Ricordi di un futuro rubato

Io c’ero nel 1997. Avevo compiuto tredici anni e benché nel corso degli anni ’80 i film, i cartoni e i media in generale, mi avessero inculcato un’idea ben precisa di come sarebbe stato il futuro, non avevo avvistato ancora nessuna macchina volante, nessuna guerra aveva distrutto la Terra come la conosciamo, niente piogge acide, e ancora non si vedeva nessun androide in giro. Come forse avrete capito, c’ero anche negli anni ’80 e il futuro che ci avevano promesso, assomigliava tanto a Turbo Kid.
Ah, quanto ho atteso Turbo Kid. Da grande appassionato di metroidvania la mia attenzione è stata subito rapita dall’uscita di questo titolo su Steam che, oltre all’estetica retrofuturistica progettata esattamente per cogliere l’attenzione dei figli del walkman, aggiungeva l’utilizzo di una bicicletta all’interno della formula esplorativa che definisce il genere di appartenenza.
Per farvi capire quanto erano incredibili i mondi immaginati negli anni ’80, vi basterà sapere che le più disparate “problematiche diegetiche” potevano essere risolte in modo semplice e fluido, ovvero, ad esempio: come inserisco una bicicletta all’interno di un metroidvania e come rendo l’esplorazione e il design dei livelli fruibile, in modo tale che detta bicicletta non complichi la vita a chi gioca? Facile! Rendo la BMX richiamabile con un tasto che la teletrasporti. Niente hard sci-fi, ma solo pura tamarraggine, tanto che è giusto chiedersi: dove si colloca Turbo Kid nella massa in continua proliferazione dei metroidvania? Quanto rispetta l’idea di futuro che immaginavamo da bambini e che, almeno per adesso, non si è verificato, purtroppo, nelle sue declinazioni migliori e per fortuna, nelle sue declinazioni peggiori?
Hokuto No Kid

Se avete in qualche modo recuperato l’omonimo film del 2015, vi farà piacere sapere che il gioco prende le mosse esattamente dal termine del lungometraggio. Per giocare non è necessario conoscere le gesta di Turbo Kid ed Apple nella pellicola splatter e retrofuturistica che li ha presentati al grande pubblico (occhio però a non spoilerarvi il film giocando prima al gioco!), ma chiaramente, il background e alcune origin stories (soprattutto legate agli oggetti) viste sul grande schermo, costituiscono un bagaglio che amplierà il godimento del world building prodotto da Outerminds. Questo fatto è ancora più evidente per via della miriade di collezionabili sparsi nelle zone (a volte veramente labirintiche) della Wasteland, che per la maggior parte vi gratificheranno con abbondanti complementi e approfondimenti di lore.
L’eroe eponimo si muove, appunto, all’interno della Wasteland, o “Terra Desolata” che sembra uscita da produzioni in stile Mad Max, con tanto deserto e tecnologie come ologrammi, teletrasporto e il Turbo Glove (omaggio al Power Glove dell’era NES). La trama vi porterà a scoprire le profonde macchinazioni e i giochi di potere su cui si regge la gerarchia di questo luogo, fatto di mostri e malviventi, ai cui quattro angoli si trovano i chip che aprono il portale per…ciò che c’è oltre.
Una bici, un Turbo Glove e…un machete

Dopo essere stati accolti da un simpatico comitato di benvenuto, ci ritroviamo senza poteri né bicicletta, e armati solo del nostro blaster dovremo recuperare il nostro fido machete (no, non c’entra Danny Trejo stavolta), l’abilità del “tiro caricato”, e la suddetta BMX: questi sono i tre “potenziamenti” di base che di fatto incasellano Turbo Kid nel genere dei metroidvania, proprio perché, se da un lato i primi due donano anche varietà al combattimento, assieme al terzo hanno il compito di aprirci la struttura della mappa (molto estesa e a zone interconnesse), tramite la distruzione delle porte che salteranno in aria solo se colpite con l’arma apposita. Inoltre, molti dei nuovi anfratti così aperti saranno esplorabili in orizzontale e soprattutto in verticale, grazie alla nostra fidata bici e al concetto di energia potenziale che si manifesterà nei dislivelli parabolici, di cui è pieno il level design.
La Wasteland offre una conformazione molto intricata, con enigmi ambientali pieni di trappole, sotterranei scavati da meandri e cunicoli o vertiginosi half-pipe che trasformeranno alcune parti dei livelli in veri e propri “bikepark”: avete immaginato bene, esistono anche gare a tempo da affrontare con la nostra fidata BMX e, come provetti Dave Mirra, potremo pure cimentarci in sfide basate sui trick (che si attivano con i tasti della croce direzionale), per completare alcune quest. Insomma, il nostro biciclo futuristico non sarà un mero strumento di esplorazione, ma anche un piacevole diversivo a livello di gameplay.
Sopravvissuti con molto da dire e da dare

