Minoria – La recensione delle streghe in abito da suora

Minoria Cover
Dopo Momodora: Reverie Under The Moonlight, suore e streghe si danno battaglia nella recensione di Minoria, action-platformer con una mezza dimensione in più.

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Genere: Metroidvania/ Action-Platformer
Multiplayer: Assente
Lingua/e: Italiano

Warrior Nun(s and witches).

La poetica del gioco danza su una sottile linea.

La guerra tra sacro e profano imperversava su Nintendo Switch già dai tempi di Momodora: Reverie Under The Moonlight, titolo dello studio brasiliano Bombservice giunto sulla nostra ibrida nel gennaio del 2019. Questo Minoria, il sequel spirituale che abbiamo tra le mani, arriva sui nostri lidi un anno dopo il suo debutto su Steam.

Fui molto sorpreso dalla qualità di Momodora: nonostante il budget e l’organico contenuto del team indipendente, il combat-system e la realizzazione tecnica sprizzava qualità da ogni pixel. Per questo mi sono lanciato a capofitto sul nuovo capitolo in 2.5 D, ma vediamo se è il caso di assolverlo o di mandarlo al rogo.

Non si può negare la passione di rdein (questo il nome su Twitter di uno dei creatori del piccolo team di sviluppo) per i souls ed i soulslike, e proprio come accaduto per Momodora, le avventure di Minoria nascono come metroidvania con mappa a zone interconnesse e barra della vita corta: infatti, all’inizio e durante tutto il gioco, mentre scoprirete ogni nuovo anfratto della mappa, un paio di colpi ben assestati vi manderanno ko.

La lore di gioco non è niente che rimarrà scritto col sangue nei sacri grimori per essere tramandata alle future generazioni. Infatti, non è necessario aver giocato i Momodora per apprezzare questo, che si pone appunto come sequel spirituale (anche se ovviamente vi sono dei riferimenti e degli easter-egg disseminati ad arte, per i fan della prima ora). Le vicende seguono sorella Semilla (il personaggio che controllerete) e la sua compagna di avventure Fran, in missione per interrompere un rituale eretico a cui stanno alacremente lavorando alcune streghe: non è dato sapere se le fattucchiere che l’Inquisizione sta cacciando siano o non siano realmente malefiche, e questo è l’unico dettaglio che spinge avanti un plot che comunque non sarà la reale ragione per cui installerete Minoria, credetemi. Esistono svariate note di un diario che, se sbloccate, tenteranno invano di coinvolgervi in un mondo possibile che tuttavia resta fortemente prevaricato dalla componente di combattimento del gioco.

Più che suora…Zuorraaa!!!

Come in ogni action-platformer dagli scontri tecnici, avrete a disposizioni un attacco base, che può dar vita a una combo attraverso le ripetute pressioni del tasto relativo, una schivata con svariati frame di invincibilità (e non c’è barra della stamina, per fortuna, quindi potete utilizzarla quante volte volete) e un parry tanto difficile da eseguire quanto devastante per gli avversari che vi si pareranno di fronte, rimanendo spesso storditi e proni al contrattacco. Il combat-system è senz’altro il lato meglio riuscito di questa produzione, grazie anche ad un sistema di “cancel” che vi permette di passar da una sequenza d’attacco ad una schivata in modo molto reattivo.

Esiste inoltre un attacco caricato che può essere utilizzato una singola volta (e si ricarica ad ogni “boccetta d’inchiostro” ovvero punto di salvataggio e respawn post-mortem, equivalente dei “focolari” soulsiani) e che risulta imparabile anche per i boss, nonché spettacolare nel suo scatenarsi per tutto lo schermo.

Ecco un focol…ehm, un inchiostro per salvare.

I normali nemici mob diventano in breve tempo carne da macello (tanto che è possibile “palleggiarli” per guadagnare maggiore esperienza), mentre la vera soddisfazione si prova soprattutto nelle sfide contro i boss umani, tra lancio di magie e schioccare di lame, e contro quelli magici, a volte così grandi da riempire quasi tutto lo schermo.

