Noi siamo piccoli, ma ci facciamo rispettare
A parere di chi scrive, Jools Watsham è uno sviluppatore di videogiochi abilissimo. Mutant Mudds, suo precedente titolo in 2D, rappresenta una saga videoludica che specialmente nel secondo episodio tocca vette altissime. Possiedo ricordi affettuosi collegati a questo brand: ho amato l’esordio su Nintendo 3DS (prima piattaforma sulla quale uscì), e il seguito sempre per 3DS e Nintendo Wii U è stato, se ben ricordo, il primo titolo della mia bibliografia di redattore ad essere recensito con un voto decisamente alto.
Dopo Mutant Mudds, il game designer texano si dedicò a Xeodrifter, pubblicato nel dicembre 2014 con priorità nuovamente alle console Nintendo. Non poteva dunque mancare l’approdo sulla nuova console della Grande N, a distanza di quasi quattro anni dalla pubblicazione.

Xeodrifter può essere considerato un tentativo di evoluzione di Mutant Mudds: invariato è lo stile grafico, nella sua composizione di pixel spartana ma nitida e colori molto accesi; la colonna sonora sempre in stile 8-bit; il gameplay meccanico, che richiede precisione, con punte di asprezza.
Ciò che cambia è il modo di affrontare il viaggio, che diventa decisamente progressivo. Andiamo con ordine.
Senza alcun preliminare (si vede che il gioco esce quando S.Valentino è già passato) veniamo sballottolati nello spazio insieme al nostro personaggio, un viaggiatore interplanetario vittima di un incidente di percorso: ci troviamo ora ad vagare per quattro pianeti sconosciuti, all’interno dei quali dovremo farci largo tra nemici alieni e ambienti angusti in un adventure in due dimensioni. Superato l’inizio non proprio chiarissimo, il gameplay si snoda attraverso movimenti ben calibrati, con salti e spari da effettuare con attenzione. Così era anche Mutant Mudds, ma Xeodrifter abbandona la linearità dell’incedere.
Per prima cosa, il nostro alter ego si potenzierà dopo ogni boss fight. I vari potenziamenti sono davvero ben studiati e divertenti, nuovi mezzi e nuove abilità, e offrono varietà alla struttura di gioco. Questi si affiancano ai classici power up di armi e barra energetica, da trovare invece in giro per i livelli, in sezioni segrete.
Il secondo perno del gameplay procede di pari passo con il primo, ed è l’esplorazione. I quattro pianeti menzionati in precedenza, sono tutti i livelli di gioco: esatto, solo quattro livelli. Ma non potremo mai accedere all’interezza delle loro aree senza aver prima ottenuto i potenziamenti necessari all’accesso. Xeodrifter si rivela così un titolo dalla forte componente backtracking, un backtracking che procede però in maniera decisamente liscia, senza mai essere pesante o noioso.
Andando avanti, muta così tutto l’approccio all’avventura: se all’inizio si procede con cautela, temendo ogni minaccia, con l’ampliarsi delle skill del personaggio si tende invece a volere esplorare ogni anfratto precedentemente inaccessibile.

Nella sua manciata di pixel e suoni, Xeodrifter riesce a trasmettere al giocatore l’atmosfera di solitudine e mistero che gli abbozzi di trama cercano di tracciare. Gli ambienti metallici, di un freddo spaziale, sono ottimamente rappresentati, e in particolare la colonna sonora è una piccola perla 8-bit, con brani incalzanti ed immersivi. Anche lo stile dei nemici è ben caratterizzato, con una nota dolente per i boss, due per pianeta, incarnati sempre della stessa creatura, differente (da un punto di vista meramente estetico) solo per il colore: una scelta che appare negativamente semplicistica.
Xeodrifter insomma scorre bene, anzi sempre meglio nella sua progressività; ma dura pochissimo. La campagna, unica modalità offerta, si può portare a termine in meno di tre ore, senza neanche correre troppo. Se da un lato è vero che questa concentrazione dell’avventura serve a creare un’esperienza quasi hardcore, potremmo definirla, incentrata su un backtracking subito risolvibile, e che bene si inserisce nell’atmosfera e nei motivi della trama (una sorta di Metroid condensato), dall’altro è sempre poco piacevole comperare un gioco e vederlo esaurito il giorno stesso dell’acquisto. Le sezioni segrete non costituiscono un vero incentivo alla rigiocabilità: già nella mia prima, spedita run, ho completato il 94% di gioco.
I power-up per arsenale ed energia, inoltre, avrebbero potuto forse essere nascosti meglio: la possibilità di essere superpotenziati è reale, con conseguente calo della difficoltà negli scontri.
Una volta portata a termine l’avventura, non un extra, non un personaggio bonus, nulla, a differenza dell’ultimo episodio di Mutant Mudds, che ne era zeppo; un piccolo sforzo per questa edizione per Nintendo Switch, uscita con così larga distanza dalla prima apparizione, poteva essere fatto.

Xeodrifter è un giochino riuscito nelle atmosfere, nella realizzazione tecnica e nel gameplay, ma decisamente troppo breve; giochino solo nell’ampiezza, non nei contenuti che sono di qualità altissima, e altrimenti non potrebbe essere quando di mezzo v’è Jools Watsham, con la sua Atooi.
Al prezzo di €9,99 sull’eShop Nintendo rappresenta una spesa probabilmente adatta solo a chi ha amato Mutant Mudds, ma la pazienza resta l’alternativa più adatta: a prezzo scontato Xeodrifter rappresenterebbe allora un’esperienza imperdibile; e aggiungerebbe un’unità al voto finale di questa recensione.



























































