Dalla serie animata ai videogiochi
Come molti di voi, circa un ventennio fa mi avvicinai al mondo dei Pokémon grazie alla serie animata. Nutrivo profonda empatia per l’allenatore di Pallet Town: aveva la mia stessa età, all’incirca, ed era voglioso di intraprendere un viaggio in un mondo fantastico e pieno di creature strampalate. Insomma, per me che all’epoca viaggiavo spesso con la fantasia seguire le sue peripezie si rivelò una vera e propria manna dal cielo.
L’identificazione col personaggio era tale che ad ogni compagno perso — il primo fu Butterfree, come dimenticarlo — sentivo di perdere un pezzo della mia fanciullezza. Ma il colpo di grazia arrivò con Charizard, Pokémon che amavo alla follia, anche perché probabilmente il più forte del team.
Quando il lucertolone dalla coda infuocata decise di intraprendere una strada diversa dal suo allenatore, capii di non avere più niente in comune con Ash Ketchum. Un vero allenatore avrebbe dovuto trasmettere forza e sicurezza al suo Pokémon, non voglia di evadere alla ricerca di nuovi stimoli. Sì, lo so che in seguito si sarebbero rincongiunti, ma al tempo chi poteva sperarci?
Da quel punto in poi seguii le avventure di Ash con sempre maggior scetticismo; mi stava simpatico, ma ero sempre sull’attenti, pronto all’ennesima delusione. Crescendo persi interesse verso la serie animata e dedicai anima e corpo ai videogiochi, alimentando la mia diffidenza verso il numero uno di Pallet con i meme a lui dedicati e l’ironia del web, che sembrava ansioso di vederlo capitolare per l’ennesima volta alla Lega Pokémon.
Per un periodo, sembra che la Sindrome di Ash Ketchum abbia afflitto anche il povero Charizard presente nella serie Super Smash Bros., nei giochi per Wii U e 3DS. Charizard, negli scorsi capitoli, era un lottatore singolo, slegato dalla figura dell’allenatore. Elemento che invece è stato ripreso in Ultimate e che The Pokémon Company ha spiegato con queste parole:
L’Allenatore Pokémon fa il suo ritorno e può scegliere Squirtle e Ivysaur, così come Charizard, che è tornato al suo fianco dopo un’apparizione indipendente. Ci piace credere che Charizard abbia semplicemente disobbedito al suo allenatore per un po’, così come fece il Charizard di Ash nella serie animata.
Per quanto fin troppo politically correct, Ash ha sempre trattato i suoi Pokémon come fossero individui a se stanti, meritevoli di tutte le attenzioni del mondo; in nome dell’amicizia li ha lasciati liberi di percorrere un sentiero distante dalle palestre e da tutto ciò che concerne le battaglie tra allenatori. I suoi principi sono più che condivisibili, anche se sfido chiunque di voi a liberare un Dragonite flawless in nome dell’emancipazione.
Quindi, dopo la frase di The Pokémon Company mi sono sentito un po’ in colpa. Se persino l’Allenatore Pokémon di Smash — che si presume abbia tutte le doti del futuro campione — ha avuto a che fare con un Charizard disobbediente, forse il problema è da ricercare più nella natura di questa specie piuttosto che nell’abilità di chi li avvia al combattimento. C’è forse un gene, deputato all’obbedienza, che si attiva soltanto dopo la conquista di un certo numero di medaglie? Chissà.
Quel che è certo, in ogni caso, è che prima o poi ritornano.
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