Abusare [a-bu-sà-re] v.intr. (aus. avere) [sogg-v-prep.arg] Fare un uso indebito, eccessivo o arbitrario di qualcosa.
No, non siete capitati in una nuova rubrica didattica sul corretto utilizzo della lingua italiana, non spaventatevi. E sì, lo so, non è il modo più convenzionale di cominciare una recensione. Vorrei però subito piazzare sotto i riflettori l’idea di fondo che mi ha accompagnato sia nei mesi di attesa del gioco, sia durante le ore passate in compagnia dello scaltro Edward Kenway e di cui tuttora sono convinto. Assassin’s Creed IV è un buon gioco, questo è innegabile. Divertente, longevo, discretamente vario, racchiude in sé, spesso anche migliorandole, buona parte delle caratteristiche già apprezzate nei giochi precedenti ed è di gran lunga il miglior esponente della serie dai tempi di Brotherhood. Il problema di fondo è che, come già avevo evidenziato in fase di preview questo Assassin’s Creed sa… poco di Assassin’s Creed.
C’è un momento, molto emblematico, che pare essere proprio il manifesto dell’abbandono dello spirito originario della serie. L’inizio della storia, praticamente in medias res, vede il nostro eroe sopravvivere al naufragio della nave sulla quale stava viaggiando e riuscire faticosamente a guadagnare terra: ripresosi dallo shock della scampata morte, si accorge di non essere il solo sopravvissuto al disastro e fa così la conoscenza di Duncan Walpole, che scopriremo ben presto essere un assassino. Le cose non vanno però per il verso giusto e la breve sequenza si conclude con una colluttazione, che vede Kenway avere la meglio: impossessatosi dei vestiti e degli averi di Walpole trova anche, ovviamente, la lama celata. Dopo averla brevemente squadrata con fare dubbioso, la scaglia, con una certa nonchalance, tra la vegetazione, ed è in questo gesto che si racchiude il senso di Assassin’s Creed IV: un divertente gioco di pirati che vive pressoché di una sua vita autonoma rispetto alla serie in cui è inserito.
Assassino per caso
In realtà, quanto sopra esposto, non rappresenta un problema insormontabile. Avendo l’accortezza di approcciarsi al gioco consci del fatto che le gesta di Altair ed Ezio siano solo un lontano ricordo, allora tutto il discorso precedente viene quantomeno mitigato. Certo, alla Ubisoft hanno fatto proprio poco per tentare di ammorbidire la deriva della serie verso nuovi lidi, e non sono certo sufficienti vaghi e sparuti riferimenti a Desmond a creare un legame di continuità sufficiente con i precedenti episodi della saga. Il dipanarsi stesso della trama ribadisce che, fondamentalmente, del secolare scontro tra Assassini e Templari, a questo gioco importa proprio poco: senza timore di rivelarvi troppo, posso anticiparvi che sarà evidente fin da subito come Edward Kenway rappresenti una figura molto bordeline nelle fila della setta degli Assassini. Se già la devozione alla causa di Ezio, scapestrato donnaiolo della Firenze rinascimentale, non poteva essere equiparata a quella di Altair, ancor meno calzante sarà il paragone con Edward, la cui motivazione a “sposare” la causa degli Assassini sarà quanto di più prosaico immaginabile.
Fatto però scattare il meccanismo mentale che vi permettere di superare questa empasse, il gioco ha indubbiamente molte frecce al suo arco per farsi apprezzare. La libertà di esplorazione, innanzitutto: il Mare dei Caraibi è piuttosto vasto e la porzione rappresentata nel gioco lo è altrettanto. La mappa è parecchio estesa, tanto che in un primo momento vi sembrerà un’impresa improba esplorarla tutta e, anche se non sarà necessario esplorarla in toto per finire il gioco, i completisti più accaniti troveranno pane per il loro denti: anche la saga Ubisoft fa così il suo ingresso nel mondo degli open world. Laddove i capitoli precedenti, in misura diversa, offrivano ambientazioni circoscritte e ben separate le une dalle altre, qui troviamo un unico, omogeneo e grande mondo esplorabile a piacimento, senza interruzioni di sorta per spostarsi tra le varie aree, ad esclusione delle tre città principali, per accedere alle quali è necessario attendere un breve caricamento. In ogni momento di gioco sarà dunque possibile scendere dalla nave, nuotare fino all’isolotto lì vicino, esplorarlo in tutta libertà, per poi imbarcarsi nuovamente e veleggiare verso una nuova meta: l’immersività ne guadagna enormemente e merito va anche attribuito all’ottima riproduzione delle ambientazioni. Il team di sviluppo merita infatti un plauso per l’impegno profuso nella ricostruzione degli scenari che hanno fatto da sfondo dell’Età d’Oro della pirateria: isole lussureggianti di vegetazione, villaggi più o meno grossi brulicanti di loschi figuri, ubriaconi e giocatori d’azzardo, canti pirateschi e un mare solcato da decine di vascelli di ogni dimensione e foggia.