Quello che, invece, non mi aspettavo di trovare e che amplifica e potenzia la storia vista nel film, è la marea di personaggi secondari di cui potrete fare la conoscenza: si va dal parroco, alla maestra di scuola, ai classici venditori, ognuno dei quali si racconta attraverso dialoghi ben scritti (purtroppo, al momento il gioco è solo nella lingua di Albione, e non supporta l’italiano) e una caratterizzazione esaltata dalla pixel art espressionista in puro stile “avventura grafica anni ‘80”, con tanto di approfondimento nel diario del protagonista e missioni secondarie (principalmente “fetch quests”) relative. Molte di queste missioni saranno fondamentali per guadagnare pezzi di cuore (letteralmente “punti ferita”) in più, ma anche cartucce di abilità inseribili nel Turbo Glove, come modificatori del potere degli oggetti curativi, della quantità di valuta raccolta con l’uccisione di ogni nemico, etc. etc.
Addirittura, all’inizio del gioco sarà possibile scegliere di vestire i panni di Apple, l’altra “protagonista” del film, cosa che non cambierà la trama in sé, ma che porterà in dote dialoghi totalmente diversi, atti a farne risaltare la personalità. Turbo Kid, in questo senso, è un metroidvania con scrittura sopra la media, in cui c’è veramente pane per chi ama le storie, oltre all’esplorazione dura e pura.
Un combattimento e una progressione in crisi d’identità

A dirla tutta, non è la prima volta che le due ruote sono utilizzate all’interno di un action-platformer, ed è doveroso citare a confronto l’ottimo Laika: Aged Through Blood (presente anch’esso su Nintendo Switch) che punta maggiormente l’accento sull’utilizzo della motocicletta, in questo caso, per acrobazie in stile TRIALS HD (e se ve lo ricordate siete dei “true gamer”) all’interno delle quali si declina il frenetico e precisissimo sistema di combattimento, quasi sempre da risolvere sparando a mezz’aria, possibilmente con la testa verso il pavimento e le ruote della moto verso il soffitto.
Purtroppo, le fasi di combattimento di Turbo Kid sono, a mio avviso, la parte in cui il gioco inciampa, non permettendogli di brillare al massimo del suo potenziale. Innanzitutto, quando si è in bici non si spara, il che suona come un’occasione persa. Come detto, iniziamo con il machete, arma da mischia per eccellenza ed il fido blaster, per colpi a distanza, che possiamo utilizzare anche nella sua modalità “caricata”: tendenzialmente un solo colpo caricato di quest’arma dipingerà la Wasteland con le interiora di qualsiasi semplice nemico che incontreremo. Tuttavia, il gioco cerca di alzare la difficoltà con il posizionamento dei nemici, la quantità di cattivi presenti nei gruppi che vi attaccheranno, e le loro animazioni: uno dei tipi più fastidiosi, ad esempio, si trincera dietro uno scudo grosso quanto l’intera figura e non c’è modo di farglielo sollevare, se non quando decide di attaccare, ovvero dopo tanti, troppi secondi, e benché possiate saltarlo e colpirlo alle spalle, molto spesso il soffitto sarà disegnato in modo tale che non possiate effettuare il salto. Situazioni come questa sono rese ancor più difficili dal fatto che abilità come la rullata/schivata (una mossa classica, fornita spesso di default in molti metroidvania o action-platformer) può nascondersi in una zona veramente avanzata da scovare, se si decide di iniziare ad esplorare il lato opposto della mappa a quello in cui si trova il chip corrispondente (il gioco lascia totale libertà ai giocatori in questo senso, forse perché certe abilità rendono i combattimenti troppo facili). Oltre a ciò, i punti di salvataggio (che, per l’occasione, sono dei sofà) provocano il respawn dei nemici in modo arbitrario: nella mia esperienza questo non accade in modo automatico (come quando si salva al focolare di un soulslike, ad esempio) ma sembra attivarsi dopo un certo lasso di tempo, soprattutto se ci si allontana un po’ troppo dal punto di salvataggio.
Difficoltà ricreata artificialmente

