Diablo 2 Resurrected – recensione da un diabolico passato

Diablo II Resurrected

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Genere: Action RPG
Multiplayer: 1-4 giocatori online
Lingua/e: Inglese, Tedesco, Francese, Spagnolo, Italiano, Portoghese, Russo, Giapponese, Cinese, Coreano

Correva l’anno 2000 quando, sull’onda dell’incredibile successo di Diablo, “precursore” dei moderni Action Role Playing Game (per gli amici ARPG), Blizzard tirò fuori dal cilindro un sequel destinato a fare storia: Diablo 2.

La formula base venne migliorata, espansa, raffinata. A disposizione del giocatore più eroi da scegliere (da 3 a 5), più libertà di movimento (“quasi” ovunque contro gli 8 assi di Diablo), randomizzazione di mappe ed oggetti migliorata, una tonnellata di nuove abilità, nemici, missioni e… scintillanti equipaggiamenti leggendari da trovare.

Oltre a sprite migliori e più fotogrammi di animazione, venne introdotta una modalità grafica che aggiungeva un (fittizio) senso di profondità, non è un “vero” 3D ma, per l’epoca, risulta efficace. Il tutto con un target di 25 fps, numero “strano” oggi ma ricordate che si parla di un’era dove i monitor CRT mitigavano parecchie storture e permettevano comunque un’esperienza soddisfacente.

La storia prosegue direttamente da dove il primo Diablo l’aveva lasciata, e si traduce nel cercare di trovare e poi distruggere i 3 Primi Maligni (attraverso 5 livelli o “atti”): Mephisto, Diablo e Baal. Quest’ultimo, non presente nel gioco base, è stato introdotto in seguito con l’unica espansione ufficiale mai rilasciata, Lord of Destruction, contenente un atto in più e due nuove classi, Druido e Assassino.

7 cavalieri non proprio senza macchia ma sicuramente senza paura

Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora ma grazie soprattutto ad una attivissima community, Diablo 2 non ha mai smesso di essere giocato, sia in versione ufficiale che con svariate mod (alcune delle quali anche recentissime), segno che la formula originale ha decisamente superato la prova del tempo.

Ovviamente, il mondo nel frattempo è andato avanti e il genere ARPG è evoluto con l’arrivo del 3D, l’introduzione di una marea di comodità ed automatismi… e a volte qualche concessione di troppo alla semplificazione. Diablo 3 ha infatti diviso la fanbase e nonostante negli anni abbia saputo reinventarsi più volte ed infine trovare il proprio equilibrio, molto è stato lasciato indietro in nome di una maggiore accessibilità e ritmi più serrati, adatti ad un pubblico più ampio. Senza parlare poi di… curiose soluzioni come la Casa d’Aste che hanno contribuito a rendere la vita di Diablo 3 ancora più difficile. Rimane comunque un titolo godibile e se fosse stato il vostro primo titolo della serie e foste curiosi di capire perché il suo predecessore sia considerato una pietra miliare del genere beh, è bene ricordare che Diablo 2 è tutta un’altra bestia.

Un schermata che, alla massima difficoltà, vedrete spesso…

Figlio d’altri tempi, Diablo 2 non offre nessun tutorial, nessuna facilitazione, poche e sommarie spiegazioni e via, ci si ritrova immediatamente da soli, buttati nella mischia. Il ritmo di gioco è più lento rispetto a Diablo 3, più strategico e se vogliamo meccanico. Ma al primo level up cominciano le differenze: vanno assegnati punti alle 4 statistiche base, ossia Forza, Destrezza, Vitalità, Energia. Oltre a dover decidere che abilità sbloccare.

Un sistema più libero quindi ma anche più propenso all’errore, esiste infatti il rischio (praticamente inevitabile per chi è alle prime armi) di creare build del tutto inadeguate in endgame, costringendo a ripensare statistiche e abilità (possibile ma non all’infinito), pena il dover rifare tutto da capo.

Ma se interessa solo completare il gioco per godersi la storia, allora va bene (quasi) tutto, basta un po’ di attenzione.

Come per tutti gli ARPG, fa parte di un particolare filone dove il grinding per l’equipaggiamento migliore è il fulcro del gioco, ed è previsto il ripetere di determinate sezioni di gioco (di solito Boss o nemici specifici) in grado di far ottenere quella determinata arma o gioiello utile a completare la propria build. In questo senso è affine a serie come Monster Hunter. Le meccaniche da imparare sono innumerevoli ma la differenza in gameplay tra le varie classi è tale da poter accontentare ogni tipologia di giocatore.

Vicarious Vision, che ha curato questa remaster, è stata molto attenta a mantenere intatto il feeling originale, tant’è che è proprio il vecchio Diablo 2 a girare sotto ad una sgargiante nuova carrozzeria creata ad hoc (è infatti anche possibile alternare grafica originale e remaster in qualsiasi momento). Nessuna sostanziale modifica è infatti stata apportata alle meccaniche di base – se non per rendere l’esperienza meno tediosa – e la logica di gioco gira ancora a 25 fps, ma con qualche magheggio di interpolazione si è riusciti a portarli a 30 su Switch, generalmente stabili (con qualche calo percepibile nelle situazioni più concitate).

