Gli inglesi di Auroch Digital, specializzati in gestionali e strategici derivanti da proprietà altrui, come Games Workshop, Steve Jackson Games e Modiphius Enterntainment si lancianoin un boomer shooter ambientato nel meraviglioso mondo di Warhammer 40.000, sotto egida di Focus Enterntainment.
Quando uno studio esce un po’ dalla propria comfort zone, ci sono sempre enormi allarmi. C’è un fondo di verità. Ogni genere richiede delle conoscenze specifiche e se non si sono mai accumulate negli anni, puoi avere quanta esperienza vuoi ma ci saranno delle lacune.
D’altro canto, se un team lavora bene, tali mancanze vengono colmate, con studio ed assunzioni tattiche. E con Boltgun han fatto bene i loro compiti a casa.
Ci troviamo di fronte ad un gioco senza fronzoli, che vi lancia diretto nell’azione, dove la storia agisce solo da pretesto per massacrare orde di cultisti e demoni del chaos. E nonostante ciò, riesce a sorprendere. Nelle poche parole iniziali, scopriamo che Boltgun è un sequel dell’oramai leggendario Warhammer 40.000: Space Marine, action in terza persona del 2011.

Il pianeta che ospita le vicende è lo stesso: Graia, ed anche il focus dell’intervento del giocatore. La fonte di energia usata per causare i casini del precedente gioco è il pretesto anche di Boltgun e deve essere recuperata una volta per tutte.
Ecco quindi che il nostro veterano della guardia risoluta, Malum Caedo, unico sopravvissuto del sua squadra dopo un disastroso atterraggio attraverso capsula da sbarco orbitale, deve farsi strada tra orde di nemici per evitare una possibile catastrofe.
I Boltgun non useremo cemento e cazzuola per costruire questa strada, ma armi prese dall’immaginario di Warhammer 40k. Dall’arma titolare, la Boltgun, in italiano tradotta con il suo nome storico di Requiem, passando per fucile a pompa, fucile al plasma, arrivando anche a strumenti più esotici come armi a gravitoni e con tecnologia Volkite. Senza mai dimenticare la spada a catena, sempre pronta per dilaniare in corpo a corpo ogni avversario.

La grafica volutamente pixellata non rovina la leggibilità del campo di battaglia anche se l’effetto su Switch è molto pesante per via della bassa risoluzione di partenza, in 3 dimensioni, pieno di nemici che sono resi come sprite bidimensionali. Ogni nemico ha un suo comportamento, con attacchi e pattern specifici. Se alcuni demoni preferiscono caricarvi in corpo a corpo in massa, altri saranno più impegnati a lanciarvi palle di fuoco empireo dalla distanza. Inoltre seguono non solo la posizione attuale del giocatore, ma la sua traiettoria, rendendoli più letali dei giochi boomer shooter del passato.
E quindi il loop è semplice e coinvolgente. Sparare fino all’eliminazione totale del nemico. Guardando bene alle proprie risorse di munizioni, al tipo di corazza dei nemici e dando la giusta priorità ai bersagli pericolosi. Cercando di rimanere in vita recuperando vita dai drop in battaglia.
Malum Caedo si muove veloce, sempre, in pieno stile boomer shooter, accompagnando i suoi passi con “stomp” poderosi che ne tradiscono l’enorme peso, dato tanto dalla sua massa muscolare, quanto dalla possente armatura potenziata che indossa.
Tutto bello dunque? 8 ore di pura adrenalina con esplosioni costanti? Potrei dirvi di sì, ma ci sono due grossi elefanti nella stanza. I gioco diverte, ma se lo si guarda con un po’ d’occhio critico, la sequenza di arene aperte e corridoi non è sempre ottimale. Non c’è qull’equilibrio certosino di un Doom, quella capaità di movimento dei giochi più moderni che da senso alle arene ampie. Dopo un po’ si accusa una certa fatica nel combattere. Insomma, si vede che non stiamo parlando di esperti di sparatutto che han costruito questo gioco.

Il secondo elefante sono le performance. La versione Switch gira a 30fps. Ci riesce nei momenti meno concitati, ma appena il numero di nemici aumenta, si viaggia sempre più frequentemente sotto i 30fps, andando sempre più vicino ai 20. In un gioco frenetico e soprattutto con una prospettiva in prima persona, è un deficit non da poco che inficia la giocabilità e godibilità momento per momento del titolo.
Un peccato. La sufficienza gliela passo solo perché il gioco è effettivamente divertente e in modalità portatile, per la sua natura, fa soffrire meno i cali di frame rispetto a giocarlo in docked, rendendolo più giocabile.