Il ritmo è sempre parecchio sostenuto lungo tutto il corso dell’avventura, senza tempi morti o momenti di stanca: a questo aspetto molto giova la struttura del gioco, diviso in due parti ben definite con ognuna le sue peculiarità, ovvero le sezioni in mare, a comando della Jackdaw, e quelle più classiche a terra. Da queste ultime vi potrete aspettare ciò che la serie offre fin dal primo episodio, a partire dall’interfaccia comandi, funzionale e comoda, tramite la quale potrete sfoderare tutte le abilità atletiche e belliche di Edward. Evitando di domandarci come possa un piratucolo da due soldi eseguire acrobazie che agli altri Assassini richiedono anni e anni di duro addestramento, il meccanismo di esplorazione è molto simile a quello dell’ultimo episodio, con uno sviluppo verticale degli ambienti quasi assente, ma con una morfologia territoriale interessante, che rende l’esplorazione meno monotona e lineare, benché la varietà di ambientazioni sia, inevitabilmente, molto limitata.
Per il resto, il gioco si porta con sé i pregi e i difetti che sono marchio di fabbrica della saga, ma bisogna notare come siano stati fatti dei leggeri cambiamenti nel tentativo di esorcizzare il senso di monotonia che troppo spesso faceva capolino tra le fila di un gameplay che, specialmente nelle sue ultime iterazioni, ha mostrato evidenti segni di stanchezza. I combattimenti, per esempio, sono stati dinamicizzati un po’: nonostante i nemici conservino sempre la fastidiosa tendenza ad attendere il proprio turno prima di attaccare, gli scontri all’arma bianca sono incalzanti e divertenti, grazie anche al variegato armamentario di Edward, composto da spade e sciabole di varia fattura, l’immancabile lama celata e un set di bocche da fuoco notevole che può arrivare a comprendere fino a quattro pistole contemporaneamente. Ottima poi è stata l’introduzione della cerbottana che diventerà molto presto vostra inseparabile compagna insieme ai dardi soporiferi, soprattutto nel caso in cui vogliate privilegiare un approccio di tipo stealth nelle missioni: molto spesso sarete in realtà obbligati ad agire nell’ombra, sia perché frequentemente sarà un requisito fondamentale per ottenere la sincronizzazione totale di un ricordo, sia perché, banalmente, ci sono troppi nemici da affrontare e, alla lunga, finirete per soccombere. Una novità degna di nota, che imparerete presto a odiare, è l’introduzione di una nuova tipologia di nemico: i cecchini. Questi simpatici personaggi, che scrutano il panorama da privilegiate posizioni sopraelevate, hanno la pessima abitudine di avvistarvi anche da considerevole distanza, allarmando i loro commilitoni e impallinandovi senza pietà alcuna: sono senza dubbio i primi da eliminare, in special modo nelle missioni di infiltrazione. La loro presenza diventa particolarmente critica in corrispondenza delle “zone riservate”, aree in cui verrete marcati particolarmente stretti dalle guardie nemiche alle quali basterà notarvi per qualche secondo di troppo per far scattare l’allarme. Un altro fattore che aggiunge un minimo di profondità tattica alle missioni è la presenza, in alcune determinate aree, di una campana che i nemici si precipiteranno a suonare, in caso veniate scoperti: accorreranno così numerosi rinforzi che renderanno parecchio più complicato lo svolgersi della missione. Sarà però possibile, agendo con cautela nell’ombra, avvicinarsi e sabotare la campana in maniera da renderla inutilizzabile, ma potete anche scegliere di tenervi alla larga dalla zona, o massacrare tutti senza pietà, adottando il tipo di approccio strategico che più vi garba.