Ho forse detto magie? Si, l’ho detto. Uno degli item che arricchiranno ed espanderanno le strategie nei combattimenti sono gli incensi: potrete equipaggiarne fino a due passivi e tre attivi.

Quelli passivi ovviamente vi conferiranno dei doni che si attiveranno automaticamente, come ad esempio, recuperare il 2% di punti vita ogni volta che ucciderete un nemico, o godere d’invincibilità temporanea dopo l’utilizzo del corrispondente incenso attivo che utilizzerete per curarvi.

Quelli attivi invece possono essere considerati alla stregua di vere e proprie magie da lanciare per un tot di utilizzi (sempre ricaricabili alle boccette d’inchiostro di cui sopra) ben indicato a schermo: potrete, infatti, coprire il nemico di fulmini o riempirlo di dardi magici. Gli incensi attivi si potranno alternare durante la battaglia tra quelli precedentemente equipaggiati nei tre slot a disposizione, ma gestirli in tempo reale risulta estremamente macchinoso: potrete infatti scorrerli attivando la pressione di uno dei tasti dorsali, ma ciò non vi permetterà di scegliere puntualmente l’effetto desiderato (una ruota delle abilità forse poteva aiutare) mentre menate a destra e manca; questo difetto è amplificato in particolar modo proprio contro boss e midboss, quando una selezione rapida e precisa di un’abilità può fare veramente la differenza tra la vita e la morte.

Non riesco a guardarti bene negli occhi, caro midboss.

Ogni uccisione vi farà comunque guadagnare punti esperienza che aumenteranno il livello del vostro personaggio: al completamento di ogni livello, la vostra suora riceverà un buff alla salute e ad altre statistiche in modo totalmente automatico.

La presenza di queste abilità controbilancia la mancanza di quelle che ci aspetteremmo in un metroidvania di stampo classico. Il gioco vi incoraggia all’esplorazione, ma lo sblocco di nuove aree precedentemente irraggiungibili (tipico del genere) è solo subordinato al ritrovamento di alcune chiavi che apriranno l’anfratto che “tanto” desideravamo raggiungere.

La mappa è spartana, ma almeno i punti di salvataggio sono visibili.

Questo espediente rende chiara la volontà da parte del team di sviluppo di porre l’accento sul combattimento, piuttosto che sull’esplorazione tramite nuovi poteri acquisiti (come invece accade in Hollow Knight, o in Shantae and the Seven Sirens): anche per questo le zone risultano brevi rispetto alla media del genere, esiste un solo shop in tutto il gioco, ed il backtracking (quel fenomeno per cui si ripercorrono più volte gli stessi meandri della mappa alla ricerca di sbloccabili o esperienza) è ridotto al minimo.

A conferma di quanto appena detto, il level design non è particolarmente ispirato, e le stanze contenute in ogni singola zona si susseguono tutte in modo abbastanza blando, attestandosi sul minimo sindacale: non rimarremo distratti ad ammirare la bellezza dei fondali, ma neanche gli artwork più in generale, questo anche tra sezioni geograficamente diverse della mappa.

Le passerelle traballanti che cadranno sotto il vostro peso si confonderanno con lo sfondo, forse per aumentare artificiosamente la difficoltà di alcune sezioni; il platforming risulterà un di più che forse poteva veramente essere tralasciato in favore di una miglior realizzazione degli ambienti e dei livelli: vi ritroverete a saltare da un cespuglio all’altro, che (non si sa bene in base a quale legge della fisica) vi sparerà nella stratosfera, con un animazione che la vostra memoria muscolare continuerà a considerare aleatoria anche dopo diversi tentativi.

Il cespuglio spicca nel blando design, per un platforming di cui non sentivamo il bisogno.

In un altro livello, vi ritroverete ad affrontare sempre la stessa meccanica che si basa esclusivamente sulla rottura, in salto, di catene che reggono piattaforme che vi permetteranno di proseguire oltre un ostacolo: ogni volta, la soluzione è chiara e spiattellata davanti ai vostri occhi e il livello di sfida di questi enigmi ambientali sembra quasi prendere in giro l’intelligenza del giocatore.

