Skylanders non ha bisogno di presentazioni: trattasi di una delle serie di più grande impatto degli ultimi anni, capace di prendere le ceneri di un brand amato come Spyro The Dragon e farne un pionieristico fenomeno commerciale capace di unire il collezionismo al videogioco, diventando una passione per i più giovani ma anche per i più grandicelli, i quali forse un titolo del genere lo bramavano durante la propria infanzia.
In questi quattro anni la serie ha subito evidenti trasformazioni nella sua connotazione portatile, nascendo come platform lineare in stile – chiamiamo in causa un’altra icona dell’epoca di Spyro – Crash Bandicoot per poi ripercorrere la strada tracciata dalla versione home, ovvero quella dell’avventura d’azione con livelli che uniscono esplorazione, puzzle e sfide di abilità.
È mutata anche la gestione degli Skylanders: inizialmente questi erano limitati a due per sessione di gioco, mentre in seguito è diventata disponibile l’intera collezione con l’avvento di Swap-Force, penultima iterazione della serie.
Se l’anno scorso il traino verso i possessori di Spyro’s Adventure e Giants era rappresentato dalla possibilità di creare nuovi Skylanders unendo le parti superiori e inferiori di due personaggi diversi, questa volta Activision ha ricorso all’introduzione di un nuovo elemento integrato nel gameplay, ovvero la cattura e conseguente inserimento nelle proprie fila dei “cattivi”.
Se nella versione casalinga questa azione comporta l’utilizzo dei cristalli, nuovi elementi collezionabili da usare nell’apposita periferica, su 3DS si è optato per una soluzione più semplice, ovvero il salvataggio delle “creature dell’incubo” nella propria partita indipendentemente da accessori esterni. Questi personaggi speciali, infatti, scandiscono l’incedere del gioco presentandosi come boss di ogni livello e al termine di ognuno passano al servizio del giocatore, che può chiamarli in causa come “assistenti” (sì, in stile Smash Bros. per capirci) per lanciare un potente attacco che poi richiede un tempo di ricarica di 30 secondi per essere utilizzato nuovamente.
Questa scelta da un lato minimizza il fascino del nuovo episodio ma al tempo stesso si rivela indovinata per la piattaforma e aggiunge una minima componente strategica, in quanto è possibile avere un singolo “nemico” al proprio servizio, a scelta tra quelli sbloccati, per tutta la durata di un livello. È possibile utilizzarli come personaggi tradizionali solo in singoli livelli specifici, che rappresentano l’addestramento svolto sotto il comando della Pecora dei Sogni, pericolosissima creatura che rappresenta la nemesi della trama di Trap Team, differente da quella delle versioni home.
Il buffo ed eccentrico ovino, infatti, approfitta della distrazione del guardiano della libreria per raggiungere le Skylands e avvolgere in un incantesimo del sonno tutti gli abitanti. Sta al giocatore, al comando di dei suoi Skylanders, suonare le tre sacre campane per risvegliare la popolazione e sconfiggere la Pecora dei Sogni in duello per sventare il suo piano di conquista.
Sebbene la natura del titolo risulti molto semplice per buona parte dell’esperienza, sorprendono alcune soluzioni di level design che spingono all’esplorazione ragionata e/o ripetuta per completare gli obiettivi di ogni livello: questi sono di base simili (trova gli scrigni, raccogli tot gemme, vinci la partita a Pietracielo, etc.), ma introducono sfide specifiche legate a meccaniche peculiari del mondo affrontato – come evitare di essere colpiti da un certo tipo di attacco/nemico- e spesso sono legate a gameplay basati sui sensori motion, come le sezioni in volo o quelle in cui abbattere navi volanti a colpi di cannone.
La natura platform del titolo brilla nelle sezioni nascoste dai portali attraversabili dagli Skylanders di uno specifico elemento: questi livelli, oltre ad essere più impegnativi della media, rispondono a tempistiche più severe per superare gli ostacoli. Spesso introducono piattaforme in movimento caratterizzate da una discronia che costringe il giocatore a compensare con una dose di abilità e controllo del personaggio decisamente superiore alla norma. Superare queste sezioni è probabilmente l’esperienza più gratificante per il giocatore esperto.
Da segnalare come, verso la fine del gioco, il livello di difficoltà dei boss si alzi, passando dalle sfide d’azione con le creature dell’incubo a meccaniche e tipologie degne dei vari Super Mario, in cui capacità di leggere i pattern d’attacco e i tempi di reazione sono fondamentali.
A livello meramente tecnico, Trap Team è un gioiellino, grazie a livelli molto ampi e caratterizzati da geometrie interessanti, una modellazione dei personaggi decisamente piacevole – supportata da animazioni simpatiche e fluide – e un effetto 3D decisamente riuscito che, saggiamente, si disattiva automaticamente nelle fasi in cui viene richiesto di muovere la console per sfruttare i giroscopi.
In un comparto sonoro in cui effetti e musiche fanno il loro dovere senza eccellere, è il doppiaggio a rappresentare il punto più alto della produzione, grazie al lavoro di voci esperte in grado di donare verve e carattere ai personaggi principali, sebbene poi si noti un forte calo quando si chiamano in causa altri character a cui le frasi sembrano appiccicate dopo una semplice lettura in studio, priva della necessaria contestualizzazione.
Skylanders Trap Team risulta nel complesso un’esperienza decisamente riuscita, unendo qualità tecniche indiscutibili a sequenze di gioco solide che puntano a variare costantemente l’operato del giocatore, al fine di allontanare il senso di ripetitività che un prodotto come questo, dopo diversi anni, può trasmettere.
Considerato il target, le nuove funzioni, il minigioco Pietracielo, i nuovi Skylanders e la rigiocabilità – per completare i livelli al 100% questi vanno affrontati almeno due volte – non si può che promuovere un prodotto che, a tratti, è riuscito a incuriosire anche una persona ben lontana dal pubblico di riferimento.