Insomma, nonostante il ventaglio di missioni a disposizione sappia di già visto (origlia e pedina, assassina su commissione, infiltrati e uccidi il bersaglio), questo capitolo di Assassin’s Creed offre, inaspettatamente, degli spunti interessanti atti a conferire una discreta varietà al gameplay proprio dove se ne sentiva maggiormente bisogno, cioè nelle fasi a terra tipiche della serie. Il cuore della produzione Ubisoft sta però altrove: visto il buon riscontro ricevuto nel capitolo precedente, le fasi al comando della nave sono state sviluppate, ampliate e rese il vero fulcro di questo gioco.
Naumachia, che passione
L’essere a capo di una ciurma di pirati implica alcuni aspetti negativi: rigida disciplina, scarsa igiene personale, pessimo cibo e niente donne a bordo. Il rovescio della medaglia è dato però dal poter comandare un’enorme nave con cui scorrazzare per il Mar dei Caraibi, cannoneggiando, saccheggiando e assaltando qualsiasi cosa capiti a tiro: ed è quello che vi troverete a fare molto spesso durante le trenta e più ore che passerete in compagnia di Edward e la sua ciurma di pirati. Diciamolo subito: durante la prima manciata di ore la cosa è molto divertente e passerete il tempo a solcare le onde in lungo e in largo, avventandovi come un furibondo Kraken su ogni vascello avvistato e fermandovi a ogni atollo a raccogliere tesori e recuperare materie prime. Man mano che il gioco procede però, incomincia a subentrare un marcato senso di ripetitività che vi porterà sempre più spesso ad utilizzare lo spostamento veloce tra le località già scoperte ed evitare il più possibile gli scontri con le navi nemiche. Nulla di drammatico, sia chiaro, in questo tipo di giochi che offrono una longevità notevole è endemico che dopo un certo lasso di tempo, variabile per ognuno, si tenda a provare sempre più senso di urgenza e insofferenza verso le fasi di spostamento (ricordate gli spossanti viaggi in mare di Wind Waker?): è giusto però anche notare come gli sviluppatori Ubisoft abbiano profuso ogni sforzo per evitare che ciò accadesse troppo presto. Il mare è vivo e pulsante più che mai, pieno di cose da fare e, benché il cuore di tutto sia rappresentato dalle furibonde battaglie navali contro i vascelli inglesi e spagnoli, vi sono altre amene attività con cui potrete intrattenervi.
Al di là della semplice esplorazione (che, comunque, complici anche degli scorci paesaggistici molto belli, è gradevole fare) potrete, ad esempio, dilettarvi nella caccia a varie specie ittiche (squali e balenottere) in una sorta di minigioco in cui, a bordo di una scialuppa, dovrete infilzare la povera bestia con degli arpioni al fine di fiaccarne la resistenza, oppure, una volta ottenuto l’equipaggiamento adatto, divertirvi ad esplorare relitti semiaffondati di vascelli alla ricerca di preziosi gioielli e meravigliosi tesori. La navigazione in sé è molto semplice, forse fin troppo, dal momento che la Jackdaw, a dispetto della stazza di svariate tonnellate, ha una manovrabilità tale da poter affrontare in scioltezza la Curva del Tabaccaio sul circuito di Montecarlo: una scelta indubbiamente atta snellire il gameplay, ma che abbassa ulteriormente l’asticella della difficoltà in un gioco che già non offre livelli di sfida particolarmente elevati.
