Riflessioni sull’hardware da record
Il prototipo figlio degli sforzi congiunti di Nintendo e Sony ha cambiato proprietario nel 2020. Da quando hanno scoperto di esserne in possesso, Terry e Dan Diebold lo hanno portato in giro per diversi eventi dedicati al Retrogaming. Quando è stato riesumato nel 2016, il lettore CD non riusciva a riprodurre alcunché, mentre lo slot cartucce andava perfettamente, come Dan stesso ha dimostrato, provandolo con una cartuccia di Mortal Kombat. Nel 2017, è stato affidato a Ben Heck, che è riuscito a riparare il lettore (usando il metodo scientifico del stacca-attacca-adesso-va a quanto sembra dal video a seguire).
Ben Heck ha dimostrato che il SNES Playstation Superdisc adesso riproduce adeguatamente cd musicali e perfino un paio di giochi homebrew realizzati per l’occasione, cosa che probabilmente ne alza il valore, un fattore senza dubbio importante, dal momento in cui i legittimi proprietari hanno deciso di metterlo in vendita. La casa d’aste scelta per l’occasione è stata la Heritage Auction, specializzata in soggetti pop, quindi un’ottima scelta. L’asta è durata pochi giorni, dal 5 all’8 marzo 2020, ed ha avuto 57 offerte, ricevute dal sito e via telefono, chiudendosi per la cifra di 300.000 dollari, che con la quota dovuta alla casa d’aste (il 20% del totale con un minimo di 19 dollari), arriva a costare 360.000 $, dando una risposta alla fatidica domanda: quanto vale?
Una domanda alla quale non era semplice rispondere, per tutta una serie di pro e contro, tanto che la stessa casa d’aste non ha specificato un valore, come solita fare per altri oggetti. Sembrerà strano, ma i videogiochi stanno acquisendo valore soltanto da poco tempo, con oggetti venduti a cifre importanti, come una copia intonsa di Super Mario Bros. venduta a 100,150 dollari sempre dalla stessa casa d’aste, se non vogliamo prendere per validi i prezzi su eBay o altri siti di compravendita, che però spesso riportano dei prezzi un po’ arbitrari, frutti forse di un permissivismo verso pratiche commerciali che se non sono bagarinaggio poco ci manca.

Se una singola copia di un gioco – tra l’altro uno dei più venduti al mondo – può essere venduta a più di centomila dollari, a quanto può essere venduta una console, a parità di condizioni, ovviamente? E se quella console fosse “il sacro graal” dei videogiochi? Da questo punto di vista, una console di cui esiste un solo esemplare al mondo, ovvero il SNES Playstation, avrebbe potuto raggiungere cifre ben più elevate. Se i vecchi proprietari del famoso prototipo hanno girato il mondo per mostrarla nei più disparati eventi, se ci hanno investito risorse per renderla funzionante al 100%, forse, come già scritto sopra, è proprio per renderla più appetibile a un eventuale acquirente.
Forse Terry e Dan Diebold speravano di ricavare molto di più, dato che a detta loro, hanno rifiutato un’offerta milionaria durante un evento in Norvegia. Forse, in fin dei conti si saranno pentiti di non aver accettato quell’offerta. Eppure, per quanto sia innegabile che si tratti di un pezzo unico al mondo (almeno finché non ne spunteranno altri, cosa che potrebbe anche non accadere mai), il sospetto è che questo prototipo sia un oggetto interessante più per la storia dei videogiochi e il mito che lo circonda, che non da un punto meramente commerciale.

Non è detto infatti che, al pari di una Enzo Ferrari o del numero di Action Comic in cui è apparso per la prima volta Superman, sia un oggetto il cui valore sia destinato ad aumentare nel tempo. Quello che “frega” il SNES Playstation è proprio la sua natura: si tratta di un prototipo e non di una console effettivamente commercializzata, quindi va da sé che non c’è un prezzo di partenza a cui fare riferimento, e il fatto stesso che non sia stato prodotto in serie fa pensare che non sia stata realizzata con i migliori materiali disponibili, in particolare per quanto riguarda lo chassis, che sembra ingiallirsi come le classiche scocche in ABS di era Commodore.
Il contro maggiore però, è che essendo un prototipo, a parte la compatibilità con il parco giochi SNES e i cd musicali, non ha dei giochi caratteristici. La console è stata aperta e studiata con appositi strumenti, e probabilmente è possibile realizzarne un emulatore, con conseguente nascita di scena homebrew. Però allo stato attuale non esiste nessun software, anzi nemmeno una demo tecnica dedicata, e arrivati a questo punto è poco probabile che spunti fuori. Forse questa era la maggiore speranza di chi possedeva la console: far uscire allo scoperto qualche privato in possesso di tale oggetto. Se in futuro avverrà, probabilmente la quotazione del prototipo salirà. Hanno quindi sbagliato a venderlo adesso, e non aspettare?

