La prima cosa che ho pensato vedendo questo Moco Moco Friends è stata: Pokémon per bimbe!!! Effettivamente questo titolo ha qualcosa in comune coi ben più famosi mostriciattoli, ma non illudetevi troppo, potreste rimenere delusi!
Tutto comincia con la nostra adorabile eroina Moco, che si è appena laureata come strega. A lei, però, non basta la laurea: vuole diventare la più grande maga addestratrice di plushkin del mondo e quindi parte alla cerca della stella medal. La storia non brilla certo per originalità ma è palese che il punto di forza di questo gioco non è lo storytelling. A farla da padrone in questa esperienza sono i buffi plushkin e la loro estetica, palesemente pensata per un pubblico di giovanissime, ma con una decisa strizzatina d’occhio verso il pubblico di otaku.

La nostra protagonista, così come la sua mentore Michiru e altri personaggi che si affacciano di tanto in tanto nella storia sono chiaramente delle majocco (streghe in giapponese) che ricordano da vicino le ben più popolari, Sailor Moon o Creamy Mami o ancora Card Captor Sakura, tanto per citarne alcune, mentre i plushkin , i veri protagonisti di questo gioco, sono un concentrato di carineria e morbidosità da diabete fulminante e morbidosità è il termine appropriato dato che si tratta di peluche viventi.
Tutto sprizza giapponesità, dalle musichette in sottofondo, al doppiaggio tutto gridolini, fino ai colori saturi, ora pastellosi ora acidi. Tutto è a prova di bimba: i comandi ad esempio sono molto facili da apprendere, con un uso limitato del touch screen, i movimenti governati dall’analogico, e i tasti B per correre e A per i dialoghi. Tutto molto semplice per una bimba, certo, tranne la lingua: perché non localizzarlo in italiano? Essendo chiaramente indirizzato ad un pubblico di giovanissime, e vista la gran mole di dialoghi, superflui o meno che siano, la mancata localizzazione rischia di essere una vera e propria barriera per il target a cui è indirizzata questa produzione.

Tra gli aspetti che ricordano i pokémon, il più palese forse è il collezionismo. I plushkin da catturare sono in tutto 120 e la voglia di ottenerli tutti è forte, forse l’unica motivazione che vi spingerà a portare a termine l’avventura. Un altro punto in comune è il sistema di combattimento. Moco Moco Friends riprende la struttura dei dungeon crawler, tralasciandone la complessità.
Rivoltare il dungeon come un calzino è impresa facile, e la banalità è di casa: ogni dungeon è uguale nella struttura (ma fortunatamente diverso nell’aspetto) ed è formato da 3 livelli da esplorare alla ricerca di oggetti vari, inclusa la stanza finale dove troverete un boss. I combattimenti sono basati su degli scontri a turni, con comandi impartibili sia con i tasti che con il touch, in cui fare combattere il vostro party formato da 3 plushkin, più un plushkin di riserva che, a prescindere dal fatto che abbia combattuto o meno, a fine scontro otterà punti esperienza.

Un aspetto positivo è che gli attacchi sono basati sugli elementi, quindi oltre che normali attacchi potrete scatenare tempeste, palle di fuoco, fare addormentare i nemici e quant’altro. Gli sviluppatori si sono ingegnati nell’organizzare un battle system, certo non originalissimo, ma funzionale. Peccato però che tutta questa componente strategica venga vanificata dall’eccessiva facilità del gioco: a che pro impegnarsi a studiare i punti deboli dei nemici quando i semplici attacchi normali basteranno per mandarli a tappeto ? Una volta mandato all’aria il plushkin-boss, potrete stipulare un contratto allargando così la vostra squadra.
Un altro modo per ottenere questi simpatici pupazzetti è farli costruire a Michiru, dopo averle portato dei gomitoli di lana che otterrete come ricompensa per l’adempimento di certi incarichi. Completa l’esperienza la possibilità di craftare i plushkin con gli oggetti ottenuti dai dungeon, o comprati nella piazza del villaggio, dove potremo interagire con altri personaggi, oltre che fare evolvere i plushkin e altro ancora Inoltre gli oggetti possono essere ottenuti piantando semi nel giardino che si trova in città.

In Moco Moco Friends c’è tanta carne al fuoco e se si può accusare i developer di qualcosa, non è di leziosità: la grafica è ben curata, per quel che c’è da muovere su schermo, il character design è vibrante e coloratissimo, le musiche, pur non essendo molte, sono gradevoli, alcune animazioni denotano una certa perizia, prime tra tutte quelle dei danni subiti dai plushkin, che inizieranno a perdere sempre più l’imbottitura durante il combattimento e perfino la scrittura non è da meno, da citare i continui battibecchi tra la bacchetta di Moco, dotata di una saccente testolina di gatto, e Konpei, il cane blu gigante di michiru, sempre in grado di suscitare il sorriso.

Tanta cura riposta in praticamente ogni aspetto del gioco, ad eccezione del più importante: la giocabilità. A dispetto dei personaggi accattivanti, di un buon battle system, e di un ottimo numero di collezionabili, quello che manca è il mordente: è tutto troppo facile e all’acqua di rose per non venire a noia dopo poche ore e quel che più dispiace è che bastava davvero poco stavolta per accontentare il giappofan che va matto per Madoka Magica.
Bisogna quindi arrendersi all’idea che, al netto di intenti buonissimi sulla carta, l’esecuzione è stata così blanda da rendere Moco Moco Friends un acquisto consigliabile solo ed eslusivamente per quelle mamme e papà che vogliano introdurre le proprie bimbe in maniera molto soft al complesso mondo dei jrpg.