A movimentare un po’ quella che altrimenti sarebbe stata una gradevole gita in barca ci pensano però le condizioni climatiche, veramente ben ricreate: potrete passare da una situazione di mare placido e calmo a condizioni estreme nel giro di un attimo e vi ritroverete a combattere col vento impetuoso e le onde furibonde nel tentativo di non far ribaltare la nave nella più tipica tempesta tropicale. E sì, nel caso ve lo stiate chiedendo, vi capiterà di dover governare la nave durante un tifone E dover allo stesso tempo ingaggiare un combattimento a suon di cannonate con un vascello nemico. Situazioni estreme a parte, sulle battaglie via mare è stato fatto un lavoro egregio per permettere al giocatore di divertirsi evitando di dover sacramentare ad ogni piè sospinto, in particolare sull’interfaccia comandi. Le battaglie possono essere parecchio frenetiche tra condizioni climatiche, rotta e velocità da tenere, mira da prendere e cannonate avversarie da evitare: in tutto questo la selezione dell’arma da utilizzare poteva diventare un serio problema. La soluzione proposta è invece tanto semplice quanto efficace: nessun selettore dell’arma da selezionare ma è la visuale che avete in quel momento a stabilire quale arma porterà morte nelle fila nemiche. L’inquadratura è quella classica alle spalle dei Edward? Potrete sparare i cannoni a catena dalla prua della nave. Un vascello nemico è allineato con i cannoni di tribordo? Allineate la visuale e fate fuoco con quelli. State tentando di seminare una nave? Guardate dietro di voi e sganciate in acqua barili esplosivi che creeranno un bel po’ di grattacapi ai vostri inseguitori. L’arsenale della Jackdaw è di tutto rispetto e tale sistema vi permette di sfruttarne facilmente tutta la potenza di fuoco, con alcune sporadiche eccezioni, come l’utilizzo dei cannoni rotanti legato alla pressione del tasto X. Con l’avanzare dell’avventura sarà ovviamente possibile potenziare armi e proiettili, aggiungere altri interessanti giocattolini (che ne dite di un bel mortaio?) e dotare la nave anche di un bello sperone utile negli scontri ravvicinati: col progredire del gioco vi troverete ad affrontare vascelli sempre più grossi meglio armati, fino ad arrivare ad assaltare fortini lungo le coste e sarà vitale aumentare potenziale offensivo della nave per sperare di poter avere la meglio sugli avversari.
La fase di battaglia comunque non finisce quando l’ultima palla di cannone è stata sparata. Una volta ridotta la resistenza dello scafo nemico al lumicino sarà possibile scegliere tra due opzioni: affondare senza pietà il relitto e ridere di gusto guardando l’equipaggio affogare miseramente o provare l’assalto all’arma bianca, tentando di sottomettere la ciurma e conquistare il vascello. Quest’ultima scelta è quella che apporta il maggiore beneficio in termini pratici, in quanto sarà possibile razziare l’intero bottino della nave, nonché poterla integrare nella propria flotta personale, mentre se deciderete di affondarla potrete ottenere solo metà del bottino totale e, ovviamente, niente nave. La fase di arrembaggio consiste semplicemente nell’assaltare quello che resta dell’equipaggio nemico e convincerlo alla resa: più facile a dirsi che a farsi, principalmente a causa degli spazi angusti in cui si è costretti ad agire. I vostri commilitoni vi daranno comunque una mano seguendovi nell’assalto e impegnando gli avversari e, dopo aver tagliato un certo numero di gole (numero che dipenderà dalla dimensione del vascello assaltato), la resistenza dei sopravvissuti verrà fiaccata e potrete ergervi vittoriosi sul ponte della vostra nuova nave.
A spasso tra i Caraibi e l’Abstergo
Come accennavo in apertura di recensione, i contenuti stipati nel disco di gioco sono molto estesi e avrete di che sbizzarrirvi se amate setacciare la mappa con minuzia. Le isole sono zeppe di collezionabili da scovare: i classici forzieri, i frammenti di Animus, le varie specie animali da cacciare e scuoiare per ricavarne pelli e ossa per la manifattura di equipaggiamento vario, spartiti musicali con le classiche canzoni piratesche da far cantare all’equipaggio durante la navigazione e mappe del tesoro con le quali è possibile recuperare preziosi manufatti (peccato che la ricerca sia molto teleguidata e lasci poco spazio alla ricerca del punto esatto dove scavare). È presente poi la parte un po’ più gestionale, instaurata da Brotherhood in poi, in cui è possibile inviare la propria flotta di navi in varie missioni di commercio per accrescere la propria ricchezza mentre, più avanti nel gioco Edward entrerà in possesso di una magione e un porticciolo, personalizzabili e upgradabili a suon di sonante denaro. Molto più marginali dal punto di vista del gameplay, ma ben accette per i possessori di Wii U amanti degli achievements, sono le Sfide Abstergo, una serie di azioni da compiere a certe condizioni e che sbloccheranno ricompense speciali attivabili nelle sequenze già giocate.
