Come sta Nintendo adesso, e quali rischi corre
Il videogiocatore più appassionato cade spesso nell’errore di credere a infografiche che dimostrano quante console siano state vendute, o quanti premi abbia ricevuto tale videogioco o, ancora, quale sia la media metacritic, come se questa fosse intrinsecamente indicativa della qualità media del prodotto. La voglia di semplificare tipica dell’essere umano gioca sempre brutti scherzi, ed è facile affidarsi a Google per avere ragione, per dimostrare che il proprio film ha stracciato i botteghini o ha ricevuto chissà quante candidature agli Oscar. C’è sempre di più, oltre al mero numero, e le “console war” non si vincono grazie alla mera matematica, se ha senso il concetto stesso di console war.
Più che entrare in discorsi infantili di azionisti wannabe, è interessante fare un’analisi per capire dove andremo a parare. Qualche anno fa, ad esempio, ero convinto che Nintendo fosse sulla buona strada per ingranare un futuro pieno di introiti incredibili. Pur con colpevole ritardo, si era affacciata sul panorama dei giochi mobile, con discreti alti e bassi, dove al posto di “alti” potete inserire Pokémon GO e Fire Emblem Heroes, e al posto di bassi, semplicemente tutto il resto. Non so se considerare gli esperimenti mobile un successo, francamente. Nintendo, infatti, ha lanciato i primi giochi per smartphone per far respirare le proprie casse e aumentare il gradimento in borsa e tra gli investitori, ma in realtà sul lato degli introiti diretti ha tenuto il freno a mano tirato.

Il giornalista più scarso del mondo farebbe la classica e banalissima domanda “progetti per il futuro”, e Nintendo risponderebbe: espandersi. Infatti l’idea è quella di accrescere le proprie IP anche al di fuori dei videogiochi con i parchi a tema e film di animazione, mentre dai guadagni futuri una voce barrata è Nintendo 3DS. Il portatile, che ormai ha nove anni (ma si equipara all’età umana come per i cani di grossa taglia, quindi è come se avesse superato i 50), risponde solo al 2% degli introiti per la grande N, tanto che non è stato neanche menzionato nell’ultimo rapporto finanziario. Curiosamente, i giochi mobile contribuiscono con appena un 4%, per confermare la tesi di “smartphone per aumentare la popolarità dei brand piuttosto che come fonte di introiti”.
Va da sé quindi che il core business di Nintendo sia ancora il videogioco inteso nella sua forma tradizionale, ovvero console e giochi. Dobbiamo sempre parlare di ricavi, e non solo di volumi di vendita, ma anche da questo punto di vista, il presente di Nintendo è radioso. Mentre al lancio la console veniva venduta al pari, tre anni dopo i prezzi dei componenti interni della console sono senz’altro scesi, permettendo un guadagno maggiore. Inoltre l’introduzione recente del modello Lite ha rilanciato il prodotto, come spesso avviene dai tempi del Game Boy Advance, e abbiamo adesso un modello che vende tanto quanto se non di più, con uno schermo più piccolo e senza le tecnologie dei Joy Con che contribuivano di molto ad alzare i costi di produzione. Per quanto riguarda i giochi, invece, Nintendo è sempre stata attenta a lanciare dei best seller che durano nel tempo, e a mantenere il prezzo alto (ad eccezione degli ultimi anni di vita della console dove viene solitamente ufficializzata la linea economica).