In confronto ai 60 fps di Diablo 3 si potrebbe storcere il naso, ma è comunque una scelta conservativa adatta alla piattaforma che non determina nessun handicap rispetto al gioco originale. L’esperienza è ottima sia su TV che in mobilità, dove la risoluzione rimane sufficientemente buona da non intaccare la leggibilità dell’azione (tranne quando sono presenti decine di nemici e vari effetti/magie, ma fa parte del gioco).

A saltare subito all’occhio è la nuova resa del mondo di Sanctuary, ricchissimo di dettagli che per i limiti dell’epoca finivano per perdersi nei pochi pixel a disposizione (ricordiamo infatti che la risoluzione “base” dell’originale è 640×480, oppure 800×600 per i più fortunati). Tutto è stato ricostruito in 3D, aggiungendo in più particolari che si potevano solo intuire in precedenza, ma anche colmando delle lacune, soprattutto nella transizione da un’animazione ad un’altra, ora più fluido e naturale. Insomma, non si tratta solo di un lavoro di ricostruzione, ma anche di aggiunta ed integrazione.

Lo stile sporco e oscuro tipico della serie – Diablo 3 a parte – è stato fedelmente mantenuto e anzi i ragazzi di Vicarious Vision si sono evidentemente divertiti ad aggiungere dettagli piuttosto sanguinolenti, segno che lo spirito del titolo è stato non solo compreso ma abbracciato a pieno. Ciliegina sulla torta: anche i filmati sono stati completamente rifatti da zero, ricalcando gli originali inquadratura per inquadratura, e sono splendidi (seppur molto scattosi per qualche motivo…).

Allegria…

Il comparto sonoro è rimasto in sostanza invariato rispetto al passato, il che è un bene visto che alcune delle tracce sono entrate nella storia, come il tema di Tristram (villaggio teatro del primo Diablo, e visitabile in Diablo 2) del grande Matt Uelmen, ma anche molti degli effetti sonori che sono ormai standard nel genere – dal tintinnio dell’oro che cade a terra al suono delle pozioni.

Altra grande differenza con l’originale è – comprensibilmente – il supporto al controller, impresa non da poco visto che l’intera esperienza di gioco è stata pensata solo per mouse e tastiera, interfaccia compresa. Il risultato è buono e degli automatismi aiutano a mirare nemici e oggetti, certo ci sono situazioni dove avere la possibilità di puntare ovunque è un vantaggio non da poco (soprattutto per classi come l’Incantatrice) e la gestione dell’inventario è pachidermica senza un mouse, ma tutto sommato il titolo è perfettamente godibile.

Di contro, il controllo diretto del personaggio è comodo e naturale, l’utilizzo delle abilità è immediato (cosa oggi scontata, ma con mouse e tastiera si deve “selezionare” un’abilità ed poi attivarla col mouse, meccanica decisamente scomoda ed ormai antiquata) e con un po’ di abitudine tutto pare scorrere con sufficiente scioltezza.

L’interfaccia è stata anch’essa adattata e grazie a schede velocemente consultabili, un cursore che funge da puntatore del mouse (a dirla tutta un po’ troppo “pesante” per i miei gusti anche alla massima velocità) e alcune funzioni automatiche come il riordino dell’inventario si riesce a non passare troppo tempo a “giocare a Tetris” invece che a combattere orde infernali.

Momento Tetris

Stanchi di affrontare Diablo e company in solitaria? È possibile farlo con amici, fino ad un massimo di 4 giocatori ma solo online, niente gioco in locale. Su tutte le console al momento c’è qualche funzione in meno rispetto alla controparte PC: niente lobby (“stanze” a cui si può dare un nome per far capire che obiettivo hanno), niente chat “libera” ma solo dei messaggi predefiniti. Un po’ poco per un titolo che ad alti livelli ha bisogno di una certa coordinazione. Per fortuna è comunque possibile scegliere a che attività si intende partecipare così che il gioco possa trovare il gruppo adatto, o scegliere qualcuno dalla lista amici.

Attenzione però: per poter giocare con amici bisogna per forza creare un personaggio “online” che, chiaramente al contrario di quelli “offline”, permette di partecipare a partite di amici o di ospitarne. Non è presente cross-play tra diversi sistemi purtroppo (anche se gli sviluppatori stanno valutando la cosa) ma è c’è invece cross-progression, potendo così condividere i propri personaggi tra tutti i sistemi.

Più si è meglio è

Insomma, vale ancora la pena di giocare ad un titolo di oltre 20 anni fa? A mio parere assolutamente sì! Per molti è come ritrovare un vecchio amico, per altri è un tuffo nella storia del videogioco, in ogni caso Diablo 2 Resurrected rimane un classico del genere, in parte ancora insuperato, che gode di nuova linfa vitale e può offrire tantissime ore di divertimento per chi apprezza questo tipo di esperienze e vuole assaporare un po’ di buon vecchio old school.

Giocato su Nintendo Switch grazie ad un codice gentilmente concesso dal publisher
Pro: Un pezzo di storia che ha ispirato decine di titoli per oltre vent’anni, veste grafica curatissima, rigiocabilità infinita
Contro: Alcune meccaniche un po’ troppo datate nel 2021, gestione dell’inventario machinosa, sporadici cali di framerate
9

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