Orde di demoni e virili mazzate
La Virtual Console non sta arrivando su Nintendo Switch. Di sicuro non a breve, probabilmente molto più avanti e solo dopo che sarà definito il servizio online della piattaforma. Nel mentre, orde di giocatori over 30 (ma anche qualche over 20) si aggirano con sguardo perso alla ricerca di esperienze nostalgiche per ricordare i bei tempi andati.
Ma oltre alla sconfinata serie di titoli Neo Geo, come soddisfare le nostre necessità di “retrogamer che ne sanno più dei pischelli di oggi”, spesso illuse dalla marea di indie che scimmiottano un’era non vissuta dai loro creatori? Semplice, almeno secondo Naps Team: si prende una perla dell’era GameBoy Advance – intorno al 2002 – e la si trasporta nel modo più fedele possibile sull’hardware Nintendo. Meno chiacchiere e più botte.

La premessa dei creatori è molto semplice, ovvero offrire una trasposizione che andasse oltre la semplice emulazione che tanto in voga è in questo periodo. Proprio per questo motivo all’avvio di Gekido Kintaro’s Revenge per Nintendo Switch si vivono sentimenti contrastanti: il gioco, nella sua base, è effettivamente lo stesso, che si parli dei personaggi, delle animazioni o dei fondali. Ma davvero c’è stato del lavoro consistente prima della pubblicazione su eShop o siamo vittime di un grande inganno?
Dubbi leciti di fronte al lavoro davvero certosino svolto per riproporre uno dei titoli più impressionanti dell’epoca GBA: Gekido Advance sorprese per la grandezza degli sprite e la fluidità delle animazioni, non comuni sulla portatile nonostante la potenza a “32 bit” decantata dalla casa di Kyoto. La qualità del comparto tecnico era tale da farci domandare che stessero facendo Capcom e soci, non sempre capaci di esprimersi all’altezza sulla portatile. E ad oggi è come se il tempo si fosse fermato, perfino sulla nostra scintillante console ibrida.

Quello che abbiamo tra le mani è dunque un port adattato ad un nuovo motore (unity) che offre l’esperienza originale riveduta e corretta per quel che concerne artwork e accompagnamento musicale – originariamente un po’ monotono. Per chi non avesse mai avuto la passione per i rullacartoni o semplicemente è troppo giovane per conoscerlo, sappia che Gekido Kintaro’s Revenge non è un picchia picchia a scorrimento nel senso stretto del termine, bensì è più vicino al concetto di avventura. La progressione è subordinata alla nostra capacità di disfarci dei nemici nel modo più efficiente possibile usando combinazioni di calci e pugni, ma ci viene spesso chiesto di trovare il percorso giusto, chiavi per aprire porte o raggiungere in sotterranei e soffitte i personaggi che attivino il famigerato “dialogo avanza trama” di turno.
Può capitare dunque che le sessioni di gratificante dispensazione di mazzate siano bruscamente interrotte da sessioni al buio irte di ostacoli, salti da effettuare con precisione, pericoli ambientali che ci attaccano dall’alto o dal basso senza preavviso: non dovremo dunque limitarci ad attraversare i livelli in velocità, ma studiare ciò che ci circonda, orientarci identificando dei punti di riferimento e imparare l’importanza dell’osservare ogni ombra e ogni angolo troppo tranquillo. Un’avventura, appunto, fatta per impegnarci in modo più articolato di quanto ci si possa aspettare.

Il sistema di controllo offre una configurazione un po’ bizzarra nel layout ma sicuramente interessante una volta fatta pratica: il controllo unicamente via analogico può stranire (non disperate, è in arrivo una patch che permetterà di usare i tasti direzionali) ma si sposa molto bene con l’utilizzo dei dorsali per la corsa e il salto. Già, niente doppio tocco o rincorsa che prende velocità nel tempo, perché possiamo scattare e saltare senza tempi morti anche se il nostro pollicione è impegnato in furiose combo usando i tasti A e B… proprio come su GBA! X e Y sono lasciati in disparte e – effettivamente – non ne sentiamo la mancanza.
Fata un po’ di pratica si capisce perché il tutto, seppur nella sua semplicità, funziona: questo Gekido è un gioco “old style” sì, ma non necessariamente per via della sua cosmesi retrò. È il gameplay a riportarci nell’era in cui era fondamentale padroneggiare frame, distanze, pattern e portare al limite le nostre capacità “base” per superare un nemico all’apparenza intoccabile o per trovare un modo inatteso di infliggere danno extra. Destreggiandosi tra donzelle salterine che offrono una brevissima finestra per essere colpite o zombie minacciosi come ciabatte masticate che però riescono a colpirti con molta facilità, scopriamo le meraviglie del juggle in stile Tekken e teniamo in scacco i nostri rivali – ma mai distrarsi, pena finire alla mercé di diversi attacchi.

I nostri eroi Tetsuo e Shingo si trovano a fare piazza pulita dei rivali affidandosi unicamente alla potenza delle arti marziali, senza mai utilizzare oggetti o armi: se da un lato questa limitazione rientra nel discorso di cui sopra e si sposa con una progressione mirata al perfezionamento delle basi, dall’altro alla lunga può contribuire a rendere poco vario il nostro viaggio, mancando del tutto l’evoluzione del personaggio e delle sue mosse come la conosciamo oggi.
A ravvivare la situazione ci pensano i power up e i malus che verranno ogni tanto fatti cadere dai nemici, sotto forma di piccole sferette colorate con sopra una lettera o un simbolo. Dovremo imparare presto i loro effetti – che possono andare dal potenziamento all’invincibilità, passando per il blocco dei tasti – per sapere come gestire la loro presenza sul campo: non vorremo mica trovarci con i controlli invertiti proprio di fronte ad un nemico potente supportato da una manciata di scagnozzi? Meglio piuttosto chinarsi per mangiare un panino e recuperare un po’ di vita mentre schiviamo un diretto rivolto alla nostra faccia… cosa successa realmente!

