Life is Strange Double Exposure, una recensione a 100 ISO

Life is Strange: Double Exposure arriva su Nintendo Switch, restituendoci un'avventura ricca di luci, ma anche di molte ombre.

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Genere: Avventura
Multiplayer: No
Lingua/e: Italiano

Max torna nel nuovo titolo di Deck Nine, tra qualche luce e parecchie ombre

Sono passati anni dall’avventura originale dove abbiamo conosciuto Max per la prima volta, quel Life is Strange in cui torneremo presto in un nuovo articolo dedicato e che ha fatto innamorare milioni di giocatori per una storia semplice ma, al contempo, ricca di sfaccettature e di umanità.

E dopo più di 10 anni e diversi titoli della serie pubblicati sulle più svariate piattaforme, Deck Nine decide di resuscitare Maxine dalla sua Arcadia Bay per farci vivere una nuova avventura nei suoi panni. Come sarà tornare a vivere la sua vita dopo tutto questo tempo? E come affronteremo quello che è l’epilogo scelto da noi giocatori al termine del primo titolo?

Parliamone.

Double Exposure, tra questo e l’altro mondo

Arcadia Bay è solo un ricordo del passato ormai. Max è cresciuta, è andata avanti, ha vinto dei premi grazie al suo enorme talento nella fotografia ed è pronta a portare la sua vita su un livello completamente diverso rispetto a prima. È pronta anche a insegnare fotografia, la sua più grande passione e aspirazione, nella splendida struttura della Caledon University, e proprio qui ha stretto dei nuovi e forti legami, il cui più saldo è quello creatosi con Safiya Llewellyn-Fayyad.

Dopo anni a non usarli, i poteri di Max si sono sopiti e paiono non più in grado di aiutarla, lasciando un vuoto incolmabile nel suo passato. Ma saranno spariti per davvero?

Sarà proprio la morte di Safiya Llewellyn-Fayyad, o per meglio dire l’omicidio dell’amica di Max, a dare nuova linfa vitale ai poteri della nostra protagonista, per quanto questi si paleseranno in modo molto diverso rispetto al passato. Se nel primo capitolo potevamo riavvolgere il tempo e cambiare gli eventi che non erano congeniali alle nostre scelte, in Double Exposure Max potrà letteralmente squarciare il tessuto tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti.

E così la nostra protagonista inizierà ad indagare sulla morte di Safiya, su chi potrebbe essere l’assassino e su molte altre cose che verranno fuori durante il corso di tutta l’avventura, la quale si attesta sulle 10-12 ore di gioco in base a quanto tempo deciderete di dedicare ai dialoghi non strettamente necessari per il proseguo del gioco.

Ed è proprio da questo momento che, purtroppo, iniziano ad aggiungersi diverse ombre alle luci che si erano intraviste fino a ora. La storia, infatti, non sembra voler mai davvero prendere il volo. Della tanta carne al fuoco solo poca viene poi effettivamente approfondita, e non sempre in maniera soddisfacente come ci si aspetterebbe da una produzione Deck Nine.

La stessa Max tralascia in modo terribilmente doloroso il ricordo di Chloe, personaggio fondamentale in tutta la vicenda vissuta nel primo capitolo. Il primo vero amore di Max viene praticamente relegato a poche linee di dialogo, qualche foto e qualche ricordo, ma non molto altro, e ciò è non solo doloroso per chi all’epoca amò l’evoluzione del rapporto tra le due ragazze, ma è anche molto irrispettoso per i giocatori che avevano ricevuto la promessa di Deck Nine di rispettare al meglio la scelta presa dai giocatori nel finale del primo Life is Strange, qualsiasi delle due essa sia.

Inoltre, Double Exposure fallisce in due delle meccaniche base che hanno reso celebre la saga. Anzitutto, i personaggi sono spesso poco approfonditi e dotati di una personalità spessa come un foglio di carta. Salvo Safiya e pochi altri personaggi, gli altri non sono che vaghe ombre nel sottofondo della storia, compresi alcuni comprimari che trascorreranno molto tempo assieme a Max.

