Tomorrow Corporation è ormai un’istituzione nei giochi indie, con uno stile grafico dark e riconoscibile, storie sperimentali e un gameplay immediato, questo gruppo di sviluppatori si è fatto conoscere con giochi come World of Goo e Little Inferno, due gioielli che si sono meritatamente ritagliati un posto tra i grandi titoli indie. Human Resource Machine è la loro ultimissima fatica, un titolo basato sulla programmazione che mi ha ricordato le ore passate a scuola di fronte a lunghissime righe di codice che non leggevo mai perché troppo imegnato a giocare a Pokémon e mordere i pezzi di merenda nascosta nello zaino.
Ecco insomma, come diceva il professore di Sistemi mentre mi spiegava il concetto di funzioni: “Un giorno queste cose ti serviranno!” e io “Ahahahah babbeo! Da grande sarò un Allenatore PKMN!”, inutile dire che solo uno dei due ebbe ragione.

Human Resource Machine non è proprio un gioco nel senso più ristretto del termine. Potremmo definirlo un puzzle game vestito da compilatore informatico e viceversa, un piccolo ambiente di programmazione che con l’aiuto di una storia molto semplice invita il giocatore a scrivere righe di codice via via sempre più complicate. Una premessa del genere è interessante quanto pericolosa: la programmazione è un mondo enorme non adatto proprio a tutti, ciò che davvero lega l’essere umano alle macchine è il inguaggio di programmazione, il modo attraverso il quale possiamo dialogiare con una macchina, è proprio questa la parte cruciale di un compilatore, più semplice è il linguaggio e più persone possono utilizzarlo, allo stesso tempo un linguaggio più complicato offre molte più possibilità ma necessita di conoscenze. Ehi tu, terza fila, sì dico proprio a te, smettila di giocare a Pokémon e ascolta la lezione!

La soluzione adottata da Tomorrow Corporation è quella grafica, il linguaggio di Human Resource Machine è abbastanza semplice, tutto viene controllato attraverso il touch screen del Gamepad, trascinando i comandi nel compilatore; non stiamo parlando di qualcosa di rivoluzionario per comprensibilità ma che tutto sommato riesce a compiere il suo lavoro. Così, mettendoci nei panni di un impiegato appena assunto da una società che dal primo giorno ti tratta come un numero e nient altro, il gioco ci chiede di prendere un oggetto in entrata (INBOX) e portarlo all’uscita (OUTBOX). Dopodiché nel secondo livello, ambientato un anno dopo, la compagnia decide di promuoverci assegnandoci un compito un po’ più difficile, aggiungendo però una possibilità; così, di anno in anno, il gioco propone una meccanica e immediatamente mette alla prova il giocatore con una nuova sfida, elemento tipico dei migliori puzzle game, della vita di un programmatore e perché no, di quella di un impiegato. Passerete dal sommare due numeri a creare successioni di Fibonacci come dei novelli Bill Gates, senza i miliardi di dollari però.

Nonostante il concetto semplice il gioco nasconde una grande cura dal punto di vista del controllo delle nostre azioni riuscendo a rilevare errori e mostrando attraverso i movimenti dell’impiegato cosa non vada nel programma appena compilato. Niente trucchetti, proprio come nei linguaggi C, Pascal, KOP e il dialetto Calabrese, la difficoltà sta nel dire alla macchina quello che vorremmo fare, un compito che appassiona e diverte quanto demoralizza.
Se nei primi livelli mi sono trovato bene malgrado la ruggine che circonda la sfera matematica del mio cervello, da un livello all’altro mi sono ritrovato bloccato di fronte ad un problema proprio come mi accadeva a scuola: il capo mi ha chiesto di moltiplicare due numeri in entrata, ok, peccato non esista un comando di moltiplicazione ma soltanto quello “ADD” di addiazione e “SUB” di sottrazione; allora ho pensato che per moltiplicare 2 per 3 bastasse sommare il numero 2 tre volte. Esatto, ma come fare ad automatizzare il tutto con numeri sempre differenti? Non esagero dicendo di averci pensato un giorno intero, mentre mangiavo, mentre lavoravo, mentre rigiocavo al livello fino ad avere un grande mal di testa. La soluzione stava nel comprendere a fondo la richiesta del gioco senza complicarsi la vita con formule matematiche.

Human Resource Machine svolge un discreto lavoro di tutorial ma a mio avviso compie enormi sbalzi di difficoltà e alla richiesta di aiuto “Dimmi di più” il gioco risponde quasi sempre ironicamente senza fornire indizi al giocatore, un vero peccato. La difficoltà della programmazione varia da persona a persona, ognuno ragiona in modo differente, il programma creato da me sarà senza’altro diverso da quello creato da Niccolò Emmanuele, allo stesso tempo potrei avere difficoltà in un livello da lui ritenuto semplicissimo e viceversa, perché la grande barriera della programmazione è proprio questa, possiamo parlare tutti la stessa lingua ma ognuno dialoga a suo modo.
Quando però il gioco funziona, va alla grande, sarete soddisfatti di aver completato un compito all’apparenza impossibile, io stesso ho imparato molto cominciando addirittura ad utilizzare funzioni che a scuola non avevo mai capito, ad allungare il tutto poi ci pensano le Sfide di Ottimizzazione che invitano a creare il programma con meno comandi possibili o meno azioni, utilissime per affrontare i livelli finali. Se poi vi sentiste degli assi ci sono sempre i livelli bonus che propongono situazioni ancora più assurde e talmente complicate da avermi fatto perdere i capelli e fatto crescere un paio di occhiali a fondo di bottiglia.

La storia, benché ridotta all’osso, riesce ad essere interessante. Provate a pensarci, una macchina esegue i comandi che le vengono dati, allo stesso tempo un impiegato esegue ciò che il capo gli dice di fare e così noi eseguiamo ciò che il gioco ci sta ordinando, ecco che lo stile metanarrativo dei Tomorrow Corporation salta fuori sin dall’inizio senza grandi segreti, non solo, il concetto che ogni livello rappresenti un anno colpisce profondamente nell’animo: che cosa sto facendo della mia vita? Sto giocando solo per perdere tempo?
Domande che molti free to play non vogliono porci ma che i Tomorrow Corporation non hanno paura di fare. Certo però che il problema di Human Resource Machine è anche questo, la linea tra gioco e lavoro è così sottile dal farvi dubitare più volte se vi stiate divertendo o se tutto questo sia solo un impiego noioso. Una cosa è certa, scrivendo righe di codice vi sentirete più vicini al gioco, alla console e agli sviluppatori e questo non accade tutti i giorni, non aspettatevi comunque la forza emotiva di Little Inferno.

In definitiva Human Resource Machine è un puzzle game molto particolare, per qualcuno abituato alla programmazione potrebbe essere semplice, per chi è interessato al genere potrebbe fornire la giusta sfida ma per chi non digerisce la matematica potrebbe essere addirittura problematico. La cura per i dettagli mostra un grande rispetto nei confronti del giocatore, la storia e lo stile grafico creano un’atmosfera unica ammirevole, allo stesso tempo una piccola funzione di aiuto insieme a qualche livello in più avrebbero completato l’opera.
Il gioco sceglie di essere totalmente onesto mostrando da subito il numero di livelli disponibili e basando la sua forza sulla volontà del giocatore. Siete curiosi di provarlo? L’idea di creare un programma e vederlo funzionare vi eccita? Allora Human Resource Machine è un acquisto obbligatorio. Se invece siete più filosofici e la programmazione non fa per voi, non saranno certo i Tomorrow Corporation a farvi cambiare idea.