Tranquilli, non è un MMO, è veramente un action-RPG.

Siete in astinenza da Zelda, o semplicemente vi manca un titolo che vi tenga impegnati per ore, un gioco d’azione, ma in realtà multidimensionale e profondo, pieno di quest e con un gusto per l’esplorazione e la ricerca vecchio stile, senza troppi indicatori e marker, che vi premi per aver infilato quello strano corridoio tra le rocce?
Magari vorreste anche delle ampie sezioni puzzle, diversi alberi delle abilità e perché no, qualche sfida di puro platforming per raggiungere un oggetto potentissimo, pur sapendo che potreste completamente evitarlo e proseguire nella quest principale?
Ragazzi, è uscito CrossCode anche su Nintendo Switch, e la sua definizione risponde praticamente a tutte le domande precedentemente poste. Quello che forse vi chiederete è come abbia fatto questa gemma (perché vi posso già svelare che lo è) a sfuggire al vostro radar, ma per fortuna siamo qui per parlarne. Eppure, l’avevate visto, in un Indie Highlights di inizio 2019. Non ci credo che non vi guardiate le presentazioni Nintendo con estrema attenzione.

Il concept iniziale del gioco è stato svelato circa cinque anni fa da Radical Fish Games: la volontà dello studio era manifesta, unire lo stile degli RPG SNES degli anni d’oro con un combattimento e un sistema di puzzle ispirate chiaramente al buon Link, ma comunque con l’intento di presentare qualcosa di nuovo e anche qualcosa in più rispetto a quello che il canone faceva pensare.
Il setting del gioco è un inception. Dopo una intro volutamente enigmatica vi risveglierete nei panni di Lea, un avatar che è appena (ne siamo sicuri?) giunto su Crossworlds, un MMO di nuova generazione ambientato in un luogo reale (qualcuno ha detto WestWorld?) su un altro pianeta, realizzato attraverso “instant matter”, una materia prima controllata elettronicamente che permette l’esistenza di questa nuova realtà giocabile.
Lea è essenzialmente muta per un difetto di programmazione dell’interfaccia di gioco, ma inizia la sua ricerca delle memorie perdute assieme alla riacquisizione del linguaggio. Esiste una connessione tra l’avatar che impersoniamo nel flahsback introduttivo ed il risveglio di Lea? Esiste un dono finale dietro la tecnologia dei vari templi da esplorare su Shadoon e come si lega con il fatto che forse non è la prima volta che Lea si risveglia in CrossWorlds?
Ridere di se stessi per operare ottime scelte di design.

L’intera schiera di coloratissimi personaggi, quindi è cosciente di interagire in un mondo di finzione e i dialoghi si soffermano continuamente a commentare il “gioco nel gioco” stesso oppure le quest, e rompono più volte la quarta parete (ma essendo la quarta parete di una quarta parete, diventa la sedicesima parete?). Questo tipo di autocoscienza e di metadiscorso continuo su CrossWorlds lascia intendere che ogni scelta di gameplay è stata presa in piena consapevolezza dagli sviluppatori.
Ad esempio, all’inizio potrà risultarvi piuttosto faticoso abituarvi al design isometrico della mappa, che non si è limitato alla semplice esecuzione da classico RPG, ma ha aggiunto la dimensione della verticalità e l’interconnessione di ogni quadro con il precedente. A volte l’ingresso del rilievo che permette di raggiungere il loot isolato al centro dell’attuale schermata, si trova 3-4 schermate indietro ed è proposto tramite un approccio al design non lineare. Niente tunnel alla Final Fantasy XIII insomma. L’esplorazione diventa quindi hardcore, ma non per la difficoltà nella sopravvivenza, quanto per l’ingegno con cui dovrete disegnare il percorso, magari anche tramite delle fasi di parkour o di platforming.
Se avete compreso questo concetto capirete come i puzzle ambientali risultino potenziati ed arricchiti dal level design. Non si tratterà mai soltanto di attivare la tal leva o premere il tale pulsante, ma di farlo alla giusta altezza. Questa scelta dei programmatori, che lo ammetto, può generare un po’ di frustrazione nel giocatore moderno, eleva questa produzione a molto di più che un semplice calco dei capostipiti del genere. Gli enigmi richiederanno anche una certa dimestichezza con geometrie da giocatore da biliardo: nel contesto di questo MMO fittizio, Lea impersona proprio la classe Spheromancer i cui attacchi avvengono tramite palle da lancio con cui cercare traiettorie creative e ingegnose angolazioni che varieranno ulteriormente la difficoltà generale dei rompicapi da risolvere.