Tutto questo probabilmente per non appesantire il comparto tecnico che finalmente, è il caso di dirlo, funziona alla grande e senza troppi rallentamenti sia in docked che in handheld: il gioco in questa iterazione utilizza (per la prima volta nella serie) una grafica 2.5 D, che sostituisce i pixel dei precedenti Momodora. Bisogna certo apprezzare il tentativo del piccolo team di sviluppo di passare a questa veste più corposa e moderna, ma è necessario anche dire che all’atto del gameplay poco o nulla è cambiato in meglio: sta dunque al singolo giocatore valutare l’effettivo arricchimento portato all’aspetto complessivo del titolo da questa scelta stilistica.

Uno shop unico…nel senso che ce n’è veramente soltanto uno.

La colonna sonora invece, per quanto basata sulla prevalenza del pianoforte, è estremamente piacevole e ricorda sempre un po’ quella cupa e triste del gioco del cavaliere insetto già precedentemente menzionato.

Le suore vi terranno impegnate nella battaglia contro le streghe per 5 o 6 ore circa, senza contare le inevitabili morti in cui incapperete. Se voleste spremere fino al midollo il vostro eventuale acquisto, potreste anche lanciarvi nel new game plus (spoiler!) che espande l’offerta ludica con nemici più agguerriti, la possibilità di teletrasportarvi ovunque per completare la mappa al 100%, un ingrandimento dello shop nella libreria e l’accesso ad alcuni item ancora più potenti (pur mantenendo tutto quello che avete guadagnato nella precedente partita) da usare anche in una nuova stanza per la modalità sfida (fine spoiler!)

Un titolo da mandare al rogo o da assolvere?

Avrei altri due incensi attivi, ma non chiedetemi di cambiarli proprio ora.

Quando acquistai Momodora: Reverie Under the Moonlight, fui ben più impressionato rispetto alle prime vibrazioni che ho ricevuto da Minoria: il gioco fa tutto egregiamente, ma niente riesce veramente ad issarsi al livello dei capostipiti del genere (ormai assai saturo su Switch) tranne forse l’azione nei combattimenti. Le meccaniche da rpg sono ridotte all’osso e le abilità acquisite dagli incensi non diventano nuove meccaniche che amplificano il godimento dell’esplorazione della mappa.

In un panorama che propone capolavori a tutto tondo come Hollow Knight, o ottimi giochi dalla lore fortemente caratterizzata come Blasphemous, o ancora i divertenti enigmi ambientali di Shantae and the Seven Sirens, Minoria ha la bacchetta magica molto più corta rispetto agli altri.

Al netto di alcune caratteristiche tralasciabili (platforming ed enigmi ambientali poco ispirati) e di un’accesso al controllo degli incantesimi migliorabile, consiglierei questo titolo sicuramente a chi ha giocato i Momodora, ma anche a chi ha terminato tutti i metroidvania più blasonati e necessita ancora di un’iniezione rapida di azione in salsa souls con poche pretese, per quanto sviluppata da uno studio indie molto promettente.

Speriamo che il già annunciato ritorno ai pixel, per i prossimi capitoli di Momodora, dia modo a Bombservice di concentrarsi su gameplay, ambientazioni e/o novità foriere di un vero vantaggio competitivo per questa serie, che in questa iterazione annaspa per non annegare nella mischia.

Siete pronti al salto della fede?

Dopo Momodora: Reverie Under The Moonlight, suore e streghe si danno battaglia su Nintendo Switch in questo action-platformer con una mezza dimensione in più.
Salto della fede o…dell’eresia?
Ho purificato streghe per circa 6 ore nella campagna principale in docked ed in handheld (ma non ho voluto proseguire con il new game plus), grazie al codice gentilmente fornito dal publisher.
Pro: Fa tutto abbastanza bene, sopratutto il combat-system e la stabilità del comparto tecnico…
Contro: …tutti gli altri fanno molto di meglio, in ogni aspetto di gioco.
7.0

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