Pensate a una tela e immaginatevi pittori. Se la musa ispiratrice si siede lì vicino a voi e sussurra dolci parole alle vostre orecchie probabilmente avrete già un’idea, vaga o concreta, di quello che accadrà da lì a poco. Se siete, poi, uno di quei pittori che durante le mostre presidiano la sala con la scusa di spiegare la vostra arte ma con l’intento di mettere a fuoco la meraviglia dello spettatore, preda dell’inaspettatamente bello, se volete imprimere su fuoco il fanciullesco ”oh” dello stupore, allora siete Nintendo.
Non è la prima volta che Nintendo consolida un gameplay con una visuale d’eccezione. Yoshi’s Island, di ben quattro lustri fa, è forse stato un caso eclatante di gioco con una direzione artistica illuminata, grazie alla quale i colori bussavano alle vitree pareti dello schermo gridando di non essere soltanto pixel e facendo innamorare tutti quei giocatori di un personaggio, Yoshi, che in Super Mario World sembrava un Denver con i colori sbagliati (a sua volta Denver è un dinosauro coi colori sbagliati, ma questa è un’altra storia).

Parliamo di un’epoca ludica in cui gli stilemi delle ip Nintendo erano ancora in divenire. Mario salta, Yoshi fa le linguacce ed espelle uova, Kirby ingloba nemici e si trasforma guadagnando nuove abilità: sono alcuni dei punti fermi in questa vita piena di incertezze. Nel caso di Kirby e il pennello arcobaleno però gli sviluppatori sono stati così intelligenti da riporre in un cassetto le trasformazioni di Kirby che avrebbero appesantito un esperienza di un gioco che richiede gesti semplici come tracciare una linea e colpire con il pennino Kirby per fargli eseguire una breve accelerazione, utile per attaccare, rompere elementi o semplicemente ottenere più slancio.
Questo gusto per l’essenzialità permette un level design ingegnoso in cui i soliti escamotage tipici dei platform vecchia scuola, tutti piattaforme semoventi e oggetti tanto appuntiti quanto indesiderati, brillano di luce nuova. Con l’unica eccezione di Kirby Canvas Course DS, di cui Kirby e il pennello arcobaleno è diretto seguito, si tratta di un nuovo modo di intendere il platform. L’intervento del giocatore consta nell’aiutare un personaggio che non possiamo controllare al 100%. Questo spinge a ricercare un’accuratezza nel tracciare le linee solitamente schivata da titoli android/iOs e azzeccare la tempistica richiede una buona osservazione dello scenario, oltre che una decisa sincronizzazione braccio-mente. Di per sé guardare l’interezza del livello e pensare di utilizzare dei controlli tradizionali è impensabile, il pennello ci porta su nel cielo aperto e poi giù il deserto, poi ancora in alto, verso posti non raggiungibili a piedi, né da Kirby né da Waddle Dee, vostro compagno in caso di esperienza multiplayer .

Precisione e mentalità open-minded richiesti, quindi. Una volta superato questo scoglio, Kirby e il pennello arcobaleno non è certo una sfida per tipi tosti, ma come da tradizione nintendiana, la crescita della difficoltà avviene gradualmente, con picchi ragguardevoli negli ultimi due mondi, e quindi negli ultimi sei livelli dato che ogni mondo è suddiviso in tre livelli da affrontare + boss finale per un totale di 7 mondi e 28 livelli, che detta così sembra poco ma che equivale almeno a sei ore di gioco, per chi è rimasto ai tempi di console mania e vuole un giudizio sulla longevità: ci siamo.
Di tutt’altra pasta la modalità sfida, che ci richiede di affrontare una serie di livelli in stile puzzle. In questa modalità si respira l’aria che un hardcore gamer vorrebbe sempre inalare, con il tempo che preme le nostre tempie e il pennino sempre più scivoloso. È qui che l’esperienza con i controlli fa sentire il proprio peso. Sebbene queste sfide riciclino qualche livello già presente nella modalità storia, si tratta di un extra che avrebbe potuto generare un altro gioco di spessore e che la solita generosità Nintendo offre come dessert a dei giocatori probabilmente già troppo sazi per gustare altro: se Kirby e il pennello arcobaleno ha un difetto è quello di non essere venduto in bundle con una confezione di acqua tonica.

Kirby e il pennello arcobaleno è un’abbuffata per l’anima, una torta della quale vuoi solo la crema e ti chiedi a che serve il pan di spagna. Non vuoi il gioco, vuoi guardare, e soprattutto non vuoi giocare sul gamepad così piccolo e inadeguato, vuoi guardare lo schermo, vuoi che quei colori entrino a far parte della tua vita e che siano in alta definizione, vuoi che la plastilina soverchi le dimensioni e ricostruisca il tuo mondo imperfetto, fatto di dover studiare/lavorare anziché giocare a Kirby. A prendere i forzieri non ti spinge la voglia di completezza provata e archiviata nel prendere l’ennesima stella di Super Mario 3D World, ma la curiosità di vedere un altro modellino di argilla, sfrontatamente hand-made, o un’altra pagina di diario, il fantastico insomma provato con Super Mario Galaxy, l’oh dello stupore che Nintendo cerca nel tuo volto.
Potrei dilungarmi citando varie sottigliezze messe in atto dagli sviluppatori per strapparci un sorriso in più, o stilare una lista delle mie tracce musicali preferite tra nuovi arrangiamenti presi dai classici di Kirby e nuovi pezzi, per un totale che supera il centinaio e che si dipana tra tanti generi e stili differenti, e altro ancora, se fossi un uomo spregevole che vuole diminuirvi l’incanto della scoperta.

Nell’impossibilità di elencare altri difetti che non sfocino nel campo dei gusti personali, tenterò l’ardua impresa di sconsigliarlo. Sconsiglio l’ultima avventura della puffettosa pallina rosa a chi non ha dimestichezza con il touch, né mai ce l’avrà, a chi non ha vergogna nel restare insensibile alla bellezza, né mai ce l’avrà. Non piacerà a chi ha un cuore troppo piccolo almeno di tre taglie e il giocatore moderno ci soffoca come in mezzo a due tenaglie. E a chi non piace l’animazione passo uno. A voi il giudizio.



























