Che combattimento indossiamo oggi?
Ed il combattimento? Oltre all’attacco a distanza citato poco fa, la nostra eroina disporrà anche di una tecnica melee da alternarvi sapientemente, in quanto i 120 tipi di nemici e gli oltre 30 boss sono bilanciatissimi nell’esporre i vostri punti deboli sia in corpo a corpo, che da lontano. Potevo essere già soddisfatto del primo skill tree generico, ma dopo uno dei primi dungeon ho scoperto che si sbloccano quattro ulteriori skill tree elementali, proprio per il fatto che la nostra Lea acquisirà i poteri dell’Heat, Cold, Shock e Wave. Le abilità elementali sono attivabili e disattivabili con una semplice pressione del pad direzionale, così da evitare l’elemental overload (l’utilizzo eccessivo degli elementi anche in concatenazione l’uno con l’altro) il cui indicatore scende più velocemente se torniamo alle skills neutrali. Il gioco limita questa possibilità proprio perché le build e le concatenazioni di tecniche possono diventare potentissime e spettacolari e sarà divertentissimo capire quali funzionano in modo sinergico. Combinando queste possibilità con l’affiancamento di un compagno controllato dalla IA in combattimento (purtroppo al momento è possibile farsi aiutare da un solo personaggio per volta) capirete che l’assenza dei più canonici scontri a turni non si fa certo sentire.

Un plauso a Deniz Akbulut, il creatore della soundtrack, densa quasi quanto il gioco in sé, ma al tempo stesso orecchiabile e per quanto eseguita con strumenti moderni, capace di restituire identità a una data zona od a incontri con personaggi ricorrenti proprio come accadeva nei classici RPG a 16 bit (qualcuno ha detto Pokémon?).
Il gioco è tentacolare, ma meraviglioso nella sua semplice pixel art e questo gli permette di girare sia in handheld che in docked senza particolari problemi. Solo una volta ci è capitato di incontrare un bug audio in un dungeon, nel quale la traccia si interrompeva improvvisamente senza motivo per poi riprendere più avanti; abbiamo anche riscontrato qualche rallentamento nei caricamenti dei menu dell’equipaggiamento e degli oggetti: tuttavia Radical Fish Games ci ha confermato di essere già al lavoro su una patch.
Considerata l’estensione e la varietà delle meccaniche e dei biomi presenti, le magagne tecniche appena citate non inficiano la bellezza dell’opera, ma siamo anzi contentissimi di sapere che saranno presto risolti.

