Quando sfida e progettazione lavorano in sinergia
Molti di voi avranno già brillantemente superato, paddone alla mano, le innumerevoli sfide proposte da Retro Studios con Donkey Kong Country: Tropical Freeze. L’arrivo dello scimmione su Nintendo Wii U ha ripreso il percorso tracciato dal sorprendente Country Returns, titolo che, nell’era Wii, seppe prendere in consegna un’eredità che pesava come un macigno e riuscì a donare ai fan uno dei ritorni meglio riusciti della storia del gaming.
Tropical Freeze ha saputo migliorare quanto di buono fatto col precedente capitolo e — non me ne voglia il baffuto idraulico — ha probabilmente settato nuovi standard nel panorama dei platform in due dimensioni. Chiunque — e sottolineo chiunque — voglia cimentarsi in una sfida degna di questo nome, muoversi lungo scenari di rara bellezza e commuoversi durante l’ascolto di uno dei migliori lavori svolti da David Wise, dovrebbe — e togliete pure il condizionale — lanciare bana… ehm, soldi in faccia alla Grande N e acquistare una copia di Donkey Kong Country: Tropical Freeze. Se non l’avete recuperato su Wii U e possedete un Nintendo Switch, il 4 maggio non avrete più scuse.

In ogni caso, in questo articolo parleremo di qualcosa di complesso. Roba del tipo: chi ha deciso che tutte le vite faticosamente raccolte durante i primi livelli verranno gradualmente ghigliottinate negli ultimi stage? Funky Kong è soltanto un bravo meccanico? Perché con Dixie Kong la vita tutto a un tratto sembra più semplice?
Parleremo quindi di…
Level Design
Il level design altro non è se non una parte, molto consistente, dello sviluppo di un videogioco, costituita da un lato tecnico e uno artistico. Oggi è una disciplina a tutti gli effetti e, con l’ausilio di level editor — talvolta fatti in casa — e dopo vagonate di bozze, concept art e un rendering sfrenato, porta alla creazione di livelli, mappe e missioni; decide il tipo di visuale, la combinazione dei tasti, l’interattività con il mondo di gioco, quanti e quali movimenti può compiere il nostro alter ego nello spazio. Nella pratica, definisce il genere di appartenenza.
Un level design intelligente spinge i giocatori ad andare avanti, dà loro in pasto un obiettivo, un motivo per esplorare ogni pixeloso centimetro quadrato di superficie. È inoltre importante che il giocatore non si senta mai ingannato, soprattutto quando subentra il discorso difficoltà. Una difficoltà sana scaturisce da un level design complesso ma stimolante, impegnativo ma non impossibile, vario ma non dispersivo. E, signori miei, l’ultima fatica di Retro Studios incarna alla perfezione tutte queste caratteristiche. Vediamo insieme perché.

Questione di idee
Nel caso del gorillone gli sviluppatori hanno dovuto pensare ad un gioco che mettesse alla prova la prontezza ed i riflessi dei giocatori. Sono partiti quindi da un’idea, o meglio, un ostacolo. Per arrivare alla conclusione del livello — l’obiettivo del giocatore — Donkey Kong deve dar prova del suo coraggio e affrontare numerose insidie. Le strade da intraprendere erano sostanzialmente due: si poteva optare per la riproposizione di un singolo ostacolo oppure lo si poteva combinare con più di essi. Con Tropical Freeze Retro Studios ha scelto la seconda strada, progettando pattern che talvolta si evolvono seguendo schemi davvero complessi.
Prendiamo come esempio il livello 6-5, Forest Folly. Questo inizia con una piattaforma che, una volta colpita a suon di pugni, ci scaraventa verso l’alto. Chiameremo la piattaforma elemento P. Successivamente Donkey Kong deve oltrepassare un dirupo con l’ausilio di una liana — l’elemento L — e deve stare attento a non farsi colpire da giganteschi e taglienti fiocchi di neve, gli elementi N. Nel mezzo, ritorna la piattaforma da colpire. Quindi: P + L + N + P.
Le cose a seguire si fanno più complesse. Lo scimmione colpisce una piattaforma e deve appendersi a del fogliame per valicare un precipizio (elemento F) — il tutto in presenza dei fiocchi di neve, che si muovono con fare decisamente più fastidioso — si lascia cadere e rimbalza su una piattaforma a molla (elemento M), arriva su una piattaforma da colpire, si lancia verso il fogliame da agguantare che stavolta nasconde una piattaforma da colpire (lo si potrebbe definire un elemento PF), seconda piattaforma, liana, checkpoint. Riassumendo: P + F + N + M + P + PF + PF + L.

