Il viaggio dell’eroe
Sola contro il mondo, con un fratello a cui dedicare la propria vita, la giovane Raji lavora instancabilmente come artista circense in un affascinante spettacolo da piazza, accompagnata dalle storie narrate dal piccolo Golu e le sue marionette.
I due vivono una quotidianità fatta di impegno e sacrificio, una vita semplice ma serena che viene improvvisamente interrotta da una minaccia che lo stesso Golu, nelle sue leggende, considerava solo un mito: i demoni sono tornati per fare guerra agli dei. E nessuno è al sicuro.
In pochi istanti morte e desolazione avvolgono il mondo fino a quel giorno conosciuto e Raji vede venir strappato dalle sue braccia il suo stesso sangue, rapito da orde di inquietanti creature. È tutto finito?

Per raccontare Raji: An Ancient Epic è necessario entrare nell’atmosfera delle fiabe, tra mitologia e religione, allentando la presa su concetti quali ritmo, libertà e sfida per abbracciare invece un’esperienza che fa della semplicità la sua virtù, tratteggiando un epica che ha la forma e il gusto delle leggende classiche.
Il titolo non tradisce, dunque, e fa da cappello ad un viaggio dell’eroe (o dell’eroina, in questo caso) che risponde in maniera fedele ai canoni: il prescelto, l’intervento divino, il susseguirsi degli eventi che poco tiene conto della coerenza e abbandona comprimari e luoghi in favore di una spinta della protagonista verso una nuova sfida.
Una narrazione atipica, a tratti straniante e che spesso inciampa nella banalità, mettendo a dura prova il giocatore incapace di scendere a compromessi con il contesto – in cui questo stile risulta invece coerente.

L’anima è quella dell’avventura dalla struttura lineare, in cui esercitare il nostro atletismo per superare sezioni platform di difficoltà pressoché nulla per affrontare di tanto in tanto i nemici che popolano specifiche e ben delimitate aree.
Se ad un primo impatto qualcuno potrebbe ricordare i Prince of Persia 3D dell’era PS2, è evidente come nelle sezioni acrobatiche l’abilità richiesta al giocatore sia minima, più che altro legata al posizionamento prima dei salti. Il tempismo, purtroppo, è chiamato in causa solo in casi rarissimi e principalmente in sequenze scriptate.
Il design dei livelli ci offre una strutturazione piuttosto elaborata a livello estetico, con numerosi spostamenti in verticalità e la tendenza a richiudere su sé stessi i percorsi allo scopo di muovere in un unica direzione il giocatore anche quando è costretto a tornare sui suoi passi.

Le interazioni di Raji con il mondo di gioco sono varie e vanno dall’arrampicata alla corsa sui muri, con sprazzi di equilibrismo su pali ed eleganti discese sui drappi che ornano le affascinanti e immense architetture mediorientali, senza richiedere però al giocatore un impegno tale da rendere queste situazioni realmente appaganti, trasformandole invece spesso in tediose interruzioni fra uno scontro e l’altro.
Proprio i combattimenti invece rappresentano l’elemento più interessante a livello di gameplay, offrendo una base di corpo a corpo che si apre con attacchi base, potenti e le acrobazie contestuali disponibili con superfici che si offrono come sponda, quali muri e colonne. Si percepisce un minimo ritardo a volte nell’esecuzione dei comandi, ma in breve si concatenano capriole e mosse devastanti.
Progredendo si accede a diversi tipi di armi (lancia, arco, spada scudo e… sorpresa) da potenziare con gli “orb” di energia da trovare durante l’esplorazione dei livelli, i quali forniscono effetti extra come colpi elementali a catena o che colpiscono randomicamente ad area. A voi la sperimentazione, io ho amato spada e scudo con elemento gelo.

