Gli screens sulle riviste cartacee di quando ero piccolo avevano un fascino tutto loro, soprattutto quelli dei primi esperimenti, che primi non erano ma meglio non approfondire, di grafica 3D. Nintendo e Sega si sfidavano in ogni ambito e i videogiocatori non potevano che gioire della caparbietà degli sviluppatori, veri e propri pionieri alla ricerca di lande ancora inesplorate.
Il chip FX da una parte, il 32X dall’altra, abbozzavano una finestra sul futuro, un futuro fatto di poligoni nudi da rivestire con texture da parati. Affascinante. Col senno di poi direi al bambino di allora di godersi il 2D fino agli sgoccioli ma riesco ancora a sentire nell’aria l’eccitazione del cambiamento. Futuridium con il suo pretenzioso look stylish ha evocato suggestioni del passato, di quando i giochi venivano presentati da una manciata di scritte a comporre una sinossi del tutto superflua ai fini dell’esperienza arcade che ci si preparava ad affrontare.

Arcade forse sarebbe la sintesi perfetta e potrei chiudere qui, certo di aver dato una definizione corretta quanto non esaustiva. La navicella che controlleremo avrà lo scopo di distruggere tutti i cubi blu elettrico al fine di rivelare un nucleo che alla sua distruzione causerà la collisione totale dello stage e la fuga del nostro mezzo, segregato in cinquanta stage al neon. Collisione è una parola chiave: a ogni minimo contatto perderemo una vita e prenderla con calma non è un’opzione, dato che la barra dell’energia continua a diminuire incessantemente. L’urgenza quindi di trovare e annientare i cubi blu può essere sanata solo da una conoscenza ottimale dell’architettura dello stage e dalla posizione di cubi e nemici.
Architettura è un’altra parola chiave di questa produzione. Ogni livello contiene una o più strutture da sorvolare o attraversare. Che si tratti di un’armata nemica, un complesso di edifici, cubicoli sospesi nello spazio o treni che vanno avanti e indietro all’impazzata, l’impegno formale di Mixed Bag nel restituirci un’ambientazione astratta ma definita è ben marcata con un’asciuttezza formale da far invidia a produzioni più onerose. Lo stile di Futuridium, tutto elettricità e musica dubstep, è il primo valore encomiabile.
Tuttavia il gameplay non è accomodante per scelta, non intende esserlo e non accetta novizi al gamepad. La natura semplice del gameplay, con pochi comandi e un obbiettivo sempre uguale di livello in livello, possono ingannare soltanto chi si ferma al trailer su Youtube. Pad alla mano si intuisce dopo i primi livelli basilari, che un calo nella concentrazione, un lieve errore di coordinazione o semplicemente non saper domare le tempistiche richieste portano a risultati frustranti e scoraggianti, frustranti perché non vi sarà mai alcun dubbio che la colpa sia del giocatore, tale è geometrica l’azione su schermo, scoraggiante perché la reiterazione dei livelli, scomposti in set da dieci livelli e da sbloccare a blocchi da dieci, appunto, e non singolarmente, è punitiva. Severo ma giusto? Dipende dal giocatore e dall’adrenalina in corpo.
Futuridium non è quindi una passeggiata virtuale, ma una sfida di livello medio-alto. Alto se affrontato in modalità original, medio se in modalità remix; la differenza consiste nel fatto che con la seconda modalità la vostra astronave non verrà distrutta appena finirà la barra dell’energia, ma solo se questa andrà incontro a una collisione. Anche così, pur contemplando tra i suoi elementi l’esplorazione, Futuridium non è per pappemolli. L’esercizio aiuta, ma il gioco no. Non è il gioco a piegarsi ai tempi del giocatore ma il giocatore a dover capire il da farsi e come realizzarlo al meglio, per superare il livello ma anche per i tre obbiettivi secondari, che consistono nel superare il livello senza morire, in un tempo limite risicatissimo o con l’eliminazione dei cubi in un’unica combo.

Il rifiuto di tendere la mano al player è una scelta di design che l’hardcore gamer apprezzerà di certo, tronfio dei suoi traguardi a cui certa plebaglia ludica non potrà mai ambire. Gli sviluppatori hanno pensato di offrire tre visuali diverse, ma di queste una, quella alla distanza, è non solo superflua, ma anche deleteria, dato che la scia che ci lasceremo dietro coprirà una bella porzione di visuale, mentre quella base e quella dall’abitacolo sono più fruibili ma non offrono sostanziali miglioramenti tra di esse: probabilmente se saprete usare l’una saprete usare anche l’altra e viceversa. Più volte mi sono chiesto se un mirino al centro dello schermo mi avrebbe aiutato, o se l’azione di fare retromarcia, manovra assolutamente necessaria, avrebbe potuto essere eseguita con più lentezza o con una fase di transizione, magari simile a quella che avviene in Star Fox quando si raggiungono i bordi dell’arena dei boss per intenderci, dato che non è così matematico trovarsi a proprio agio nella nuova direzione.
E ancora: gli scenari sono ovviamente circoscritti e l’uso di checkpoint quindi opinabile, ma in quelli più estesi non ha proprio alcun significato dover ripartire, in caso di morte, da una distanza che non permetterà mai al giocatore di raggiungere in tempo l’area di interesse, prima dell’inesorabile esaurimento dell’odiata riserva di energia. Oltre alla già citata scia, un elemento di confusione visiva ulteriore è dato da particolari giochi di rifrazione che per quanto brillanti, creano un effetto simile a quello di vedere uno schermo stereoscopico fuori fuoco o dalla posizione errata. Questo effetto di “sdoppiaggio” mette a dura prova i nervi, in un gioco dove la spazialità è tutto.

Per alcune categorie di gamer questi sono difetti insopportabili, che non saranno mai arginabili, nemmeno per quel giocatore pronto a tuffarsi nell’alto valore visivo-auditivo di Futuridium. L’errore però è parlare di difetti, quando sarebbe più sensato parlare di “caratteristiche”. Semplicemente è il gioco a non fare per voi in questo caso, e non c’è nulla che possiate farci, ci sono opere non per tutti. Se poi la dubstep tormenta i vostri sogni, anziché animarli, apprezzerete la possibilità di poter cambiare traccia in-game o modificare il volume degli effetti sonori, anche se si tratta di palliativi.
Se proprio vogliamo sollevare una critica onesta a Futuridium possiamo annoverare la poca varietà. Nonostante vengano introdotti spesso nuovi elementi che scacciano la noia, la sensazione di guardare più o meno le stesse superfici di volta in volta non appaga, anche se si tratta di superfici scintillanti. L’anonimato delle armate nemiche, composte per lo più da cannoni e torrette e da nemici e boss dal cuore geometrico accrescono l’asetticità di questo ambiente bello ma ostile. Mai come in questa recensione, ho provato la sensazione che il voto a seguire sia ingiusto in ogni caso perché dovreste metterlo voi. Se il gameplay di base e la sfida hardcore vi sollucherano vi ritroverete nel voto, o in uno maggiore per giunta, mentre per tutto il resto della popolazione giocante, è un numero privo di significato.