 8 bit box non è uno specchietto per noi videogiocatori-allodole, ma nei suoi diversi giochi oltrepassa la mera cosmesi estetica e offre un gameplay che si avvicina davvero ai gusti di chi mastica videogiochi a colazione. Non è la prima volta che il gioco in scatola prova a fare “il videogioco” ma avere una “console” dedicata permetterà l’uscita, a costo ridotto rispetto a gioco da tavola completamente nuovo, di nuovi giochi che offriranno un’esperienza del tutto diversa da Pixoid, Outspeed e Stadium – si parla di un gioco in stile fantasy/dungeon e di uno in stile picchiaduro a scorrimento dal nome 8Bit Box: Double Rumble. Il futuro quindi ci rende ottimisti, cosa che per una console appena nata e con una buona line up iniziale è indispensabile, anche fosse una console di cartone.