Ma, soprattutto, le scelte sono spesso inutili e poco profonde. Le scene in cui invece sarebbe stato interessante poter scegliere vengono subite quasi passivamente dal giocatore, che nulla può fare se non accettarne le conseguenze.

Parlando del nuovo potere di Max, la meccanica del salto tra una realtà e l’altra è sicuramente molto interessante, ma risulta anche piuttosto statica e poco fantasiosa nella sua realizzazione. Spesso si ha l’impressione che quei portali siano troppo “posticci“, come se non ci fosse un vero ragionamento dietro alla logica con cui passare da un mondo all’altro. E a volte questo diventa molto palese quando ci troveremo ad aprire portali davanti a gente che farà assolutamente finta di niente. Niente di troppo grave, ma questo va a colpire uno dei principi cardine della serie: vanno bene i poteri e tutto il resto, ma c’è sempre stata un’umanità palpabile in tutte le azioni e le relative reazioni.

Parliamoci chiaro, Life is Strange Double Exposure non è un brutto gioco, ma sicuramente fatica a dare ai fan della serie una storia che non solo verrà ricordata (come fu per il primo capitolo), così come fatica anche a proporre una storia perfettamente coerente e ben strutturata. Mentre all’inizio Deck Nine si prende tutto il tempo per raccontare la sua storia, a partire da circa 3/4 dell’avventura si inizia a percepire in maniera piuttosto marcata una fretta veramente esagerata nella voglia di chiudere tutto. Il finale, infatti, arriva veramente troppo velocemente, con un taglio veramente troppo netto con tutto quello che ci è stato narrato prima, portando ad un finale che collassa su sé stesso e non può far altro che deludere.

Un porting decente per Nintendo Switch

Life is Strange: Double Exposure su Nintendo Switch offre un’esperienza grafica sicuramente interessante, grazie ad un sistema di illuminazione ricostruito appositamente per la console Nintendo e animazioni dei personaggi di alta qualità. Tuttavia, per adattarsi alle capacità hardware della console ibrida, il gioco presenta una risoluzione ridotta, soprattutto in modalità docked, dove il downgrade grafico è più evidente. Il framerate è generalmente stabile a 30fps, garantendo un’esperienza di gioco comunque sempre fluida.

Le ambientazioni sono ben realizzate e contribuiscono all’atmosfera misteriosa del titolo, anche se possono risultare leggermente ripetitive nel corso dell’avventura. Nonostante alcune limitazioni tecniche, il gioco riesce a mantenere lo stile ormai riconoscibile della serie, offrendo un’esperienza soddisfacente per i fan di Max che giocano sulla console portatile giapponese.

Soundtrack sempre al centro

La colonna sonora di Life is Strange: Double Exposure porta avanti la tradizione della serie, offrendo una selezione di brani indie e ambientazioni sonore perfettamente in sintonia con l’atmosfera del gioco. Le tracce originali accompagnano i momenti più intensi con delicatezza, enfatizzando l’emotività delle scene senza risultare invasive. Il mix tra brani acustici e arrangiamenti elettronici crea un soundscape intimo e malinconico, perfetto per il viaggio narrativo di Max. Tuttavia, rispetto ai capitoli precedenti, la tracklist potrebbe risultare meno memorabile, con meno pezzi immediatamente riconoscibili. Colpa probabilmente del gioco stesso più che della soundtrack, poiché le scene meno epiche e riconoscibili sono spesso legate a canzoni in realtà molto belle. L’uso dell’audio ambientale, inoltre, l’ho trovato comunque efficace, in grado di rendere le varie location più vive e immersive.

1. “Wake” – Tessa Rose Jackson

Una ballata indie folk con un arrangiamento minimale. Il brano presenta una chitarra acustica dolce e arpeggiata, con una melodia vocale intima e calda. L’uso di accordi aperti in tonalità maggiore conferisce un senso di leggerezza e speranza, mentre il ritmo moderato mantiene un’atmosfera rilassata.

2. “Illusion” – Tessa Rose Jackson

Qui emergono elementi dream pop, con sintetizzatori eterei e una linea vocale sospesa che sembra quasi galleggiare sopra un tappeto di riverbero. Il brano usa una progressione armonica più instabile (accordi minori con aggiunte di nona e undicesima) che suggerisce mistero e inquietudine.

