Il buon Emil recentemente ha scritto un pezzo, molto “morigerato” direi, in seguito all’annuncio di Pokémon GO. Ivi si analizzavano gli elementi che avevano portato alla nascita/creazione del progetto, provando a riflettere sulle sue potenzialità.
Il buon Emil, da redattore professionista qual è, non poteva immaginare cosa avrei invece scritto io, decisamente più incline a voli pindarici e speculazioni semiserie.
Diciamolo senza mezzi termini: Pokémon GO è potenzialmente la fine del mondo come lo conosciamo, un passo in avanti (?) che l’umanità compierà all’unisono e inconsapevolmente.
Pokémon GO è un progetto affascinante, un sogno che si realizza, un’avventura entusiasmante… ma è anche una trappola che consegnerà nelle mani di Nintendo e The Pokémon Company una schiera sterminata di persone pronte a rispondere ad ogni comando.

No, ok, non sto insinuando di complottevoli ipnosi di massa attraverso l’applicazione, ma vorrei sottolineare come esista un elemento che, sfruttato a dovere, potrebbe portare risultati rivoluzionari nel campo della comunicazione e dello sfruttamento dell’utenza. Questo elemento è la geolocalizzazione.
Abbiamo tutti ben impresso in mente come il trailer d’annuncio viva un crescendo inarrestabile che culmina nell’incredibile evento in Time Square dove centinaia, se non migliaia, di giocatori si radunano per catturare Mewtwo.
Ora immaginate alle possibilità offerte dall’utilizzo di ben precise coordinate gps per raggiungere specifici pokémon. E non mi sto riferendo a bizzarrie in stile meme di Facebook come Articuno sull’Everest o Arceus in Vaticano, bensì a collocazioni strategiche che permettano di creare mobilitazioni di massa controllate.

Interminabili nugoli di persone che si muovo secondo precise istruzioni ricevute sul proprio telefono: immaginate se improvvisamente l’app dicesse che in data “x” è possibile catturare Mewtwo in Piazza Duomo a Milano… persone che prendono treni e arei per essere presenti, realizzando uno dei più incredibili flash mob spontanei a costo zero. Una telecamera, qualche foto, e via su TV e social con la portata di un evento da migliaia di euro.
Questo senza considerare che possano esistere pokémon speciali legati all’area geografica o la nazione… nulla lo vieterebbe!
Non essendo al corrente di come possano essere strutturate raccolta e gestione dei mostri tascabili, possiamo immaginare i giocatori che riempiono i propri box in cloud (a pagamento magari…) con numerose specie e sottospecie, pokémon shiny o con abilità speciali legate ad eventi.

Come ogni cosa è ovvio che l’immaginazione ci porti a pensare “oltre” quello che possa essere effettivamente realizzato, anche tenendo in considerazione tutte le responsabilità indirette che si caricherebbe un’azienda che sposta tante persone in punti precisi delle varie città (problemi di traffico, sicurezza, etc.). Va considerato tutto e la saggezza mostrata da Nintendo e The Pokémon Company negli anni ci porta a pensare che non si supererà il limite del buonsenso e che potremo vivere le nostre vite di allenatori di pokémon in tutta serenità.
E se invece decidessero di fare il passo? Ci troveremmo di fronte ad una rivoluzione – senza esagerare – del modo di concepire social e intrattenimento veicolati da un oggetto che, ormai, hanno tutti nel mondo, diversamente da una console portatile.

Pokémon GO potrebbe essere un precedente che trasforma un device che ha permesso di vivere nel palmo di una mano esperienze “limitate” e artificiose in uno strumento capace di creare legami, incontri e intrattenimento al di fuori dello schermo. Perché inoltrare su Facebook le richieste agli amici o mandare i rifornimenti ad altri giocatori del “Clash of Clans” di turno non è in alcun modo paragonabile a una folla di persone che collaborano per raggiungere un obiettivo incitandosi e sostenendosi a voce, dal vivo… per poi magari andare a mangiare una pizza e bere una birra insieme.
E, tanto per buttare altra carne al fuoco, si inventassero i capi palestra? Persone con un indirizzo preciso da raggiungere e sfidare per ottenere le medaglie? BOOOOOOOM!

Inoltre sappiamo bene come sia facile per l’uomo acquisire rilevanza agli occhi degli altri quando in possesso di beni o privilegi desiderati dalle masse: immaginiamo dunque come i possessori dei pokémon più rari e ricercati possano acquisire una sorta di fama, un’importanza destinata a durare finché lo status di allenatore che “è riuscito dove altri hanno fallito” rimane tale.
Un mondo di nuovi vip diventati famosi (termine invero abusato di recente, lo ammetto) grazie ai successi nel gioco e alle schiere di fan pronti a seguirli nella loro avventura, magari sostenendoli giornalmente perché questi possano portare a compimento il sogno che loro non sono in grado di realizzare
Una stirpe eletta che, in caso di apocalisse, prenderebbe le redini del mondo…

Ok, è chiaro che in buona parte di questa riflessione la fantasia l’ha fatta da padrone, anche perché il poco che si è visto nel trailer, se usassimo in toto le nostre capacità razionali, non porterebbe ad un titolo realmente esaltante: il solito pokémon appare nel solito praticello verde (niente realtà aumentata?) e non è certo lanciando qualcosa che ci appare magicamente in mano che arriveremo a catturarlo.
Ma provando a spingere sulla componente social e di interazione, basata tutta su mappe e connessioni bluetooth/wireless, potremmo ritrovarci tra le mani una novità assoluta in grado di cambiare la percezione del gaming in senso assoluto, data la sua stretta connessione con le dinamiche sociali della vita vera.
Non ci sarebbe più bisogno della mamma che dice: “Vai a giocare fuori che c’è bel tempo”, perché noi saremmo già fuori, a inseguire il nostro sogno di diventare il migliore…
…”Come nessuno è stato mai…” ♫