Ho volutamente tralasciato la presenza dei nemici erranti così che il concetto sia più chiaro. Si parte con pattern semplici in modo tale che il giocatore comprenda come comportarsi in specifiche situazioni e si procede con schemi sempre più elaborati che mettono alla prova quanto assimilato. A seguito del checkpoint, infatti, il giocatore esplorerà il cuore pulsante del livello e le cose per Donkey si complicheranno non poco.
Giochi di luce
Ragionare seguendo degli schemi matematici potrebbe far apparire il processo di creazione di un videogioco molto meno romantico di come ce lo immaginiamo. Passiamo quindi ad uno strumento molto potente che, nelle mani di un abile game designer, può variare sensibilmente l’approccio al gioco e al contempo far sognare i giocatori più esigenti: il comparto grafico/artistico. L’estetica di un videogioco è la diretta rappresentazione del codice di programmazione; sta in superficie e nasconde complessi algoritmi ed equazioni. Ed è ciò con cui i giocatori hanno il primo contatto.
Come renderlo uno strumento in grado di influenzare il gameplay? In Tropical Freeze l’esempio più lampante ci viene fornito da quei livelli che, giocando con l’illuminazione, esaltano a dismisura determinati toni di colore. Donkey Kong diviene una sagoma che si amalgama col resto dell’ambientazione, trappole e nemici inclusi. Qui il giocatore deve porre particolare attenzione alle forme, gran parte della percezione complessiva viene influenzata dai trascorsi con i livelli precedenti. Vedere oggetti e altre creature sotto una nuova luce può rivelarsi molto più divertente e stimolante e l’esperienza di gioco si diversifica di conseguenza.

C’è un po’ di cleptomania in ognuno di noi
Tropical Freeze è strutturato in modo tale da essere fruito seguendo due approcci. Il primo è tipico dei giocatori che non si guardano mai indietro e mirano dritto all’obiettivo finale. Il secondo è caratteristico degli adoratori del 100%. L’ultima avventura dello scimmione è pregna di collezionabili, divisi sostanzialmente nelle celebri quattro lettere per livello (K-O-N-G) e nei pezzi di puzzle. Ci sarebbero anche le miniature a sorpresa, quelle che si ottengono con la moneta di gioco, ma non le tratteremo in quanto non influenti sul gameplay.
L’approccio ai livelli cambia drasticamente una volta che si è deciso di tornare a casa con l’intero bottino. Si fa attenzione ad ogni singolo particolare, spesso e malvolentieri si rischia di compiere un salto azzardato, tante e troppe volte si perdono vite preziose. Capirete come, pur non selezionando un’opzione apposita, la difficoltà si innalzi bruscamente. Il semplice collezionismo potrebbe tuttavia non essere un valido movente per gran parte dei giocatori: c’è bisogno di un premio, uno di quelli esclusivi! Una volta raccolte tutte le lettere si ha accesso ai tanto agognati livelli segreti e quindi, oltre a saziare l’anima arraffona insita in ognuno di noi, il gioco amplia l’offerta ludica con sfide aggiuntive, molto più impegnative; alcune di queste necessitano di pazienza e concentrazione degne di un monaco, ma una volta portate a termine riempiono il cuore di gioia e soddisfazione.
I collezionabili sono uno strumento molto prezioso: spezzano il ritmo con sessioni più ragionate, lo accelerano quando c’è da mettere in gioco il tutto e per tutto e introducono i minigiochi. Questi ultimi non sono sempre accessibili in condizioni normali; a volte avremo bisogno del supporto di una cavalcatura selvaggia, altre volte dovremo chiedere aiuto ad un membro della famiglia Kong, altre ancora dovremo farci largo tra le fiamme. A dispetto di tante altre produzioni che li introducono come semplice riempitivo, in Tropical Freeze i collezionabili offrono una sfida sana oltre che consistente.

Anche l’orecchio vuole la sua parte
Un giocatore può essere sollecitato anche da stimoli non visivi. E non mi riferisco solo alla meravigliosa colonna sonora del gioco, che comunque contribuisce a scandire il ritmo immergendoci nelle fasi di gioco più concitate o maggiormente riflessive. Parlo di suoni in grado di avere un impatto sull’esperienza: oggetti e nemici in Tropical Freeze ne emettono di riconoscibili. Che siano le cigolanti pale di un mulino o lo scoccare di una freccia squamata, il giocatore associa inevitabilmente questi suoni ad un imminente ostacolo e reagisce — o si prepara — di conseguenza. Uno dei suoni che hanno un effetto immediato sull’esplorazione, per esempio, è il verso stridulo del pappagallo Squawks. Quest’ultimo, appollaiato nell’angolo in fondo a sinistra, andrà fuori di testa quando ci troveremo nelle vicinanze di un pezzo di puzzle. I suoni ambientali sono pressoché fondamentali e, oltre a caratterizzare un tema, incidono in maniera netta — riferendoci a quella fetta di pubblico particolarmente attenta ai dettagli — anche sulle meccaniche di gioco.