A corollario di questa massiccia mole di contenuti, vale la pena accennare anche alle sequenze di gioco ambientate nel “presente” che, dopo le delusioni riservateci dagli ultimi due capitoli, cambiano decisamente registro, prendendosi anche meno sul serio. Archiviate le vicissitudini di Desmond, cui ci saranno alcuni distratti accenni, questa volta ci si troverà ad impersonare un neo dipendente dell’Abstergo incaricato dell’analisi di alcuni ricordi per lo sviluppo della trama di un nuovo videogioco. Gli spunti narrativi non sono comunque molto esaltanti e la dinamica stessa di queste porzioni di gioco sono molto limitate, con una visuale in prima persona e scarsa interazione con gli ambienti. Purtroppo la sottotrama legata al mondo presente che tanto aveva intrigato e appassionato nei primi tre episodi della saga è andata via via perdendosi e quello visto in questo capitolo ne è solo un pallido riflesso: questo è un vero peccato ma speriamo che per il prossimo capitolo (che diamo per scontato) possa trovare soluzioni originali anche da questo punto di vista.
Un ultimo utile spunto di discussione riguarda l’implementazione del Gamepad nel gioco. Questa volta, ahimè, Ubisoft ha mancato il bersaglio: se con lo splendido Zombi U, ma anche con Rayman e Splinter Cell, l’utilizzo del “paddone” era ben congegnato, qui si scende a livelli di grave insufficienza. La possibilità di visualizzare sullo schermo del Gamepad minimappa e indicatori vari liberando così lo schermo della tv gioca molto a favore dell’immersività, ma la mappa è confusa e poco personalizzabile: innanzitutto non è “touchabile” e dispone solo di un selettore per uno zoom limitatissimo che, sovente, non permette di aumentare o diminuire il dettaglio come desiderato. Il risultato è che ci si troverà molto spesso a dover comunque mettere il gioco in pausa per consultare la mappa completa dal menù: decisamente un peccato, considerato che il Gamepad non viene sfruttato in nessun altro modo.
Quindi, in definitiva, Assassin’s Creed IV merita o meno? Merita, con un paio di accortezze però. So che siete già andati a sbirciare il voto qui sotto. Ma come, solo 8,4? Sì. Se siete disposti a soprassedere sulla deriva presa dalla serie con gli ultimi due episodi, allora potete tranquillamente aggiungere almeno mezzo punto al voto finale. Il gioco è godibilissimo, ricco di contenuti, longevo e bello a vedersi, nonostante qualche inciampo grafico (personaggi che compaiono dal nulla), qualche texture veramente bruttina a distanza ravvicinata e un framerate che, ingiustificabilmente, perde il confronto con le controparti PS3/360. Certo, i difetti storici della serie sono sempre presenti, seppur in maniera minore e la trama ha poco mordente, ma se vi sono piaciuti gli episodi precedenti, allora non potrete non gradire anche questo nuovo capitolo (che ha anche il grosso vantaggio di succedere al gioco meno apprezzato della saga).
Sarebbe però davvero il caso che Ubisoft concedesse al brand almeno un anno sabbatico: la sensazione è che manchi un filo conduttore di fondo, quello che invece era così ben presente nei primi due-tre capitoli e che poi è stato sacrificato sull’altare della necessità di monetizzare il più possibile facendo uscire un episodio all’anno. Questo capitolo in particolare dà la sensazione di essere stato costruito (seppur in maniera molto convincente) esclusivamente per sfruttare il successo riscosso dalle battaglie navali del gioco precedente, senza alcuna velleità di creare un continuum con la storia fino a quel punto: abbiamo così solo un buon gioco, che sarebbe invece potuto risultare ottimo con pochi accorgimenti in più.