Come ti rigo l’asfalto.
Siete al volante, intenti a muovervi verso una destinazione ignota. Il sole splende alto nel cielo, del traffico nemmeno l’ombra, i semafori sembrano essersi sincronizzati in modo tale da non arrestare la vostra avanzata. Di colpo, tuttavia, un ostacolo dalle fattezze ingarbugliate vi taglia la strada. Pigiate il pedale del freno e vi accorgete che la vostra vettura non monta quegli utilissimi dischi in grado di tenere alla larga il perito assicurativo. Vi svegliate di soprassalto: era tutto un incubo! Poi rimuginate su quegli ultimi istanti e iniziate a chiedervi se non fosse possibile replicare quell’esperienza, rivivere l’ebrezza del rischio, riassaporare lo stridore infernale delle gomme. Se i ragazzi di Oudidon fossero nella vostra testa vi direbbero che sì, i vostri desideri potrebbero divenire realtà semplicemente accendendo un Nintendo Switch e facendo partire Brakes Are For Losers.

Il gioco neanche si degna di spiegarsi più di tanto: una volta avviato ci catapulta sul sedile di una vettura letteralmente inarrestabile, che si guiderebbe da sola se la strada da percorrere fosse un perfetto rettilineo. Non ci sono freni, basta muovere la levetta analogica per direzionare la nostra automobile, mentre altri due tasti sono deputati al clacson e al turbo. Il tutto con una visuale dall’alto in grado di mostrare per intero il circuito sul quale dovremo dare battaglia ad altri aspiranti piloti con la passione per il brivido. L’intento di Brakes Are For Losers è abbastanza chiaro: divertire con regole semplici e immediate.
Il primo impatto con l’asfalto, in ogni caso, non è proprio dei migliori: una volta selezionata l’auto prediletta si scaldano i motori e si scende in pista, ma si perde subito di vista la posizione del nostro spericolato alter ego. Nessun segnalino indica dove ci troviamo, gli avversari sfrecciano imbizzarriti, le curve sono strette e l’interfaccia di gioco eccessivamente ingombrante. Insomma, un marasma generale al quale si riesce a fare occhio solo dopo qualche giro di prova e dopo aver memorizzato i colori e le forme della carrozzeria prescelta.

Pian piano si riesce a familiarizzare con il sistema di controllo e a guadagnare qualche podio, ma la sensazione, dopo la conclusione del primo campionato, è che il gioco abbia un potenziale mal sfruttato. Gli sviluppatori hanno infatti pensato di diversificare l’esperienza aggiungendo alla miscela ostacoli randomici in grado di cambiare le sorti dei concorrenti. Ecco quindi che una pozza d’olio fa slittare le nostre gomme e una bomba piovuta dal cielo ci distrugge la vettura; addirittura la risoluzione dello schermo si abbassa al punto da trasformare il tutto in pixelosi quadratini colorati. Questi ostacoli vanno pian piano a ridurre la barra dell’integrità che, giunta all’esaurimento, decreta l’arresto del veicolo con conseguente pausa di riparazione.
Tali elementi, in combinazione con un sistema di controllo semplicistico e una struttura dei circuiti affatto permissiva, rende ogni corsa priva di qualsivoglia certezza, complice anche l’assenza del numero di giri da completare, sostituiti dallo scorrere di poche decine di secondi che, giunti al termine, decretano vincitore il pilota che ha tagliato più volte il traguardo. Anche con una padronanza completa dei controlli sarà davvero difficile non andare a schiantarsi nello spigolo di una curva o trovarsi a correre nella direzione opposta. La confusione a volte è tale da portare il giocatore — molto tristemente — ad arrendersi e attendere lo scadere dei secondi.

La modalità più succosa è il Campionato, un susseguirsi di gare — dieci, a voler essere precisi — durante le quali si guadagnano punti in base alla posizione ottenuta. Tra una pista e l’altra, inoltre, viene data la possibilità — sotto forma di monete sonanti — ai piloti di ritoccare qualche parametro della vettura: mobilità, velocità, tenuta e resistenza agli urti, giusto per fare un esempio. Il titolo, con una certa ambiguità, offre a tutti i concorrenti, a prescindere dai risultati ottenuti, gli stessi fondi. Arrivare sul podio dopo una corsa, gloria a parte, non offrirà quindi vantaggi significativi ai piloti più capaci. Difficile sapere se tale ipotesi avrebbe condizionato in positivo lo svolgersi degli eventi considerata la confusione a schermo, fatto sta che un certo squilibrio è quantomeno percepibile nelle fasi finali, dove anche la vettura meno vincente può decretare la nostra disfatta.
Oltre al Campionato si ha la possibilità di cimentarsi nelle partite rapide, personalizzate e nelle sfide. Queste ultime, purtroppo, saranno utili solo per migliorare le proprie abilità e infrangere, in assenza dell’online, i record personali. Il gioco rosicchia qualche punto in presenza di amici, offrendo del sano e sconclusionato divertimento tra una birra e l’altra. Il multiplayer locale fino ad otto giocatori, in ogni caso, non è un elemento in grado di giustificare l’acquisto e si rivela ben presto un passatempo giocoso per non più di una mezz’ora a causa dell’eccessiva ripetitività di fondo, della brevità di ogni gara e del livello di sfida quasi prossimo allo zero.

Brakes Are For Losers aveva bisogno di una maggiore rifinitura in termini di gameplay e di contenuti in grado di offrire un’esperienza varia e gratificante. Il comparto tecnico decisamente minimalista, insieme al comparto audio pressoché dimenticabile, non contribuiscono ad alzare l’asticella di una produzione sciapita e incapace di lasciare il segno anche tra i giocatori meno esigenti e alla ricerca di un arcade poco impegnativo.