Una pistola con sei colpi, un fucile, non serve altro…
Che fare in un pomeriggio accaldato di settembre col proprio Nintendo Switch? Un’idea da prendere in considerazione potrebbe essere quella di fare due passi all’inferno, magari in compagnia di Ron Perlman, unico vero interprete cinematografico di Hellboy e carismatica voce narrante delle nostre avventure in West of Dead.
Le premesse sono interessanti, se non fosse che ci ritroveremmo in un luogo desolato, difficile, un labirinto che ogni volta si schiude a noi in modo differente e ogni volta, ogni, maledetta volta, finiamo per morire.
E ogni volta che ci sentiremo forti e preparati, verremo uccisi brutalmente da nemici sempre aggressivi, per ritentare ancora e ancora.
La prima cosa che salta all’occhio in West of Dead è l’accattivante stile grafico in cel-shading, forti tinte cromatiche immerse in ambienti bui, oscuri, visibili solamente al nostro passaggio, muniti dell’indispensabile torcia. Uno stile ruvido e spigoloso che immediatamente ricorda le tavole di Mike Mignola, creatore e disegnatore proprio del sopra citato Hellboy.
L’avventura comincia nella tetra Purgatory, simil-cittadina in cui comincia l’avventura, un luogo in cui si recano le anime dopo essere morte e in cui vi fanno ritorno quando il loro viaggio termina, per ricominciare nuovamente. Nei panni di Mason, pistolero che ha perso da poco la vita e senza alcun ricordo, cominciamo un cammino caratterizzato da chiaroscuri, in un ambiente ostile dove la luce raramente filtra.

West of Dead è un roguelite strategico, per chi non avesse familiarità con il genere, si tratta di titoli in cui ogni volta che veniamo sconfitti, ricominciamo l’avventura dall’inizio, mantenendo poco o nulla delle armi, dell’equipaggiamento conquistato e con tutte le statistiche di crescita azzerate. Un genere in cui l’abilità del giocatore è fondamentale per arrivare in fondo, imparando a conoscere i nemici e le loro tattiche di attacco, imparando a conoscere l’equipaggiamento che ci verrà fornito e scegliere cosa utilizzare, di labirinto in labirinto.
I dungeon sono generati in maniera procedurale, ogni partita comincia nel bar di Purgatory, prosegue per le cripte, per la miniera, per le montagne ma ogni area è diversa a ogni partita.
La conformazione delle stanze, i punti di teletrasporto e i forzieri sono ogni volta differenti e ogni partita è sempre differente dalla precedente.

Come detto, West of Dead richiede di affinare la propria strategia a ogni tentativo per andare avanti e sopravvivere il più a lungo possibile.
Siamo nel selvaggio West e come da tradizione le pistole la fanno da padrone. Una volta impugnate la sei colpi e il fucile fornite di default, iniziamo a uccidere affidando le due armi ai dorsali ZL e ZR.
I nostri avversari si trovano nel buio delle stanze, in attesa. In ogni area di combattimento sono presenti numerose coperture dietro cui nascondersi per trovare riparo dal fuoco avversario, ricaricare e colpire al momento giusto. Dopo un certo numero di colpi avversari la copertura verrà distrutta e prima della sua rigenerazione in una manciata di secondi, dovremo spostarci tentando di schivare i colpi avversari, feroci e senza tregua.
Ogni arma possiede un caricatore con proiettili contati, con ricarica automatica e un certo livello di potenza. Armi più forti possono essere trovate proseguendo nel labirinto o acquistate dal mercante, sempre presente in nostra attesa e capace di procurarsi arsenali incredibili.
Praticamente, il cugino del mercante di Resident Evil 4.

West of Dead non è uno shooter frenetico, le battaglie richiedono calma e strategia, un’attenta pianificazione e uno studio accurato delle mosse dell’avversario. Un singolar tenzone con il nemico nascosto, come la tradizione Western impone. Avanzare nell’avventura significa però anche incontrare nemici sempre più aggressivi e preparati e bisognerà cambiare il proprio approccio di conseguenza.
Il tempo di attesa per ricaricare i proiettili implica il doverne sprecare il meno possibile. In nostro soccorso, nei dungeon troveremo talismani e armi ausiliarie, assegnabili ai dorsali L e R, anche questi suddivisi in diversi livelli si potenza.
Tra un’area e l’altra, incontreremo una strega che in cambio di unità di Peccato – letteralmente, le anime dei nemici sconfitti – sbloccherà nuove armi e talismani reperibili casualmente nell’avventura.
A ogni rinascita, manterremo solo i progressi fatti nel negozio della strega.
Un piccolo incentivo, che significa anche progressivamente avere la possibilità di trovare equipaggiamenti sempre più letali e potenti.

Non è ovviamente tutto oro quel che luccica. Nelle situazioni più concitate si verificano piccoli cali di frame-rate, la telecamera non è sempre perfetta e in alcuni momenti rischiamo di ritrovarci a non avere una chiara visione di quel che accade sullo schermo, lasciandoci le penne senza avere colpe.
Il problema più grande di West of Dead è però forse il mordente.
A fronte di un’avventura interessante e malinconica, narrata perfettamente da Perlman, ci troviamo davanti a un titolo di nicchia, purtroppo probabilmente destinato a una fetta ridotta di giocatori a causa delle sue caratteristiche. Affrontare un viaggio in cui i progressi vengono quasi azzerati ogni volta e in cui il giocatore non viene mai premiato può, indubbiamente, essere frustrante.
Inoltre, pur offrendo ogni area un buon numero di avversari, gli scontri risultano a lungo andare ripetitivi, senza particolari variazioni, tranne nelle battaglie con i boss.

West of Dead è un’avventura particolare, un viaggio negli inferi bui e desolati, da illuminare dotati solamente di una lanterna.
Se amate le sfide e non avete paura di ricominciare da capo, se amate perfezionare le battaglie fino a riuscire a non sprecare nemmeno un proiettile, potrebbe essere un’esperienza da prendere in considerazione.
E per gli amanti di Hellboy, ritrovare uno stile visivo ispirato a quello di Mike Mignola e narrato da una voce di spessore, potrebbe essere un incentivo in più!