Molto spesso i nemici si riveleranno aggressivi o capaci di attaccare in modo imprevedibile, lasciandoci poco spazio. Per ovviare a queste situazioni disponiamo di un attacco “furia” speciale (cumulabile in numero limitato e da ricaricare sconfiggendo i nemici) che oltre a causare un danno elevato “ferma” per qualche istante gli avversari, permettendoci di colpirli liberamente.
Un altro modo a nostra disposizione per livellare la sfida è sconfiggere i nemici con un colpo di grazia (premendo A quando visualizzato a schermo) così da estrarne l’essenza demoniaca e ricaricare la propria energia vitale – a scapito della furia. Fondamentale riuscire a farlo spesso, vista l’altalenante difficoltà delle battaglie, a volte in grado di sorprendervi con la sconfitta anche nei momenti in cui vi sentite più sicuri di voi stessi – nulla che non si possa superare riflettendo sulla tattica.
Pressoché inesistenti gli enigmi, relegati a semplici minigiochi in cui riportare alla luce un disegno legato al passato di Raji allineando correttamente anelli concentrici sulla pavimentazione o ricostruendo alberi corrotti riallineandone le sezioni. Altro caso in cui la sfida inesistente impatta sul godimento dell’elemento ludico.

Raji: An Ancient Epic sfrutta Unreal Engine 4 per offrire su Nintendo Switch una rappresentazione video di grande qualità e grande scala, sorprendendo ed entusiasmando in più occasioni: ottimo dettaglio generale, superfici realistiche, modelli imponenti e architetture di grande solidità ci accompagnano in un viaggio dai tratti onirici, in cui ogni evento si svolge seguendo le parole delle divinità che ci hanno insignito del ruolo di braccio armato contro la levata del male.
Tutto sembra funzionare molto bene fino a quando non si incorre in occasionali rallentamenti e stutter – spesso anche dell’audio – accompagnati anche da saltuari glitch quali cadute nel vuoto o blocco dei controlli.
Nulla di sconvolgente e tendenzialmente comprensibilissimo vista la natura indie della produzione, che rappresenta un esordio per il team di Nodding Head Games.

L’esperienza è estremamente atipica, come detto inizialmente, a causa del ruolo di protagonista che la cultura induista ha per tutta la durata del nostro viaggio, imponendoci in più occasioni dei veri e propri “stop” – slegati dal design – per ascoltare pazientemente gli eventi fondanti del folklore indù, chiamando in causa anche le divinità stesse che ci fanno da guida, le quali si troveranno curiosamente a commentare la loro stessa genesi.
La cosa risulta intrigante inizialmente, per poi perdere mordente proseguendo: a meno che non veniate rapiti dai bizzarri racconti quali, per esempio, la nascita di Garuda, esiste la possibilità che queste digressioni possano divenire un peso o risultare addirittura noiose, in particolare in quanto ben poco di quanto vediamo ha reali ricadute o importanza con ciò che ci troviamo noi – come giocatori e come Raji – a fare.
In pratica un ripasso scolastico che alcuni potrebbero trovare superfluo.

Ed è un peccato, perché se c’è una cosa che si può dire con certezza è che il gioco è ricolmo di amore per la propria cultura e carico dell’entusiasmo necessario ad utilizzare il medium videoludico per rappresentarla con orgoglio. Provo grande rispetto per il lavoro svolto, in particolare ripensando alla bellezza di avere un team multiculturare di tredici persone, provenienti da India, Grecia, Australia, Brasile e Regno Unito: un vero e proprio esempio da seguire.
Il rispetto e la stima per il progetto, però, non bastano a dimenticare i limiti del progetto e la dissonanza tra le varie parti: ho spesso apprezzato le produzioni originali, magari slegate dai canoni ludici più tradizionali, ma solo quando queste mostravano coerenza e solidità nel perseguire il proprio obiettivo.
Raji: An Ancient Epic prova a fare tante cose, mostrando anche del talento (in particolare dal lato artistico) e potenziale per migliorare in una futura produzione che… è d’obbligo, a questo punto: questo titolo infatti reclama prepotentemente un sequel che possa raffinare le meccaniche, espandere il level design (aggiungendone articolarità) e raccordare a dovere una storia che, pur raggiungendo un suo termine, merita ben altra conclusione.