Il rock è morto, viva il rock!
I tempi cambiano, tutti noi arriviamo all’età del “ai miei tempi” e uno dei campi che maggiormente risente di questo effetto nostalgia è sicuramente quello musicale. Non ce ne vogliano i giovinastri che ci leggono ma la musica odierna, sentita da un orecchio più maturo (dai, sentirmi dire vecchio mi fa ancora strano), risulta alquanto strana e di poca qualità.
Ci sono le eccezioni, per carità, ma con questa grande invasione di musica elettronica, di boy band dalla durata di uno starnuto e di trapper, sono sempre più quelli che si rifugiano nella cara e vecchia musica anni ’70 e ’80 quando, insieme alla disco music, il rock la faceva da padrona. Il rock, vero protagonista di No Straight Roads. La premessa che ho fatto in realtà non vuole solo introdurre la nostra epoca storica o essere la lamentela di un vecchio (ecco, l’ho detto) nostalgico, ma è anche il background che dà inizio al plot di questo indie game nato dalle menti di Wan Hazmer, lead game designer di Final Fantasy XV, e Daim Dziauddin, concept artist di Street Fighter V.

Il rock deve tornare di moda
I protagonisti di No Straight Roads sono Mayday e Zuke, rispettivamente la chitarrista e il batterista di un duo rock chiamato Bunk Bed Junction. I due vivono a Vinyl City, una città sotto il controllo della NSR, un’organizzazione che fa della musica EDM (Electronic Dance Music) il motore della città, bandendo qualsiasi altro tipo di musica, rock compreso ovviamente.
Ho detto “motore della città” non a caso: l’elettricità è davvero prodotta dalla musica e il rock non è più ritenuto abbastanza potente da poter alimentare una città, motivo per cui tutti i cittadini sono ormai ipnotizzati da una persistente musica elettronica riprodotta da altoparlanti sparsi per la città e dai concerti dei più grandi artisti di questo genere, tutti appartenenti all’NSR.
I nostri protagonisti decidono quindi di partecipare ad un programma (una sorta di X-Factor) per poter mostrare a tutta la città come il rock sia ancora all’altezza: sarà un fiasco. Nonostante il “musicometro” segni una potenza assurda, dall’alto della loro insindacabile giuria gli NSR decidono che quel pezzo non sia adeguato alla città di Vinyl City, tanto da espellerli dal concorso.
Mayday e Zuke ovviamente non ci stanno e decidono quindi di ribellarsi al sistema: il loro compito sarà portare di nuovo in auge il rock, facendo capire come questo genere musicale sia migliore dell’EDM.

Alla ricerca del concerto migliore
La storia è molto semplice e si basa, come spesso accade, sulla lotta tra il presunto bene e il presunto male, tra i piccoli e i grandi, tra i deboli e i potenti, tra le minoranze e le maggioranze. Di certo in un gioco come No Straight Roads non ci si aspetta una trama profonda, ma quel poco che viene raccontato fa il suo dovere, con tanta ironia, senso di giustizia e un messaggio di fondo che fa riflettere durante i titoli di coda.
Ma cos’è, in termini di gameplay, No Straight Roads? Ci troviamo di fronte ad un action adventure rhythm game; già, tutto insieme. Quel che Hamer e Dziauddin hanno voluto creare è infatti un gioco basato totalmente sulla musica, ma che non fosse il classico rhythm game in cui bisogna premere dei pulsanti a tempo, ma avere una vera e propria avventura. Come intuibile, quindi, nei panni di Mayday e Zuke ci dobbiamo muovere in Vinyl City con l’obiettivo di liberare i vari distretti conquistati dall’NSR e la sua musica elettronica e, per farlo, bisogna semplicemente sconfiggere i boss che ci si pongono davanti.
No Straight Roads effettivamente chiede solo questo: i livelli di gioco sono solo delle boss battle precedute da più o meno brevi sessioni platform, un piccolo tallone d’Achille visto il sistema di controllo non proprio preciso. Capita infatti di non riuscire a tarare bene i salti e cadere nel vuoto, almeno fin quando non si sblocca il doppio salto che, seppur non risolvendo del tutto la cosa, riesce a mettere una pezza all’eventuale errore del primo salto.

Quel che il giocatore deve fare in No Straight Road è girovagare per i piccoli quartieri della città per raccogliere sticker (utili per potenziare Mayday e Zuke), per parlare con gli NPC e per giungere al boss che, una volta sconfitto, ci darà l’accesso al successivo distretto. Nulla di particolarmente complicato dunque e, anzi, forse sarebbe stato più apprezzabile avere anche qualche livello vero e proprio che potesse anche aumentare la longevità. L’avventura principale, in effetti, offre davvero poco e portare a termine la storia porta via qualche manciata di ore.
Bisogna però dire che la rigiocabilità è molto alta, visto che per sbloccare tutti i collezionabili e i power-up è necessario battere i boss a diverse difficoltà, con rispettive valutazioni finali che più alte sono, più fan del rock portano dalla nostra parte. Questi fan non sono poi fini a se stessi: in un certo senso possiamo considerarli la “moneta di gioco” visto che più ne abbiamo più potenziamenti possiamo sbloccare.
Parlare del gioco quindi porta inevitabilmente a parlare delle boss battle visto che, essenzialmente, scontrarci con loro occupa il 90% del tempo di gioco. Ognuno dei boss è specializzato in un genere musicale, tutti però accomunati dalla musica elettronica, e chi più chi meno, sono tutti splendidamente caratterizzati. Ognuno di loro ha un background storico, ognuno di essi suona per un motivo, nessuno di loro riesce a farsi odiare come un cattivo dovrebbe fare.
Anzi, due di queste boss battle sono così geniali, così ben pensate, offrono una OST così spettacolare che vorrete affrontarli più e più volte, cosa che effettivamente il gioco richiedere di fare, quindi l’intento degli sviluppatori è centrato in pieno.

