I fangame sono consentiti quando non vengono monetizzati
Durante un’intervista con Aftermath, l’ex responsabile legale di The Pokémon Company, Don McGowan, ha spiegato come l’azienda interviene nei confronti dei giochi realizzati dagli appassionati.
Secondo le parole del legale, l’azienda veniva a conoscenza del fangame attraverso un articolo che parlava del progetto oppure ci si imbatteva lui stesso.
Aftermath: In che modo The Pokémon Company gestisce i decreti ingiuntivi relativi ai progetti dei fan? Come li avete trovati e dove avete tracciato la linea di demarcazione tra ciò che è consentito e ciò che l’azienda ritiene debba essere chiuso?
McGowan: Risposta breve: grazie a voi. Ero seduto nel mio ufficio a farmi gli affari miei quando qualcuno dell’azienda mi mandava un link a un articolo, oppure mi ci imbattevo io stesso. Insegno Diritto dello Spettacolo all’Università di Washington e lo dico ai miei studenti: la cosa peggiore del mondo è quando il tuo progetto “fan” viene pubblicizzato, perché ora so di te.
Ma questa non è la fine dell’equazione. Non si invia subito un takedown. Si aspetta di vedere se vengono finanziati (per un Kickstarter o simili); se vengono finanziati, allora è il momento di agire. A nessuno piace fare causa ai fan.
In base al suo racconto, sembra che il trarre un profitto sia il motivo scatenante che spinge la società giapponese a intervenire per vie legali.
E voi, cosa ne pensate?