3. “Someone Was Listening” – dodie

Tipico esempio di indie folk con un arrangiamento delicato e intimo. La voce di dodie è morbida e quasi sussurrata, con una produzione che esalta le frequenze medio-alte per creare una sensazione di vicinanza. Gli archi e i synth sottili sullo sfondo amplificano l’effetto emotivo.

4. “September” – chloe moriondo

Un brano indie pop con influenze alternative rock. La struttura è piuttosto convenzionale (strofa-ritornello), ma l’uso di chitarre elettriche con chorus e delay dona un senso nostalgico. Il bridge introduce un cambio di tonalità che enfatizza il climax emotivo del brano.

5. “Everything I’m Not” – Matilda Mann

Un pezzo malinconico con accordi semplici suonati al pianoforte. La progressione armonica utilizza spesso il passaggio tra tonica maggiore e relativa minore, creando un effetto agrodolce. La produzione è molto pulita, con un uso controllato del riverbero per dare profondità alla voce.

6. “Under My Skin” – NewDad

Influenzato dal post-rock e dallo shoegaze, questo brano ha una texture sonora densa, grazie all’uso di chitarre stratificate con distorsione soft e delay. Il basso è prominente e guida l’andamento armonico, mentre la batteria rimane leggera per non sovrastare la stratificazione atmosferica.

7. “The Heaviest of Storms (Devotion Pt. 1)” – Pale Honey

Un brano con un’impronta alt-rock più marcata, caratterizzato da un ritmo incalzante e da un uso sapiente della dinamica. La batteria entra progressivamente, aumentando l’intensità, mentre la voce rimane quasi monotona, amplificando il senso di tensione.

8. “I Must Come Clean” – Lights on Moscow

Un pezzo ambient-pop con una progressione armonica che gioca su tonalità sospese (accordi di settima e nona). Il sound design è ampio, con un uso di riverbero lungo che crea un effetto spaziale. La voce ha una timbrica fragile e quasi distaccata, rendendo il brano ipnotico.

9. “So This is Lonely” – Tessa Rose Jackson

Altro pezzo folk con un arrangiamento minimale, ma con una melodia vocale più spezzata rispetto a “Wake”. Gli arpeggi di chitarra e le note di pianoforte sparse creano un effetto quasi meditativo. Il finale sfuma lentamente, come a sottolineare il tema della solitudine.

10. “Follow the Low Tide (LoFi)” – Driftwood Drive

Brano strumentale in stile lo-fi hip-hop. Il beat è morbido e con un leggero swing, il che lo rende rilassante. I sintetizzatori analogici con filtri dolci donano un senso di calore, mentre i campioni vocali sfumati sullo sfondo contribuiscono a un’atmosfera intima e nostalgica.

Doppia esposizione, ma ne basterebbe la metà

Volendo tirare due conclusioni, Life is Strange: Double Exposure rappresenta per me un’occasione mancata. Poteva essere un ottimo ritorno di Max, una protagonista che dopo 10 anni rimane ancora nelle teste di tantissimi videogiocatori, eppure Deck Nine ha deciso di intraprendere una strada differente.

Sicuramente vedremo ancora Max in futuro, il gioco lascia presagire ad un seguito, ma speriamo che stavolta si riesca a non stravolgere troppo una serie che inizia a sentire il peso degli anni sulla sua schiena, soprattutto a livello di meccaniche che meriterebbero una svecchiata in modo importante.

Molto bene per la soundtrack, le animazioni e la presenza anche di questo gioco nella sterminata biblioteca di Nintendo Switch, ma non potremo mai essere felici per il modo in cui certe scelte sono state prese, mentre altri fatti accaduti nel primo capitolo sono stati relegati in un angolino come se non fossero stati minimamente importanti.

Terminata l’avventura in circa 11 ore
Pro: Animazioni ben realizzate, soundtrack
Contro: Finale troppo affrettato, scelte di storytelling incomprensibili, Chloe tagliata fuori in malo modo, personaggi secondari inconsistenti
6

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