Come già detto, la trama è semplice e si segue bene, ma il motore di tutto sono proprio i due protagonisti, soprattutto Mayday. Mi sono bastate poche decine di minuti per amarla: irriverente, solare, ingenua, a modo suo affettuosa, tutto l’inverso del più pacato e riflessivo Zuke, insomma una coppia che si completa a vicenda. Una coppia perfetta non solo caratterialmente, ma anche sul campo di battaglia: se la chitarrista infatti è più agile nel muoversi ma più lenta e potente negli attacchi, il batterista è lento nei movimenti ma molto più veloce nell’attaccare con le sue bacchette, pronto a creare combo degne delle migliori rullate di batteria.
I due personaggi sono sempre insieme ed è possibile cambiare tra l’uno e l’altro ogni volta che si vuole: inizialmente la mia idea era di giocare sempre e solo con Mayday (ve l’ho detto, la amo), ma alla fin fine alcune situazioni e potenziamenti esclusivi di Zuke mi hanno portato ad usare anche lui, oltre al fatto che cambiare personaggio permette a quello in “riserva” di recuperare energia.
A parte qualche intoppo nella fisica e nel sistema di controllo non precisissimo, posso affermare che lato gameplay No Straight Roads è promosso, seppur con qualche riserva. I problemi, e anche gravi, nascono quando ci si sofferma sull’aspetto grafico.

Note dolenti
Artisticamente parlando il gioco è meraviglioso: il character design è particolare e l’ho apprezzato molto, i tantissimi effetti neon, di luce, le coreografie, i balletti, le inquadrature, tutto è pensato per rendere il gioco un rhythm game sotto forma di avventura e il compito è stato portato a termine nel migliore dei modi. Purtroppo però lato tecnico, su Nintendo Switch, siamo di fronte ad una situazione quasi disastrosa.
Mi piange davvero il cuore dirlo, perché ho amato tantissimo No Straight Roads e fin dal primo trailer ne sono rimasto incantato, ma il lavoro di conversione sulla console ibrida è stato davvero pessimo. Durante le boss battle, con stage piccoli quindi, il gioco gira fluido a 60fps e solo raramente ho visto dei cali, così come la risoluzione arriva senza problemi ai 720p.
Tutto cambia però quando si è a Vinyl City. Risoluzione che cala a picco, tanto che l’aliasing distrugge qualsiasi elemento a schermo; effetto pop-up perennemente presente, con edifici e qualsiasi “pezzo” di città che si carica solo una volta avvicinatosi abbastanza, così come texture un po’ pigre. Alcune scritte poi sono troppo piccole, tanto da risultare illeggibili in portatile, così come altre scritte così in bassa risoluzione da diventare sfuocate e sgranate. Inoltre con il continuo caricamento degli elementi a schermo i viaggi nei vari distretti sono continuamente interrotti da mini-freeze, rendendo quindi i 60fps degli scontri con i boss un desiderio costantemente bramato ma mai esaudito.
Come se non bastasse, il gioco soffre di diversi bug che una volta mi hanno costretto a ripetere una boss battle, altre volte mi hanno permesso di accedere in zone accessibili solo sbloccando delle abilità che ancora non avevo, o ancora la minimappa mi segnava dei boss completati facendomi quindi pensare che ci fosse altro da fare, quando in realtà non era così. Insomma, sotto questo punto di vista sembra di giocare ad una versione beta.
Fortunatamente il disastro tecnico è completamente assente nel reparto sonoro, e sarebbe stato davvero grave il contrario in un gioco che fa della musica il suo punto di forza. Una colonna sonora eccezionale, con qualche pezzo più memorabile di altri, ma tutti orecchiabili e perfetti per ciò che devono fare. Durante le boss battle lo stesso pezzo andrà a modificarsi in base all’andamento della battaglia: partendo dalla EDM, più si gioca bene più lo stile cambia virando sul rock, dando un vero senso di potere e di convinzione che si stia riuscendo a cambiare le cose. Ottimo anche il doppiaggio inglese, con diversi accenti e una recitazione di qualità.

Una chiusura degna di un concerto rock
No Straight Roads nelle intenzioni voleva lasciare il segno come un’avventura spensierata, senza troppi fronzoli, tutta basata sulla musica e, in un certo senso, in tutto questo riesce perfettamente. Purtroppo però l’esperienza su Nintendo Switch è pesantemente minata da un comparto tecnico insufficiente e qualche bug di troppo: nulla che un aggiornamento non possa risolvere e anzi, spero proprio che gli sviluppatori lo facciano perché questo titolo non può e non deve essere rovinato da un lavoro di porting così pigro, cosa che va ad offuscare tutto ciò che di buono c’è in No Straight Roads.
La musica rock deve tornare in Vinyl City e dare una mano a Mayday e Zuke è una missione che si dovrebbe portare a termine con piacere, ma con questi problemi si rischia di lasciare tutto in mano all’EDM, alle boy band, alle idol e alla trap. Noi vecchi non vogliamo questo no? Speriamo nemmeno gli sviluppatori.