Prima di iniziare la lettura, mettete su Herbie Hancock
La storia dei videogiochi è strana, sembra immutabile per chi la vive giorno per giorno, ma se si dà un colpo d’occhio al passato per poi passare istantaneamente al presente, ci si accorge di certi ribaltoni non da poco. Un tempo era SEGA quella “dei giochi strani”, quella che doveva divertire in modo alternativo al “platform classico” di Nintendo. E le sue mascotte erano più matte di un cavallo matto. Sonic è così famoso che difficilmente qualcuno si stupirà di un riccio ultraveloce, ma che dire di Ristar, Bonanza Bros, Dynamite Headdy, Kid Chameleon o Vectorman? Personaggi che forse verrebbero considerati strani anche oggi, figli di un desiderio di apparire diverso ancora prima di altro forse. Ecco, anche in questo scenario, ToeJam & Earl erano degli outsider, con una personalità eccentrica tanto spiccata da ergersi un po’ a simbolo di quei giochi che non avrebbero mai e poi mai visto la luce senza Kickstarter. Giocando sembra infatti di essere tornati agli anni ‘90, quando la hip hop culture dominava le strade e la radio.
Questo Back in the Groove è un vero e proprio rifacimento dell’esperienza originale, un atipico dungeon crawler roguelike con livelli generati casualmente, con protagonisti lo smilzo e stralunato ToeJam e l’obeso e solare Earl, due alieni dalle fattezze di lumaca provenienti dal pianeta Funkotron, che durante un viaggio di piacere inavvertitamente (?) creano un buco nero che risucchia il pianeta Terra e la “loro” astronave, i cui 10 pezzi vanno recuperati in 25 livelli, collegati tra di loro tramite ascensori interdimensionali, pieni di terrestri che vi aiuteranno o ostacoleranno. E se pensate che le stranezze siano finite qui, non avete idea dei regali che Greg Johnson ha in serbo. Regali veri e propri!
In giro per i livelli infatti troverete dei regali da scartare, che vi danno dei bonus istantanei… o dei malus. Il problema è che non saprete se l’effetto è positivo o negativo, finché non lo aprirete. Può esserci del cibo, ma anche del cibo marcio, può esserci un’esca che distrae i terrestri cattivi ma anche un’insegna con tanto di sirena e luci intermittenti che li avvicina, può esserci una porta che vi sposta in una parte del livello a caso, o dei pomodori da tirare in faccia ai nemici. Gli effetti possibili sono tantissimi e molto variegati, con addirittura un’altra decina da sbloccare (appaiono sotto forma di regalo con le ali e vanno presi al volo). I regali che li contengono cambiano a ogni partita, e questo, insieme alla struttura casuale dei livelli, rende ogni partita diversa, seppur l’esperienza rimanga molto simile, a meno di scegliere il mondo fisso (che una volta completato non ha più attrattiva).
L’azione è ovviamente ripetitiva, al netto di variazioni senz’altro gradite ma di certo non rivoluzionarie, come il terreno che può essere piano, o un deserto che fa affondare le nostre scarpe da tennis, o innevato con laghi ghiacciati su cui si scivola. I terrestri che vagano per i livelli poi sono totalmente folli. C’è un vecchio saggio con un vestito da carota che vi identifica i regali (in cambio di due dollari ciascuno) e vi fa salire di livello (se la vostra barra XP è piena), un plotone di oche che spara uova con un megacannone, un gruppo di giocatori di d’n’d che vi fa scommettere, un tizio totalmente assorbito dal cellulare che non guarda dove va (ma che guarda caso va sempre nella vostra direzione) e tante altre bizzarrie che non cito per non rovinarvi sorprese e momenti di risate grasse.
ToeJam & Earl: Back in the Groove ha il suo maggior difetto nella ripetitività, ma quello che ripete è un loop illuminato che tiene incollati allo schermo fino alla fine e l’azione di gioco diventa sempre più tesa man mano che si prosegue verso il venticinquesimo livello. Avendo mantenuto la struttura, oggi come già allora ToeJam & Earl ha una personalità spiccata che lo rende irresistibile, a patto di avere una fascinazione verso le cose folli, sgargianti e goliardiche. E il funk. Ci si può però senz’altro lamentare della mancanza di varietà, e dell’azione un po’ confusa a schermo in certi frangenti. La possibilità di giocare in multiplayer, offline e online fino a quattro giocatori senz’altro estende la longevità di un gioco che rischia di esaurirsi brevemente se giocato con intensità. Il consiglio, piuttosto è di giocarlo sempre in compagnia, e come intervallo funky tra un gioco e un altro.
A proposito di funky, merita un paragrafo tutto suo la colonna sonora, composta principalmente da pezzi hip hop e funk davvero stupendi, come testimonia il su e giù con la testa per seguire il ritmo che si è tentati di eseguire a ogni partita, così come il look da graffittari rap e lo slang californiano che traspare anche nella localizzazione italiana con frasi come “come butta” e altre. Un gioco che quindi è anacronistico, ma che grazie al valore del suo gameplay e alla follia che pervade tutto riesce ancora a dire qualcosa e a divertire, salvandosi miracolosamente dal dimenticatoio in cui cadono fin troppe gemme del passato da riscoprire oggi.