Una famiglia allargata
In quanti modi può essere affrontato Tropical Freeze? Un level design si dimostra intelligente se riesce ad offrire un’esperienza di gioco varia pur non cambiando mai la disposizione di trappole e piattaforme. In questo caso parliamo di level design stratificato. Quando giocato in coop il secondo giocatore impersona uno dei familiari di Donkey Kong e deve fare affidamento sulle sue abilità uniche. Il gioco funziona anche con personaggi diversi e dimostra quanto studio ci sia stato nell’elaborare livelli fruibili da tutti i componenti della famiglia dello scimmione.
Donkey Kong è il personaggio più equilibrato, l’arco del suo salto è abbastanza ampio e possiede una propulsione media in acqua. Quando viene aiutato dai familiari, nella modalità in singolo, ottiene dei boost non indifferenti. Diddy permette allo scimmione di planare leggermente, il bastone di Cranky può essere usato per picchiare i nemici sott’acqua e per saltare su rovi e spuntoni, mentre Dixie, pur riducendo lo slancio in avanti, permette di elevarsi in aria e toccare vette altissime, oltre che nuotare controcorrente. Nonostante ci sia da divertirsi con tutti, Dixie è probabilmente il componente più duttile: la sua capacità di raggiungere altezze più alte della norma è un vantaggio non di poco conto quando ci si ritrova a dover effettuare salti particolarmente compassati.

Il controllo è tutto
Ciò che è stato detto in precedenza perderebbe di credibilità di fronte ad un sistema di controllo fallace. Ebbene, non ho alcun timore a dirlo, Tropical Freeze sotto questo aspetto è p-e-r-f-e-t-t-o. Il gioco è responsivo, preciso, appagante. Un bel passo in avanti rispetto a Country Returns che, con l’implementazione dei controlli motion, rendeva certe sessioni molto frustranti e in generale non permetteva di destreggiarsi al massimo delle proprie capacità.
Un maiale all’orizzonte
L’avrete notato anche voi: i livelli in Tropical Freeze sono decisamente più lunghi se confrontati con quelli dedicati al baffuto idraulico. Ed è anche per questo che, talvolta, gli sviluppatori hanno optato per l’utilizzo di più di un checkpoint. Anche i punti di salvataggio temporanei sono strumenti che possono ritorcersi contro l’esperienza di gioco. Se troppo distanziati rendono più facili certe sessioni e al limite dell’impresa altre. Se troppo numerosi rendono il tutto una passeggiata. Retro Studios ha agito con saggezza: ogni checkpoint è al punto giusto nel momento giusto. Giunti dinanzi ai gioiosi maialini rosa si tira un sospiro di sollievo e ci si arma di un coraggio rinnovato, pronti per affrontare nuove sfide.

Funky Kong joins the battle!
Rispondendo ad una delle domande poste in apertura: no, Funky Kong in Donkey Kong Country: Tropical Freeze per Nintendo Switch non sarà più un semplice meccanico, ma si unirà all’allegra brigata come personaggio giocabile. A nostra disposizione avremo: capriola infinita, planata, respiro infinito sott’acqua, immunità a spine e spuntoni e una marea di trick da esperto surfista. Si tratta di una presenza evidentemente pensata per semplificare l’esperienza e, perché no, per far felici gli speedrunner.
Lo scimmione con gli occhiali da sole è simbolo dello “sciallo da primate” e la sua modalità Funky (separata dal save tradizionale) ci consentirà di affrontare la missione con qualsiasi personaggio avendo più energia, sfruttando oggetti potenziati e raccogliendo i collezionabili poco alla volta senza dover prendere tutti in un unica traversata dei livelli: non male per chi è alla ricerca di una vacanza rilassata, vero? Sorprende come, nonostante tutte queste modifiche, il design dei livelli non perda il suo carisma e la sua varietà quando controlliamo Funky Kong, capace di raccogliere in sé tutte le abilità degli altri personaggi.
Non badate ai metascore
Tropical Freeze è un platform in due dimensioni che più volte sfiora la perfezione. Non fosse stato per qualche fase da puro trial and error — mi riferisco in particolare ai livelli ambientati nelle miniere, a bordo dei carrelli — e per la mancata implementazione di qualsivoglia feature del paddone, al tempo si sarebbe probabilmente guadagnato lo scettro e avrebbe scalzato dal trono, senza troppa fatica, il sempiterno Mario. Per chi vi scrive, l’ultima avventura del gorilla incravattato si è rivelata una delle migliori esperienze all’interno del genere di appartenenza e uno dei più grandi esempi di game design creativo e intelligente. Il suo arrivo sull’ibrida giapponese probabilmente gli darà nuovo lustro, ma è anche ora che presto o tardi faccia la sua comparsa su Nintendo Switch con un nuovo capitolo che vada ad evolvere quanto di buono fatto da Retro Studios negli ultimi anni.
Lo sentite anche voi questo fremito? Sono i baffi di Mario che tremano.