Ci sono due tipi di avventure che sin da bambini ci rimangono nel cuore: le fiabe e le storie epiche. In campo cinematografico, pensando a una fiaba mi viene in mente “La Storia Fantastica”, film che tra l’altro iniziava con un bimbo che giocava a Link’s Awakening; pensando a un’avventura epica è impossibile non rivivere la battaglia finale per la libertà di Gondor. Nulla esclude che una storia possa contenere entrambe le tipologie e così la mente viaggia nella letteratura attraverso Fantasia cavalcando Falcor o nel campo dei videogiochi sulle ali di Lamia. Dragon Quest è la fiaba per eccellenza nel campo dei jrpg, una saga nata e cresciuta su console Nintendo e finalmente il settimo e l’ottavo capitolo, gli unici due “emigrati” della saga stanno per tornare a casa, dopo una separazione triste e dolorosa durata quasi vent’anni. Frammenti di un mondo dimenticato è qui per narrare un’avventura epica, lunga come pochissime altre, che su 3DS non teme il confronto con nessun esponente del genere.

Tutto comincia nel regno di Estard. Centinaia di anni fa, il Male supremo vinse una lunga battaglia contro il Dio benevolo, tutte le isole del mondo vennero inabissate e sigillate dopo che ogni traccia di vita umana su di esse scomparì. Ogni sigillo consisteva in una tavoletta di pietra che venne frantumata in tante parti e sparsa per il mondo, apparentemente impossibile da recuperare. Un solo regno rimase in piedi, protetto da un’aura sacra e ogni traccia del passato venne quasi cancellata. Nessuno sembrava voler cercare di capire cosa era successo per paura. Fino a quando Kiefer, principe del regno di Estard, unica isola esistente ancora al mondo, spinto dalla curiosità, insieme all’eroe protagonista del gioco e alla loro amica di infanzia Maribel, riesce a spezzare l’incantesimo che protegge un antico tempo da cui è possibile, recuperando i frammenti delle tavolette, viaggiare nel tempo, salvando le isole dal terribile destino che le attende. In breve tempo, i tre amici cominceranno a muoversi tra passato e presente, ricostruendo la storia del mondo e cambiando il destino dell’intera razza umana.
Per chi ha vissuto l’epoca d’oro degli rpg negli anni ’90, Dragon Quest VII rappresenta un’avventura capace sin da subito di evocare tanta nostalgia. Il titolo è, come detto, essenzialmente una fiaba, con una narrazione a volte sussurrata lungo le 70-80 ore di gioco della storia principale, dai ritmi lenti (specialmente all’inizio) e che non necessariamente punta sul colpo di scena immediato. La storia si concentra per buona parte del titolo sul mondo di gioco intorno a noi, sulle persone che incontreremo lungo il cammino e che hanno bisogno di aiuto. Pian piano, partendo da perfetti sconosciuti ci costruiremo una fama, un nome e ogni segreto e mistero che avvolge il mondo verrà rivelato.
Le storie delle isole diventano sempre più drammatiche man mano che l’avventura prosegue e non sempre vedremo il lieto fine. Non manca l’ironia tipica della serie e non mancano personaggi memorabili splendidamente caratterizzati. Ogni isola presenta un mondo e personaggi dallo stile visivo e dalle differenti abitudini e si passa con scioltezza da antiche civiltà che avevano scoperto come utilizzare gli automi al loro servizio, a veri e propri regni egizi con culti propri e divinità uniche.

Dragon Quest è una saga che è riuscita a rimanere “pura” nel corso dei decenni. Pochissimi spin-off e sempre differenti nella struttura dalla saga principale e pochi capitoli principali (l’undicesimo uscirà su NX e 3DS il prossimo anno) strutturati su un battle system quasi sempre identico e vecchio stile ma solido e ancora oggi capace di regalare grandi soddisfazioni. Il combattimento infatti è a turni, con pochi comandi iniziali e basilari: attacco, magia, tecnica, difesa, oggetti, strategia. Dopo una ventina di ore di gioco circa è possibile cambiare la classe del personaggio e il gameplay del titolo si espande notevolmente. Trenta classi selezionabili, suddivise tra basilari, intermedie, avanzate e classi esclusive appartenenti ai mostri, ognuna con 8 livelli di apprendimento possibili. Ogni classe richiede un determinato numero di battaglie per aumentare di prestigio ma i punti lotta necessari si guadagnano solo affrontando mostri del proprio livello.
Un intelligente sistema di apprendimento non consente infatti di affrontare battaglie contro avversari troppo deboli, costringendo comunque il giocatore ad avanzare nella storia per sbloccare nuove abilità e tecniche e le classi intermedie ed avanzate si sbloccano dopo aver perfezionato un certo numero di classi base. Le classi dei mostri inoltre, accessibili tramite oggetti speciali, permettono di avere accesso a skill uniche. Cambiando classe, il personaggio conserverà la maggior parte delle magie e delle tecniche apprese, qualsiasi esso abbia scelto. Inoltre, la possibilità di poter cambiare classe coincide con un aumento della difficoltà del titolo, evitando di rendere le cose più facili e noiose. Come ogni Dragon Quest, in diversi punti del gioco sarà necessario perdere qualche ora a salire di livello per proseguire ma il livello di sfida non appare mai frustrante durante la main quest, grazie anche alla possibilità di selezionare i nemici da affrontare su schermo. Durante le battaglie, la visuale di gioco è in prima persona durante la selezione della mossa e in terza, con la telecamera alle spalle dei protagonisti, durante l’azione vera e propria.