Nonostante l’amore spropositato verso questa tipologia di gioco e per la pixel art dell’era 16/32 bit, non è semplice sorvolare sui limiti di una produzione che mostra di avere qualche anno sulle spalle, in particolare quando emerge in noi il videogiocatore furente – ben disposto ad affrontare una sfida tosta ma che non gradisce di dover gestire bizzarre hitbox quando si tratta di muoversi tra fossi e barriere di legno appuntito. Non smetterò mai di allenarmi per capire come far fuori al meglio lo zombie sputasangue e lanciacoltelli, ma non chiedetemi di accettare che un piede messo leggermente fuori posto mi faccia cadere e perdere vita. Né tanto meno posso gradire che in nome della prospettiva io venga colpito, al buio, da un masso calato dal soffitto che vista la mia posizione avrebbe dovuto graziarmi. Che mi stia scaldando troppo perché sono semplicemente scarso? Forse. Ma se certe situazioni non fossero dovute a piccoli difetti di ottimizzazione e, invece, dovessero rivelarsi frutto di precise scelte di design atte a spingere il giocatore verso l’acume massimo dei propri sensi… beh, potremmo considerarlo comunque un peccato, visto l’impatto che possono avere certe minuzie sul divertimento del giocatore.
Curioso inoltre il contrasto tra la grafica 2D e i testi estremamente puliti e precisi, quasi tirati di fuori di peso da un editori di testo di Windows. Non si tratta certo di un vero problema (l’unico vero, legato al non andare a capo correttamente, verrà risolto sempre nella patch in arrivo) ma ripensando ai bei caratteri cicciosi e pixellosi dell’originale è facile perdere un po’ d’atmosfera, specie durante dialoghi in overlay sulla grafica del gioco e non sulle cutscene.

Detto questo però va ricordato come questa versione di Gekido Advance sia in realtà identificabile come una sorta di “Definitive Edition Deluxe Director’s Cut” per la mole di novità e contenuti aggiunti rispetto a quanto visto oltre 15 anni fa. Sono presenti differenti opzioni di visualizzazioni per ricreare le proporzioni del 2002 o adattarle ai nuovi schermi, compresa una visione panoramica assolutamente gradita per l’aumento del campo visivo che garantisce. Completano il quadro i classici “filtri” che smussano gli angoli o restituiscono la classica resa da CRT.
Ma non solo tecnicismi, la “ciccia” è stata aggiunta anche per quel che concerne le opzioni di gioco. Oltre alla Storia infatti sono presenti una modalità “roguelike” chiamata “A Caccia di Reliquie“, in cui esplorazione e raccolta di oggetti la fanno da padrone, e una graditissima “Survival” capace di ricreare l’esperienza dei vari Final Fight o Street of Rage in modo molto più convincente rispetto a quanto succeda seguendo la trama principale. Ogni modalità può essere intrapresa da soli o accompagnati da un amico, in locale usando i due Joy-Con, con la possibilità di scegliere se impersonare Tetsuo o Shingo se affrontiamo A Caccia di Reliquie o Survival in singolo. Inutile sottolineare che come per ogni rivale del protagonista che si rispetti, il canuto combattente di rosso vestito abbia un appeal decisamente superiore, grazie anche ad animazioni meno articolate ma sicuramente più d’effetto.

Esplorando ogni elemento e modalità del titolo potreste in più occasioni provare la sensazione che manchi qualcosa, che ci volesse qualche rifinitura in più o che la fusione tra classico e moderno forse non sia riuscita nel modo migliore, ma è anche vero che ci portiamo sulle spalle un bagaglio di ricordi e di mutazioni – del medium e della nostra persona – che spesso ci portano a confrontare le produzioni più atipiche con i ricorrenti modelli di successo, andando a punire oltre il dovuto le produzioni comunque valide.
Gekido Kintaro’s Revenge mi ha fatto spesso sbuffare per le sue imprecisioni e per la mancanza di un sistema di progressione più ruffiano verso il giocatore moderno abituato a checkpoint e save ad ogni passo, però dal canto suo mi ha restituito la voglia di incaponirmi e mi ha ricordato la soddisfazione immane che si prova quando porti al limite delle meccaniche basilari “rompendone” i cardini per realizzare – ad esempio – combo molto più lunghe di quanto si possa fare in condizioni normali. E poi ho potuto LANCIARE UN PIPISTRELLO. Ditemi voi come non si possa collocare nell’olimpo un gioco in cui si può effettuare una Tachi Waza ad un pipistrello che ci svolazza attorno alla faccia in modo sconsiderato.

In definitiva questa nuova opera di Naps Team è divertente, difficile e old-school, oltre che pionieristica per tutti quei titoli che vorrebbero fare il salto generazionale e ritornare vivi ai giorni nostri. Probabilmente non è la cosa migliore che potrete far girare su Nintendo Switch in modalità Docked per impressionare gli amici, ma si sposa dannatamente bene alla natura portatile della console – le origini del gioco non tradiscono, dopo tutto.
Non troppo lungo ma ricco di cose da fare, oltre che adeguatamente difficile per non bruciarsi in fretta, Gekido Kintaro’s Revenge si inserisce nella libreria digitale dell’eShop affiancandosi ai grandi classici SNK con il vantaggio, però, di un’offerta rielaborata per il 2018. Da ricordare inoltre che sono previsti aggiornamenti gratuiti per il gioco, che verrà supportato a lungo termine. Un prodotto consigliato dunque, in attesa di un graditissimo Gekido 3… o di Baldo?