Io Nerone non lo ricordavo con le tette
Pensate agli appassionati del genere musou… non sono tantissimi. Si tratta di una tipologia di videogiochi che comunque, negli anni, ha raggiunto sicuramente un maggiore apprezzamento tra critica e pubblico, ma rimane comunque dedicata ad un bacino di utenza ridotto. E un musou dedicato ad un anime? Sicuramente interessa l’appassionato dell’anime, si spera al punto da convincerlo a giocare nonostante non trovi troppo intrigante spendere il proprio tempo su un titolo tendenzialmente ripetitivo… allontanando però chiunque non conosca il franchise e non abbia piacere di menare le mani in un contesto non familiare. E se questo musou, dedicato ad un anime, trattasse di una storia mai vista nella serie TV e strettamente collegata ad altri – discutibili – videogiochi apparsi anni prima su console portatile? Direi che abbiamo disegnato, nel complesso, un target decisamente ristretto. Cosa aspettarsi dunque da un prodotto che si colloca in una nicchia che più nicchia non si può?

Fate/Extella: The Umbral Star arriva su Nintendo Switch senza tradire la sua natura: si tratta di un titolo dedicato principalmente a tutti gli appassionati di anime, novel e videogiochi dedicati all’universo di Fate, in cui – per dirla molto brevemente – individui dotati di abilità speciali chiamati “Master” possono chiamare in battaglia personificazioni di eroi leggendari denominati “Servant”, con lo scopo di imporsi quali vincitori e vedere i propri desideri realizzati. In Fate/Extella ci troviamo in coda agli eventi di serie animata e giochi precedenti, quindi oltre ad un avvio in media res che potrebbe confondere i meno avvezzi agli eventi, si rischia anche la rivelazione di fondamentali plot twist del passato. Uomo avvisato.
La sacra guerra si è conclusa, Nero Claudius – la nostra servant di classe “Saber” (sì, i servant si dividono in classi) – ne è uscita vincitrice ed ha ottenuto l’anello Regalia, che certifica il suo dominio su tutti i servant. La fase iniziale in cui il giocatore cerca di mettersi in pari con questi eventi del recente passato, “sintetizzati” nei dialoghi tra Nero e il nostro avatar, è bruscamente interrotta dall’apparizione di Tamamo, un’altra servant (ovviamente pure in questo caso donzella e ben pettoruta) dotata di Regalia e accompagnata da un master piuttosto sospetto. Questa “Caster” (altra classe) dunque reclama il possedimento di metà del dominio di Nero fino all’effettivo chiarimento su chi sia il reale e meritevole padrone dell’anello simbolo della vittoria nella grande guerra: da qui in poi il gioco entra nel vivo, in un crescendo narrativo a tratti anche coinvolgente.

Storie di intelligenze artificiali, viaggi lunari, umanità in crisi e trasposizioni (anche ridicole) di grandi figure storiche a parte, ciò che stabilisce il mood dell’esperienza sono i dialoghi in stile graphic novel, che enfatizzano sentimenti e sensazioni chiamando in causa il discorso indiretto e le riflessioni interiori. Risultano funzionali ed efficaci nel definire i rapporti tra i personaggi, anche se spesso ballano un po’ troppo sul filo dell’imbarazzo adolescenziale e possono risultare stucchevoli, quasi fossero usciti da uno shōjo manga per ragazzine.
Meglio dunque far parlare le armi dimenticando che la protagonista del primo arco narrativo (la storia completa si dipana in quattro parti) è la personificazione di Nerone – già, proprio l’imperatore di Roma – passato chiaramente sotto la pesante e ansimante matita del fanservice. Comunque non male, tutto sommato, ma difficile da prendere sul serio se non si entra in sintonia con l’universo creato da Type-Moon.