Allora ti accorgerai che non è CrossCode a piegarsi, ma sei tu stesso!
La vostra ascesa all’interno del mondo di Crossworlds poi si rivela estremamente flessibile: l’espediente dell’ambientare il titolo in un MMO trasforma l’RPG in open world ed i menù terranno in ordine tutti i vostri oggetti e le quest da completare, con tanto di livello di difficoltà e ricompense chiaramente indicate; se siete fan delle miriadi di quest di Xenoblade Chronicles qui troverete pane per i vostri denti. Si va infatti dalle classiche fetch quest, a missioni incentrate sulla caccia di nemici particolarmente temibili, a sfide parkour/platform che utilizzeranno tutta la vostra memoria muscolare (Lea salta in automatico, ma credetemi che alcuni passaggi li dovrete mandare a memoria). La maggior parte di quanto appena descritto è totalmente opzionale e il gioco può anche essere affrontato senza passare gradualmente dai vari incarichi, con il risultato che la difficoltà si impenna e chiama a gran voce gli amanti delle speedrun.
Inoltre l’economia di CrossWorlds si basa anche sul baratto dei drop dei vari nemici per l’ottenimento di alcuni equipaggiamenti o oggetti assai più potenti dei singoli materiali originari. Nonostante la protagonista acquisisca automaticamente un aumento delle proprie statistiche ad ogni livello ottenuto con l’esperienza, il vero ago della bilancia saranno gli oggetti, anch’essi dotati di livello ed equipaggiabili negli appositi slot: gli item aumenteranno in proporzioni molto maggiori le stat di Lea ed è proprio l’ottenimento di questi che può abbreviare o allungare a dismisura l’avventura. A seconda che vi concentriate su ogni singola quest per sbloccare gli item in modo progressivo o che tentiate subito l’avanzamento puntando alle missioni più difficili con premi maggiori, potrete terminare il gioco in un tempo che va dalle 30 alle 80 ore circa.

Dalla versione per personal computer sappiamo che sono in arrivo anche aggiornamenti in forma di DLC, che arricchiranno l’esperienza post-game ed un mio desiderio personale resta quello di vedere, un giorno, la possibilità di impersonare anche le altre classi dei personaggi di questo MMO, che al momento purtroppo rimangono solo descritte nella narrazione.
Inception riuscita?
Se vogliamo guardare ai difetti di CrossCode possiamo dire innanzitutto che il gioco è attualmente disponibile solo in inglese e che il pacing vive di compartimenti stagni tra le fasi di esplorazione e le fasi dungeon: proprio in questi ultimi si raggiungono i ritmi e i momenti migliori di gameplay, e sempre in questi l’esplorazione è funzionale alla risoluzione degli enigmi e ben amalgamata con le fasi di combattimento e boss sempre spettacolari.
Ciò purtroppo non accade nelle fasi più distese di passaggio da una zona alla successiva e nelle varie quest (ovviamente con diverse eccezioni), in cui il gioco rallenta e non riesce a combinare perfettamente tutte le sue dimensioni.

Tuttavia il titolo ricompenserà sempre il giocatore, per essere entrato in un anfratto apparentemente inaccessibile (e credetemi, non siamo più abituati a vedere le stanze segrete in 16-bit isometrici) o per aver voluto scoprire il termine della campagna, la cui narrazione è inevitabilmente annacquata dalla mole dell’opera stessa. L’impressione è che la lunga gestazione nell’incubatrice dell’Early Access di Steam (durata quasi tre anni) abbia prodotto una crescita dal nucleo centrale di gameplay, zone e meccaniche tramite aggiunte successive di intere sezioni e questo ha probabilmente causato il non perfetto equilibrio delle parti in termini di pacing.
I difetti però sono questi, e per il sottoscritto ammontano a una decurtazione di una manciata di punti percentuali dal totalone!
La quantità di cura e la varietà di CrossCode, nonché la sua unicità nel parco giochi Nintendo Switch assieme alla possibilità di giocarlo in portatile, lo rende un acquisto imprescindibile per gli amanti di Zelda e degli action-RPG in generale. Radical Fish Games trasmette un amore per la sua opera che ho potuto notare, in un genere completamente diverso come il metroidvania, solo per capolavori quale Hollow Knight.
Se avete sempre voluto provare un MMORPG, ma preferireste farlo offline, se volete un bel gioco di ruolo con un combattimento in tempo reale sfaccettato, un atmosfera Nintendo come Nintendo non riesce a proporre da un bel pezzo, beh, è tempo di saltare nel teletrasporto con Lea. Se come me, siete convinti che i capolavori per Nintendo Switch esistano, e che vadano solo cercati, indossate il casco futuristico con le corna ed entrate in CrossCode, con poco meno di 20 euro.