Se guardiamo i giochi di Nintendo Switch, i due titoli più venduti sono addirittura due enhanced porting, Mario Kart 8 Deluxe e Super Smash Bros Ultimate, con costi di sviluppo nettamente inferiori rispetto a giochi del tutto nuovi. Il supporto di Smash Bros inoltre viene sostenuto dai DLC e dal season pass. Dulcis in fundo, non ho dati sotto mano, ma è facile pensare che il solo brand Pokémon, con Spada e Scudo dalle vendite record (nel giro di tre mesi ha già agganciato le vendite di The Legend of Zelda: Breath of the Wild e a breve supererà quelle di Super Mario Odyssey), ma anche con gli anime e tutto il merchandise correlato, sia l’equivalente di un tubo che penetra la cassaforte di Nintendo e la inonda di contante liquido. Altra fonte di guadagno, con costi irrisori, è il servizio Nintendo Online, mentre Nintendo non sembra interessata agli eSports, sebbene Super Smash Bros. Ultimate e Splatoon 2 abbiano buoni requisiti al riguardo. La situazione di Nintendo ad oggi è quindi molto positiva.
Questo scenario però, potrebbe cambiare drasticamente nel corso dei prossimi due anni. Il presidente Furukawa è costretto a dichiarazioni difensive sul cloud gaming, ma è palese che non si possa ignorare il progresso. Il grosso rischio, infatti, è quello di un crollo del mercato, piuttosto che una sua evoluzione. Prendendo ad esempio il settore musicale, i servizi in streaming come Spotify, Apple Music, Amazon Music, Tidal o Deezer, hanno letteralmente assassinato le vendite dei supporti fisici. Da un lato si può dire che la gente possa ascoltare più musica, perché alla portata di tutti a costi irrisori, ma dall’altro le mancate vendite di CD musicali scoraggiano gli editori nel finanziare nuove uscite, soprattutto se i risultati economici non sono assicurati, costringendo le band a basare i guadagni sul nuovo tour, con il rischio di ridurre la propria dimensione artistica. Quanto gli artisti guadagnino da Spotify non è mai stato chiaro, e più di una voce si è levata durante gli anni per segnalare il problema (voci tipo Thom Yorke e Taylor Swift, mica mio zio in carriola), e la stessa cosa potrebbe accadere con il Game Pass di Microsoft.

Quello che ci interessa però, è vedere come praticamente in tutti i settori i servizi in streaming abbiano preso piede. Quante volte avete sentito le parole “Netflix dei videogiochi”? Il presidente Furukawa può forse avere ragione a dire che è troppo presto affinché Google Stadia possa avere un impatto rilevante, e gli early adopter, tutt’altro che contenti del servizio attualmente, possono confermare. Ma sarebbe da incoscienti chiudere gli occhi. L’asse dei ricavi si sta spostando dalle vendite dei beni fisici, a quello dei servizi, e da questo punto di vista è proprio Microsoft ad essere in aperto vantaggio, con un servizio già avviato che ha un catalogo davvero ottimo di giochi. Sorprendentemente potrebbe essere proprio Sony a cedere la leadership: sappiamo ancora poco di Playstation 5, ma tutte le voci di corridoio la vedono ancorata all’attuale modello di business, con una console molto potente e i numeri della propria fanbase come vanto. Il flop di Playstation Now, tuttavia, i costi del PSN, incapace di eguagliare l’offerta del Game Pass, sono segnali molto preoccupanti. E Nintendo?
Nintendo attende, forte della natura ibrida della propria console ammiraglia, che dovrebbe garantire un ciclo vitale più lungo rispetto alle tradizionali console casalinghe. Di fatto, questo conferma la natura di Nintendo Switch come portatile, e i portatili Nintendo hanno una vita media di 7 o 8 anni. Il giorno in cui Nintendo sarà costretta a offrire un servizio streaming, probabilmente potrà contare su una libreria di retrogames di qualità, e potrebbe recuperare agevolmente il terreno perduto. Se accadrà, sarà facile pensare alla prossima console Nintendo come a una versione giapponese di Google Stadia, con un pennino da inserire nelle porte usb della propria smart TV e un controller, anziché una console con una periferica dotata di drive o slot cartucce.
Here is a look at Q2 revenue breakdown.
— Daniel Ahmad (@ZhugeEX) October 31, 2019
The Nintendo Switch platform now accounts for 93% of Nintendo's revenue.
3DS is dead (F's in chat).
Mobile is still a small percentage.
amiibo, classic consoles and other revenue has cooled. pic.twitter.com/vwBbNAKS3Q
Questo scenario potrebbe profilarsi prima del previsto, se le sciagurate previsioni del Financial Times, che vedono Nintendo Switch come obsoleta in tempi brevissimi, dovessero concretizzarsi. Ma questi, come detto in apertura, sono forse pipponi da azionisti e non da giocatori. Da giocatore, la mia grande perplessità è: siamo sicuri che eliminare le vendite dei supporti e contare sullo streaming sia un percorso sostenibile a lungo andare? I ricavi permetteranno agli sviluppatori di portare a casa la pagnotta? E non avremo problemi con la preservazione dei videogiochi? Non sarà il caso che anche noi fruitori, iniziassimo a difendere le ragioni di chi chiede uno sviluppo più sostenibile?