La versione per Nintendo 3DS del settimo capitolo della saga è infatti un remake notevolmente potenziato e rivisto del titolo originale uscito su Playstation e come nell’ottavo e nono capitolo, i nemici sono sempre presenti sullo schermo e con un po’ di fortuna e strategia, sempre potenzialmente evitabili. Solo in mare, durante la navigazione, sono presenti le tanto odiate battaglie casuali. Sono tanti i piccoli aggiustamenti nel gameplay e nel bilanciamento del titolo. Il primo dungeon eliminato (nella versione originale il primo combattimento avveniva solo dopo 4-5 ore di gioco) per una partenza molto più rapida; la presenza della mappa nello schermo inferiore e di un indicatore che segnalerà sempre la presenza di un frammento del mondo (su Psx alcuni frammenti erano molto difficili da localizzare); l’equipaggiamento acquistabile nei negozi rivisto; e poi nuove armi, personaggi utilizzabili e labirinti da esplorare. Niente dell’originale è stato completamente stravolto, né rimosso integralmente ad eccezione del primo dungeon e i miglioramenti inseriti riescono davvero a dare nuova linfa vitale al gioco.
Visivamente, ogni dettaglio è stato ricreato con una splendida terza dimensione con visuale isometrica utilizzando l’engine grafico di Dragon Quest VIII. Tranne in alcuni dungeon, la telecamera è liberamente controllabile con i pulsanti dorsali. Sempre vario nelle isole e nelle ambientazioni e dotato di un 3D molto profondo se attivato, soffre di un leggero pop-up durante l’esplorazione della world map, comunque niente di particolarmente fastidioso o rilevante. Sotto il profilo sonoro, il lavoro svolto è ottimo ma alcune melodie risultano troppo simili e a volte fuori luogo negli eventi a cui fanno da sottofondo con il risultato è che possono risultare a volte stancanti e ripetitive.

Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato è il figliol prodigo rincorso per anni che finalmente torna a casa e, soprattutto, finalmente può deliziare il pubblico occidentale, ingiustamente rimasto orfano per troppo tempo di questa perla. Un’avventura epica che però si dipana con un ritmo inizialmente lento e in grado di catturare veramente il giocatore solo dopo qualche ora di gioco, forse non adatta a tutti, dotata di uno stile narrativo decisamente distante e diverso, seppur fresco, della maggior parte dei jrpg odierni. Ma è una saga videoludica che ha mantenuto la sua essenza e la sua purezza, senza snaturarsi troppo né perdersi nei meandri della sperimentazione forzata per avvicinare una fetta più grande di pubblico. Una saga che è arrivata molto tardi in Europa, addirittura inizialmente accessibile solo con le due serie manga (Dai e L’Emblema di Roto, quest’ultimo sequel di Dragon Quest III). Giapponese nel suo DNA in tutto e per tutto, scevro da qualsiasi possibile contaminazione da parte dei titoli occidentali e tanto, tanto old-school. Fortunatamente, old-school.
Una fiaba che si dipana lungo 80 ore che aumenta considerevolmente la sua durata per essere completata al 100% e che rappresenta in assoluto il capitolo più vasto e lungo dell’intera serie.
Probabilmente il miglior jrpg per Nintendo 3DS, Dragon Quest VII: Frammenti di un mondo dimenticato è un’avventura figlia dell’epoca d’oro del suo genere, quando i jrpg non erano prodotti di nicchia ma il vero motivo per cui valeva la pena acquistare una console. Un tuffo nel passato ricostruito e tirato a lucido per essere amato e apprezzato dai giocatori moderni che non va per nessun motivo lasciato sullo scaffale.