NINTENDO È ENTRATA IN UN NEGOZIO TIGER
Nintendo Labo
è stato presentato ed arriverà a breve. Direi che, dopo le emozioni delle prime ore, sia arrivato il momento di fare un respiro e prendere la questione da una visione d’insieme più larga.
Labo non è solo un giocattolo, è la soluzione ad un “problema” che attanaglia da anni l’industria videoludica.
Quando Switch fu presentato, in molti andarono a pensare la possibilità di sostituire ai joycon dei controller più specializzati, andando a trasformare Switch in qualcosa di diverso. Si pensava quindi a nuove periferiche. Il mondo dei videogame in fondo è pieno di aggiunte varie ed eventuali, atti a dare nuove funzionalità alle console. Un’idea carina, ma logisticamente ed economicamente dispendiosa, oltre che estremamente frazionaria nei confronti dell’utenza. Ma facciamo un breve passo indietro.

Ci sono principalmente due tipologie di periferiche. Le prime sono dei miglioramenti funzionali. Basti pensare alla pistola Zapper per il NES, al rumble pack del Nintendo 64, ai tappetini per danzare, fino ai più recenti PsVR di Sony e Kinect di Microsoft. Il punto cardine è proprio questo: aggiungere funzionalità che sono assenti nella console di base. In alcuni casi questi add-on sono andati anche a potenziare le console da un punto di vista grafico, ma le nuove funzionalità sono la chiave di volta. Nuove opportunità che si aprono grazie a nuove tecnologie. La seconde cercano di migliorare il confort dell’utilizzo della console o di offrire un effetto simile all’omeopatia. In questo settore possiamo trovare i grip a forma di volante, le Zapper lei i Wiimote o i Move, i grip per le console portatili o gli estensori di plastica per il Wiimote.
Le prime periferiche soffrono dal punto di vista della frammentazione dell’utenza. Non avranno mai un’adozione del 100% e pertanto non si può direzionare verso di essa uno sforzo di produzione pari alla piattaforma base. Però integrano spesso la loro elettronica, anche sofisticata. Le ipotizzate “basse” vendite costringono le case a venderli con un buon margine di profitto, rendendoli più costosi del dovuto. Spesso ci si ritrova ad avere pezzi che funzionano con un numero di software esigui, neanche così interessanti per la loro produzione budget. Microsoft aveva provato con l’Xbox One ad inserire Kinect nel pacchetto base, ma la necessità di dover scendere di prezzo unita alla relativa inutilità della piattaforma l’ha portata ad essere abbandonata.

Nintendo Labo si inserisce in mezzo ai due concept di periferica: è un nuovo paradigma che fonde le due idee. Ha il basso costo del materiale e la facilità di produzione degli accessori di plastica, unito alla creazione di nuove esperienze ludiche coadiuvate da software adatto. C’è ovviamente un limite nella capacità di realizzazione di nuove esperienze perché sono limitate da quello che può fare la macchina. Fortunatamente i Joy-Con sono stati progettati come strumenti stracolmi di tecnologia. Oltre ai soliti accelerometri e giroscopi, gli accelerometri lineari, il sensore NFC ed il sensore IR li rendono una spanna sopra gli equivalenti concorrenti da console e più parenti dei controller da VR.
L’attenzione si sposta quindi da “trovare cosa manca e farci un accessorio” a “vediamo come usare nel modo più creativo quello che abbiamo, perché possiamo sopperire a mancanze strutturali facilmente”. E quindi vediamo i Joy-Con ritornare alla poliedricità dei Wiimote invece che alla dubbia utilità del paddone di Wii U. Vale la pena guardare un attimo a due diverse proposte del pacchetto kit assortito di Labo. La canna da pesca è l’emblema delle periferiche “inutili”. Sfruttare Un controller come canna ed un’altro come mulinello lo facevamo dai tempi di Wii. Esistono accessori di plastica come questo, che adempiono alla stessa funzione. La proposta invece della macchina RC è più vicina all’idea di un’esperienza nuova. Sfrutta i semplici accelerometri per fornire un movimento. La scocca di cartone in questo caso abilita la possibilità di controllare questo fenomeno e lo trasforma in un gioco vero e proprio.

L’uso del cartone come materiale può sembrare bizzarro, ma in realtà non è affatto un’idea malvagia. Può essere più robusto di quel che si pensa se ben sfruttato e ci sono interi progetti fatti di cartone, perfino una bicicletta. Lo svantaggio di questo materiale, la relativa bassa resistenza all’usura e la possibilità alta di rottura accidentale, è compensato dal suo basso costo ed alta reperibilità. Nintendo, annunciando di voler distribuire i design al pubblico, permette di creare rimpiazzi a costo molto contenuto o effettuare riparazioni all’utente, senza passare per l’assistenza clienti. In fondo un visore VR di cartone viene sui 7€ su Amazon, ma comprando solo il materiale ce la si dovrebbe fare con meno di 1€. Da ora in poi guarderete i pacchi di Amazon con un’altro occhio.
Nintendo Labo è un po’ come l’uovo di colombo. Di per se è un’idea di facile realizzazione, volendo neanche così rivoluzionaria se presa nel vuoto. Il punto però è che nessuno ci ha pensato prima nel proporre una cosa del genere in questa forma, pertanto va riconosciuta l’importanza nell’azione di Nintendo. La quale, non avendo paura di floppare male, le prova di ogni, da sempre. Dà la direzione invece di inseguire. E questo vuol dire andare addosso a scogli ogni tanto. Altre volte si trova il passaggio a Nord-Ovest. I veri dubbi saranno sull’effettiva capacità di penetrare il mercato come accessorio di una console che costa comunque 330€ e pertanto non è ancora ottimale per il target “giocattolo”.

Un altro dubbio a dire la verità mi rimane dopo tutta questa analisi. Perché Nintendo mi ha venduto l’accessorio volante per i Joy-con invece di farmelo fare di cartone? Mistero.