Agli occhi dei meno affini alla serie, Project x Zone 2 si presenta come la peggiore delle fan fiction che la mente di un giovane otaku/nerd possa partorire: il titolo Monolith Soft infatti scaraventa senza troppo riguardo personaggi di universi totalmente differenti tra loro nel grosso, confuso, calderone delle avventure di Reiji e Xiaomu, i due agenti della divisione terrestre della Shinra (no, non quella di Final Fantasy VII) che vegliano sull’equilibrio di dimensioni parallele e linee cronologiche.
Immagino lo stupore di chi non ha giocato il predecessore o gli altri titoli collegati (Namco x Capcom, Super Robot Wars OG Saga: Endless Forntier e seguito) nell’affrontare un gioco in cui Phoenix Wright, Mega Man, Chris Redfield e Segata Sanshiro combattono l’uno fianco all’altro per fermare il perfido piano di M. Bison.
Ok, fermate il treno, io scendo.

Sceneggiatura quantomeno azzardata a parte, ci troviamo di fronte ad un nuovo aggiornamento di un’originale struttura di gioco introdotta qualche anno fa su Nintendo DS, che tenta di fondere la dinamicità di un battle system d’azione con la tattica di un tradizionale strategico a turni, in cui le unità sul campo sono coppie di guerrieri accompagnate da singoli personaggi di supporto richiamabili quando necessario.
Non esistono corto o lungo raggio, unità d’attacco o di supporto, cavalleria o milizia: gli eroi provenienti dalle più disparate serie (Street Fighter, Tekken, Tales of, Xenoblade, etc.) agiscono sempre nel medesimo modo, ovvero eseguendo combo di attacchi fisici che lanciano in area l’avversario, nel tentativo di eseguire sequenze dall’elevato numero di colpi e, conseguentemente, danni.
Iniziando con i primi, ridotti, comandi a disposizione, si impara l’arte del juggle e gradualmente si padroneggiano i colpi critici, non subordinati a statistiche ma determinati dall’abilità del giocatore nel concatenare gli attacchi nell’istante immediatamente precedente all’atterraggio dell’unità nemica. Certo è intrigante, per una volta, sapere che tutto dipende da noi.

Seppur ridotto rispetto a quanto visto in Project x Zone, il numero di attacchi per turno della coppia guadagna in flessibilità in quanto non si è più limitati alla banale esecuzione di tutte le mosse disponibili – pena l’interruzione al primo errore – ma si ha un limite di tre azioni, potenzialmente anche ripetute, che permette di scegliere di volta in volta quelle incentrate sui danni diretti o puntare agli status alterati a seconda di quale sia la nostra strategia. I colpi non usati in un turno potranno poi essere scagliati in versione potenziata nel successivo.
L’entusiasmo per queste dinamiche così partecipative verso il giocatore affievolisce sensibilmente a causa di una sequenzialità dei livelli rigida e senza soluzione di continuità, in cui si prende il controllo delle opzioni di equipaggiamento, potenziamento delle mosse e assegnazione delle unità “singole” di supporto solo al termine di ogni stage.
Positiva l’introduzione di un negozio accessibile prima di ogni stage che consente di rifornirsi di oggetti curativi o acquistare equipaggiamento più efficace senza doversi limitare a quanto ottenuto come drop dai nemici – grande limite del prequel che metteva il giocatore, nelle fasi finali dell’avventura, di fronte alle irrimediabili conseguenze di una inadeguata gestione delle proprie risorse.

Questo sistema però è ancora una volta vittima della ripetitività, in quanto i diversi personaggi condividono un approccio del tutto identico negli attacchi e si differenziano principalmente per la tempistica e con cui questi vengono lanciati. Sì, queste differenze tengono alta l’attenzione nell’esecuzione dei colpi allo scopo di ottenere i critici, ma non è sufficiente a eliminare l’impressione di trovarsi in un tedioso loop.
Ripetitività aggravata dalla possibilità di infierire sui nemici già sconfitti al solo fine di aumentare i moltiplicatori del denaro (numero di colpi totali) ed esperienza (numero di critici), pratica fondamentale nel primo titolo (maggiori combo=drop migliori) che qui viene mitigata grazie alla presenza dello shop, pur rimanendo d’obbligo per consentire un più consistente aumento del livello dei personaggi, in quanto non esistono zone di grinding o possibilità di ripetere i livelli.
Il colpo di grazia alle velleità tattiche dell’impianto ludico viene inferto dal numero spropositato di unità presenti sull’area di gioco che, in aggiunta all’assenza di diversificazione in classi/tipologie e livelli privi di qualsiasi sistema di vantaggio morfologico, porta nella maggior parte delle occasioni a situazioni scevre da pianificazioni di sorta, in cui ci si limita a spostare in massa la propria armata per rovesciarsi contro il nemico usando la forza bruta.

Se dunque la componente interattiva trova la sua massima espressione nella padronanza delle combo tra unità di coppia, unità singole e supporto, la rarità estrema di varianti al classico “fare piazza pulita dei nemici per proseguire” si pone come pietra tombale dell’entusiasmo di chi cerca un’esperienza fresca e coinvolgente.
Allo stesso modo la componente narrativa non spicca mai il volo, anzi, inanellando una serie di eventi fini a se stessi e privi di conseguenze per le fazioni in gioco. Pare di assistere a sgradevoli filler di serie televisive, in cui i personaggi costruiscono grandi aspettative sulle rivalità con i rispettivi villain, per poi tradirle a causa di classici escamotage che rimandano a data da destinarsi la resa dei conti. Ogni volta, più volte. Uno stillicidio romanzato degno del gemello otaku segreto di Fabio Volo.
Valore assoluto e indiscutibile della produzione è però la gestione del source material di questo crossover: ogni personaggio è maniacalmente fedele all’opera di provenienza, le mosse iconiche sono presenti, le citazioni azzeccate e le tracce audio estratte dai singoli titoli sono di qualità elevatissima, oltre che essere riprodotte con sorprendente avvolgenza dalle limitate casse della portatile Nintendo. L’effetto finale è convincente e, in caso di prima esperienza con la serie, l’efficacia ne risulta amplificata.

Se l’acquisto del titolo è dettato dalla volontà di mettere le mani su un nerd compendium contemporaneo, non si può sbagliare, sebbene il cast risulti un po’ più debole rispetto a Project x Zone, che vantava personaggi di rilevanza transgenerazionale, mentre in questa occasione ci si è affidati principalmente a eroi contemporanei.
Tecnicamente funzionale, con sprite dettagliati e animati egregiamente e menù estremamente puliti dalla leggibilità esponenzialmente migliorata, il gioco vanta controlli molto responsivi nelle fase di combattimento ed efficaci nella gestione delle unità sul campo di battaglia.
Project x Zone 2 fa tutto quello che faceva il predecessore, meglio, proponendo però poche correzioni ai difetti riscontrati ormai quasi tre anni fa, restringendo il target di riferimento a coloro che non disdegnano la ripetitività in un’ottica di perfezionamento delle abilità e studio delle combinazioni più vantaggiose, per i quali il titolo è una vera chicca grazie alla grande adattabilità, la funzione allenamento e il New Game +, sebbene la ridotta difficoltà di base possa fare da deterrente per i giocatori più hardcore.
Tutti gli altri troveranno un titolo la cui attrattiva maggiore è legata alla presenza di un cast stellare che da solo, però, fatica da solo a sostenere il valore dell’offerta.



























