Tutti gli elementi sopracitati contribuiscono a creare alcune fasi artificiosamente impegnative e la progressione iniziale del gioco è a tratti frustrante. Il titolo è uscito da oltre un anno nella sua incarnazione per PC e non credo che Outerminds intenda ribilanciarlo, dato che la scelta appare consapevole. Questo vuol forse dire che possiamo aspettarci un sequel con un combat migliore?
Altro “difetto” è la scarsa varietà dei nemici più semplici che, per contrasto, esalta i boss: anche questi saranno estremamente impegnativi (provate a fuggire da lame rotanti in stile Super Meat Boy, ma su una BMX, per poi fermarvi e colpire il boss di turno, saltando in cima ad un half-pipe dopo aver mollato la bici) solitamente divisi in varie fasi, scandite dalla comparsa di fastidiosi mob (per rincarare la dose). Tuttavia, la grandiosità e la coreografia di questi super nemici, li rende molto più soddisfacenti e sopportabili da combattere e battere.
Se siete degli amanti dei metroidvania e dei completisti incalliti potreste trovare il modo di esplorare Turbo Kid per oltre 15 ore, nel tentativo di giungere al 100% di completamento. Potreste anche compiere alcune scelte particolari…come risparmiare o uccidere certi personaggi…il che potrebbe avere delle conseguenze. Il gioco è giunto su Switch con tutti gli aggiornamenti di contenuto arrivati dopo il lancio sulla versione Steam e, come detto, è giocabile anche con il personaggio di Apple, anche se l’unica reale differenza rimangono le caratterizzazioni nei dialoghi e caratteristiche intrinseche al personaggio, come la velocità di movimento.
Esperimenti tecnici e suoni da musicassetta

L’analisi tecnica di Turbo Kid è alquanto insolita: per la prima volta possiamo operare una differenziazione tra Nintendo Switch e Nintendo Switch 2. Infatti, se siete fortunati possessori della nuova console Nintendo, sappiate che il gioco gira fluidissimo a 60 fps anche nelle situazioni di corsa più concitata o nei combattimenti più affollati. Su Nintendo Switch originale, invece, avrete la possibilità di scegliere da un apposito menù se giocare a 30 fps bloccati o sbloccare il frame rate: dopo alcune prove, anche la modalità a 30 fps non elimina i cali e non riesce ad essere granitica. Nel mio caso, però, ho giocato su Switch originale con il frame rate sbloccato e ho riscontrato soltanto piccoli e sporadici rallentamenti nelle fasi di corsa in bici, e sono più che convinto che, se opportunamente ottimizzato con qualche patch successiva, il gioco dovrebbe funzionare a dovere anche sulla prima ibrida Nintendo. Tali performance sono mantenute anche in portabilità.
Le musiche rappresentano sicuramente un fiore all’occhiello della produzione, in quanto composte da Le Matos, (lo stesso artista che ha diretto la colonna sonora del film) e i temi sono, come da copione, motivi retro synthwave che costituiscono il perfetto contrappunto a questa cartolina “dal futuro degli anni ’90 come lo si immaginava negli anni ’80”. Anche gli effetti sonori sono più che egregi, con un forte accento posto sul rumore dell’esplosione del corpo dei nemici colpiti dal blaster, e su tutti i movimenti metallici della vostra bmx.
Il futuro, nello specchietto retrovisore di una BMX

In conclusione, Turbo Kid è un metroidvania che invoglia a calarsi nell’atmosfera del lungometraggio da cui è tratto e che centra in pieno la sua natura di sequel (mentre attendiamo quello filmico, che forse non arriverà mai). Come metroidvania, meriterebbe di essere provato e gustato anche solo per la fisica della bicicletta, che non è un semplice mezzo di trasporto, ma che rende il level design un vero “bike park”. Il gioco inciampa in una difficoltà “artificiale” data dal posizionamento e dalle animazioni dei nemici di base e da un sistema di salvataggio che fa risorgere anche i nemici (pur non trattandosi di un soulslike) in modo arbitrario. Davvero, rimane un pizzico di amaro in bocca per il capolavoro assoluto che questo titolo avrebbe potuto essere, se le fasi di combattimento fossero state all’altezza di tutto il resto.
Tuttavia, se siete anche solo appena interessati a un action-platformer su due ruote, impegnativo, con una perfetta caratterizzazione retrofuturistica, tanti personaggi da conoscere e valide motivazioni per esplorare, sappiate che Turbo Kid è così avanti che guardando dietro di sé (tra un nemico e l’altro) ha visto il futuro.




























