Non si sa. Questo perché Nintendo in primis non ha dato nessuna indicazione durante gli anni che tale software esista. Quello che sappiamo, infatti, è che Ken Kutaragi voleva convincere Nintendo a dotare di lettore CD il Super Famicom ben prima della sua messa in commercio. Ken Kutaragi infatti, si era approcciato a Nintendo – in gran segreto e alle spalle del CdA Sony – già nel 1988, riuscendo a ottenere un accordo, che in seguito divenne molto sconveniente per Nintendo. Per contestualizzare il periodo, eravamo verso la fine dell’era NES/Famicom, ed una delle avversarie di Nintendo, NEC, aveva commercializzato un lettore CD per il suo PC Engine/TurboGrafx-16, che all’epoca veniva visto come un add-on dalla cifra stratosferica, in un periodo in cui gli sviluppatori non avevano idea come sfruttare. Letteralmente, per gli sviluppatori era semplicemente poter contare di tantissimo spazio in più e il massimo che riuscivano a ricavarne era una colonna sonora più coinvolgente e delle sequenze animate. Bene, ma non troppo.
Sony nel 1988 non era interessata a sviluppare giochi, e Nintendo non era interessata ad abbandonare le cartucce, che non avevano tempi di attesa. Sotto queste condizioni, grazie alle continui pressioni, Kutaragi ottenne praticamente la licenza di produzione di Super Famicom dotati di lettore CD, e nessun obbligo di royalties verso Nintendo per quanto riguarda il software in formato CD, mentre con le cartucce la grande N aveva totale controllo e potere assoluto, mettendo sotto torchio le third party, censurando giochi e rifiutando quelli che non rispondevano alla qualità standard richiesta. E considerato che su Super Nintendo sono usciti Shaq-Fu e Bubsy, forse non avevano tanto torto.

La percezione sul CD però, cambiò totalmente nel durante i primi anni ‘90. In quegli anni, con il successo dei classici Disney Aladdin e il Re Leone, con SEGA che pubblicizzava ovunque il suo SEGA CD (da noi MEGA CD), e soprattutto grazie al settore musicale, il cui formato principale era ormai il CD da anni, sembrava che ogni cosa dovesse avere un lettore CD. Doveva averlo Commodore, con l’Amiga e iniziavano ad affacciarsi misteriosi competitor, come il Philips CD-i e il 3d0, e anche le console a base cartuccia sembravano non poter rinunciare al CD, come il già menzionato Mega Drive e in seguito l’Atari Jaguar. Il CD era il futuro. E Sony? Nel frattempo Sony, da piccola azienda di elettronica di consumo, si preparava a diventare il gigante che oggi conosciamo, acquisendo CBS e Columbia, e mettendo in piedi Imagesoft, la propria casa di produzione di videogiochi. Insomma, se nel 1988 Sony era interessata solo a sviluppare al massimo enciclopedie e corsi didattici, appena 5 anni dopo avrebbe potuto prendere una posizione dominante sul mercato, proprio grazie a un accordo siglato da Nintendo in tempi non sospetti.
Nintendo non poteva di certo soprassedere, e tradì Sony alleandosi con Philips: sarebbe stata l’azienda olandese a sviluppare l’add-on per il Super Famicom. In seguito, Sony si riavvicinò a Nintendo, e circolò la notizia di uno sviluppo fianco a fianco Sony-Philips. Difficile dire cosa andò storto, ma probabilmente lo sviluppo andò per le lunghe, e viste le scarse vendite del MEGA CD e i mediocri risultati in tema gaming dei competitor dotati di CD, Nintendo si convinse che la tecnologia fosse ancora acerba o comunque ancora poco utile. Ma Nintendo era davvero andata a fondo? Se si pensa al Chip Super-FX, o al Nintendo 64, ancora fortemente ancorato alle cartridge rom, verrebbe da pensare di no, ma non è così. Sappiamo per certo che Squaresoft aveva pensato a Secret of Mana come gioco per il venturo add-on, e che Nintendo pagò un milione di dollari per ottenere la licenza di 7th Guest, licenza che non sfruttò mai. Purtroppo non abbiamo una conferma concreta, non uno screen o comunque qualcosa di più tangibile della voce di gente del settore.

A oggi, gli unici frutti della collaborazione Nintendo-Sony-Philips sono i giochi apocrifi di Mario e Zelda su Philips CD-i. Questo però Greg McLemore già lo sa. Il vincitore dell’asta è un imprenditore immobiliare che in passato ha creato e poi venduto il dominio Pets.com ad Amazon, e negli ultimi 20 anni ha collezionato oltre 800 cabinati e diversi videogiochi rari, con l’intenzione di creare un museo dedicato alla nostra passione preferita, nonché alla sua, come dimostra il sito https://www.arcade-museum.com/, di sua proprietà. Contattato da Forbes, ha già anticipato di voler prestare il prototipo per future mostre alla University of Southern California Pacific Asia Museum. Se la storia del SNES Playstation Superdisc sia finita qui, non lo sappiamo ancora, ma siamo sicuramente felici che non finisca in una cantina polverosa o nel salotto di un privato, al riparo da occhi indiscreti. Del resto, come diceva spesso un archeologo di nostra conoscenza, un oggetto del genere appartiene a un museo.