Il mondo dei board game e quello dei videogiochi sono senza dubbio due realtà molto legate l’una all’altra: le influenze reciproche tra i due mondi sono state parecchie e, in fondo, i giochi da tavolo possono essere visti come un antenato del multiplayer, in particolare di quello locale, nei videogiochi.
Proprio la crescita di importanza del medium videoludico ha però sottratto spazio ai board game che, rispetto agli anni ’80 e ’90, hanno visto calare la loro popolarità, benché la loro capacità di aggregazione e intrattenimento familiare rimanga ineguagliata. Proprio al periodo d’oro dei board game appartiene Space Hulk, gioco da tavolo ambientato nel futuristico mondo di Warhammer 40.000 e incentrato sullo scontro tra un gruppo di Terminator degli Space Marine e i crudeli Tiranidi.
Più nello specifico, la squadra di Terminator in questione è stata inviata ad investigare sul relitto della nave Peccato della Dannazione, un enorme ammasso di metallo che si rivelerà ben presto essere un covo di pericolosi Genoraptor, la fanteria dei Tiranidi. Le premesse narrative stanno tutte qui, e non bisogna aspettarsi nessun altro dettaglio nel corso del gioco: a parte i briefing di missione, Space Hulk non contempla nessun arricchimento di background, approfondimento psicologico dei personaggi, nessuna cut scene o qualsiasi altro componente che esuli dall’asciutto gameplay di gioco.
Il team di sviluppo di Hoplite Research ha infatti voluto cimentarsi in una perfetta conversione da board game a videogame e questo rappresenta, al tempo stesso, il maggior pregio e il peggior difetto del titolo.
Rispetto alla complessità delle battaglie di Warhammer 40.000, che coinvolgono molte miniature, unità differenti, ampi spazi di movimento e secchiate di dadi da tirare, Space Hulk punta sull’essenzialità: una semplificazione generale che se ben si sposa con i ritmi e le dinamiche di un gioco da tavolo, alla lunga risulta essere controproducente quando viene calata nella realtà videoludica. Il board game infatti è da giocare in compagnia, mentre il videogame, sebbene preveda una modalità co-op locale anche piuttosto divertente, è pensato principalmente per una campagna in single player: la varietà di situazioni diventa allora un fattore importante sul quale poggiare le fondamenta dal titolo e, ahimè, Space Hulk in questo non eccelle particolarmente.
La campagna è divisa in sei capitoli principali, ognuno dei quali contiene un certo numero di missioni che, per quanto si sforzino di essere varie, si riducono a varianti del tema “vai dal punto A al punto B” o “uccidi tutti i Genoraptor”. Dal punto di vista strategico poco importa, vero, perché il focus del titolo sta proprio nelle fasi di gioco in cui si spostano i Terminator e si spara e, come detto sopra, Space Hulk non bada troppo alla forma. Anche nelle fasi di gameplay, la conversione da gioco (da tavolo) a (video)gioco porta però con sé alcuni problemi perché, a conti fatti, le opzioni tattiche a nostra disposizione sono molto limitate.
Il primo problema è rappresentato dalla conformazione degli scenari di battaglia. I corridoi e gli stanzini del Peccato della Dannazione restituiscono molto bene l’atmosfera di un’astronave aliena alla deriva nello spazio con la loro illuminazione fioca e il senso di claustrofobia: per chi ha giocato Dead Space o Alien Isolation la sensazione sarà familiare. Gli spazi così stretti tarpano però le ali a qualsiasi tipo di manovra per i propri Terminator, dato che il più delle volte ci si troverà costretti a procedere a trenino, vanificando così, almeno in parte, la presenza di diversi tipi di unità e di armamenti (non così numerosi a dire il vero).
Ovviamente la presenza di un compagno davanti copre la linea di fuoco dei Terminator nelle retrovie, con l’eccezione dell’ultimo della coda che è buona creanza lasciare in copertura delle spalle. I Genoraptor sono infatti dannatamente veloci e hanno la cattiva abitudine di sbucare da ogni dove dai diversi punti di generazione sparsi per il livello. Anche qui però qualcosa non funziona.
Oltre alle luride bestie, presenti a decine in ogni scenario, e a qualche sporadico Signore della Nidiata, non sono presenti altri tipi di nemici, ma su questo si potrebbe anche soprassedere. Il punto è che le caratteristiche dei Genoraptor sono molto precise e ciò si riflette in un comportamento rigido sul campo di battaglia che diventa prevedibile già dopo pochi turni: l’aggressività delle feroci creature le porta a dirigersi a tutta velocità verso i Terminator e la strategia per sopravvivere è solo una, ovvero tenersi a distanza e sparare a più non posso, abusando della guardia.
I Genoraptor non hanno la possibilità di effettuare attacchi da tiro, mentre sono letali in corpo a corpo: da ciò deriva il fatto che l’unica possibilità di vittoria consiste nel rimanere a distanza e sparare, perché uno scontro corpo a corpo ha chance molto basse di vittoria.
Come succede di solito negli strategici a turni, ogni unità dispone di un certo numero di punti azione per effettuare le varie azioni e in Space Hulk questi punti sono veramente pochi: quattro per Terminator, più un certo numero di Punti Ordine, da uno a sei, generati casualmente all’inizio del turno, spendibili a piacere per qualsiasi azione di qualsiasi unità.
Considerando che muoversi di una casella costa un punto azione, idem sparare, mettersi in guardia ne richiede due e persino girarsi stando sul posto necessita di un punto è facile capire come il tutto sia troppo limitante, in considerazione anche delle generose dimensioni di alcuni scenari.
Oltre all’impossibilità di muoversi liberamente e l’inesistenza di un qualsiasi sistema di copertura (come in X-Com per intenderci), lo spessore tattico del titolo viene limitato anche dal fatto che il risultato degli scontri viene deciso casualmente simulando un tiro di dadi. Ecco che dunque il tutto si riduce a una mera questione di fortuna, dato che né il posizionamento delle unità e né il tipo di arma saranno determinanti nell’esito dello scontro.
Tecnicamente il gioco non sfigura, a parte alcune compenetrazioni parecchio evidenti, mentre la colonna sonora è quasi inesistente e si limita in pratica a una manciata di effetti sonori e alle voci dei Terminator. La mappa sul Gamepad, senza la possibilità del gioco off screen, e la presenza di una modalità co-op locale per due giocatori, dove uno impersona i Terminator e l’altro i Genoraptor, completano un quadro della situazione in chiaroscuro.
La valutazione che vedete in fondo all’articolo è frutto della constatazione di come il titolo sia minato da difetti consistenti proprio per quanto riguarda il piano strategico, ma che, per contro, rappresenti una conversione praticamente perfetta del board game. Se siete fan del gioco dal tavolo, amate l’inverso di Warhammer 40.000 e disponete di un amico con cui giocare, allora potete anche alzare il voto di qualche decimo di punto; in caso contrario potete facilmente trovare strategici a turni molto più impegnativi e soddisfacenti.