Musou, dicevamo: impersoniamo quindi un personaggio dotato di grandi poteri impegnato ad affrontare migliaia (letteralmente) di nemici in aree di gioco abbastanza semplici. Non mancano le combo tra colpi leggeri e potenti, così come le mosse speciali che possono essere manovre ad ampio raggio per liberarsi dei nemici (Extella Maneuver), potenziamenti temporanei che ci garantiscono enormi capacità (Moon Crux/Drive) o, per concludere, il devastante Noble Phantasm, mossa caratteristica del servant che infligge danni elevatissimi utilizzabile solo una volta per missione e esclusivamente dopo aver recuperato gli oggetti necessari sparsi per la mappa.
Consci dei nostri mezzi, ci lanciamo alla conquista di tutti i territori dell’area di gioco (i classici avamposti dei musou per intenderci) per completare il “Regime Matrix” ottenendo tutte le “chiavi” necessarie a sbloccare il boss del livello. Ad ostacolarci vi saranno orde di nemici, purtroppo, tutti uguali e poco interessanti, pronti a riconquistare i nostri territori grazie anche alle “Plant” che generano in continuazione gli “Aggressors” – unità più potenti e coriacee di quelle standard. Fortunatamente il passaggio tra una zona e l’altra non è fatto di lunghe camminate ma di veloci transizioni, annullando quindi il tedio negli spostamenti e consentendo di intervenire rapidamente in caso di attacco nemico.

Il problema principale di questa sequenzialità ricade nella poca varietà degli eventi: le missioni sono molto simili l’un l’altra e le aree di gioco ben poche e prive di virtuosismi nella diversificazione. Principalmente ci muoviamo in grossi stanzoni ampi in cui dimenarci selvaggiamente per disintegrare i nemici, mentre le zone a corridoi magari rendono il ritmo più serrato e interessante ma palesano le difficoltà della telecamera a gestire questo tipo di azione in spazi ristretti. Se da un action cercate gratificazione, reattività nei controlli, sfida e padronanza del campo di battaglia, avrete qualche difficoltà ad accettare la banalità e la poca rifinitura del gameplay di Fate Extella.
Persino le missioni secondarie – che si sbloccano quando otteniamo servant aggiuntivi – falliscono nel ravvivare la situazione, rivelandosi spesso identiche a quelle della trama e quindi utili per leggere una manciata di dialoghi personali e salire di livello… non propriamente il massimo quando puntiamo ad un’esperienza longeva. D’altro canto gli elementi da graphic novel si ritrovano anche nei dialoghi tra una missione e l’altra, che consentono di aumentare il legame con il servant e sbloccare, parallelamente all’aumento di livello, nuovi slot per le abilità passive e nuove personalizzazioni.
Se dal punto di vista del gameplay è facile riscontrare criticità pesanti per tanti giocatori, va evidenziato però come dal punto di vista della presentazione Fate/Extella arrivi su Switch in modo molto positivo, offrendo una grafica molto pulita e fluida sia in dock che in modalità portatile, con hud e menù correttamente scalati e navigabili senza incertezze. L’accompagnamento audio alterna pezzi decisamente riusciti, quasi struggenti, a semplici lavori di routine comunque calzanti, trovando massima espressione nel doppiaggio giapponese che farà la felicità dei fan.
Fate/Extella: The Umbral Star è un titolo espressamente dedicato ai fan del franchise, che compensa i punti dolenti delle sue meccaniche con dosi abbondanti di ruffianeria digitale: la ripetitività potrebbe essere un prezzo adeguato da pagare quando ad ogni mossa speciale e ad ogni dialogo comunque vi troviamo appagamento per via dell’affetto che si prova verso i personaggi e la storia. Senza contare che più si va in là più emergono degli elementi fanservice che consolidano definitivamente l’opera come indispensabile per ogni appassionato di Fate, che in questa edizione per Switch troverà anche i contenuti aggiuntivi che per PS4 e Steam sono disponibili solo a pagamento.
Sicuramente non abbiamo tra le mani un capolavoro, ma la sua sola presenza su Nintendo Switch è un segnale molto positivo per quel che concerne la percezione della macchina da parte dei publisher giapponesi solitamente abituati a sviluppare su altri lidi. Trattasi inoltre di un titolo esteticamente gradevole e tutto sommato funzionante a dovere, che potrebbe dunque trovare spazio nelle librerie di chi cerca qualcosa di diverso dai tanti titoli Nintendo e su cui investire dalle 20 ore di gioco in su.