Il grande ritorno di uno maestro dell’investigazione
Il Giappone è una terra straordinaria per i videogiocatori. Da sempre i loro maestri hanno portato sul mercato una qualità e una quantità di giochi pazzesca rispetto al resto del mondo, spesso riscrivendone le regole e portando milioni di giocatori a vivere le loro avventure.
E tra questi grandi autori non possiamo non nominare Kazutaka Kodaka, mente geniale dietro a giochi del calibro di Danganronpa e World’s End Club e ancora molto attivo in produzioni veramente interessanti. L’ultima di questa è proprio Master Detective Archive: Rain Code, un gioco di ruolo che unisce in modo molto interessante meccaniche ruolistiche a elementi investigativi.
E quindi cosa stiamo aspettando? Tuffiamoci a pié pari in questa strepitosa avventura e cerchiamo di scoprire che cos’è Master Detective Archive: Rain Code e perché, se vi piace il genere investigativo, dovreste assolutamente giocarlo.
Investigatori del soprannaturale
Nella nuova avventura di Kodaka vestiremo i panni di Yuma Kokohead, un giovane e smemorato detective facente parte della più grande organizzazione di detective del tutto il mondo e accompagnato da una figura piuttosto peculiare, un pizzico stereotipata ma terribilmente divertente che prende i panni di Shinigami, la sua irriverente compagna d’avventure e di esplorazione nel misterioso mondo del Labirinto.

L’avventura di Yuma si apre subito con un caso di omicidio di non poco conto. Yuma viene incastrato come unico colpevole e deve trovare il modo di scagionarsi grazie a una delle sue geniali soluzioni. Shinigami sarà una compagna d’avventura fondamentale ai fini della risoluzione del mistero. I colpi di scena che vivremo durante tutta la vicenda ci faranno godere non poco del tempo speso su questo titolo.
È particolarmente interessante vedere come Kodaka sia riuscito a mescolare quasi alla perfezione un mondo simil realistico e particolarmente tirannico con delle pennellate di fantasia soprannaturale. I Master Detective hanno abilità univoche e misteriose in grado di aiutarli nei loro compiti più difficili. Anche l’atmosfera stessa che si respira durante il corso di tutta l’avventura è un mix tra queste due visioni. Da una parte troviamo una città soggiogata dal potere senza confini dell’Amaterasu Corporation, dall’altra i misteri del Labirinto dei Misteri, con le loro atmosfere uniche e i loro personaggi spesso irriverenti ed esagerati, ma tutti unici e ben riconoscibili.
Un gameplay sotto la lente dell’investigatore
Il dettaglio che distingue questo titolo da moltissimi altri è il suo particolare gameplay, di cui in parte ne abbiamo parlato in un articolo speciale che vi consiglio di leggere. Come abbiamo detto, la componente investigativa è molto pronunciata nell’avventura, e sarà infatti essenziale esplorare ogni anfratto delle varie scene del crimine che ci troveremo di fronte.

Il gameplay è solido e intrigante, con pochi rallentamenti narrativi. Esplorando le scene e scoprendo tutti i dettagli è possibile guadagnare punti investigatore che aumenteranno la propria conoscenza del caso e le possibilità di riuscire a ricostruirlo nei minimi dettagli. Queste informazioni saranno utili per formulare ipotesi corrette da esporre al birbante di turno che proverà ad incastrarci.
Ma il gameplay “esterno“, ovvero quello giocabile nel mondo reale della città di Kanai Ward, non è che un piccolo anfratto dell’enorme puzzle ideato da Kodaka. Sfruttando le nostre abilità soprannaturali e interpellando la preziosissima Shinigami avremo modo di accedere al Labirinto dei Misteri, una struttura eterea e intricata in cui dovremo confrontarci continuamente con diverse scelte, quick time events, deduzioni logiche, nemici da sconfiggere a colpi di prove e minigiochi veramente particolari.
Le meccaniche che viviamo all’interno del mondo onirico del Labirinto (un palese omaggio ai Mementos di Persona 5) sono un’aggiunta fantastica alla classica Visual novel, rendendola di fatto molto più interattiva e godibile rispetto a tutte le altre. Anche gli scontri deduttivi contro i “boss” sono veramente interessanti, costruiti a suon di deduzioni e di contro argomentazioni. Ci metterete un po’ a capirne il funzionamento, ma dopo un po’ di abitudine imparerete ad apprezzarne le meccaniche tra una schivata e l’altra.

Bisogna sottolineare però un dettaglio: ogni tanto i minigiochi (specie se ripetuti diverse volte uno dietro l’altro) possono risultare leggermente noiosi. Niente di drammatico, sia chiaro, ma ogni tanto un po’ di pesantezza è percepibile.
Un finale che ti spezza
Come abbiamo detto prima, la storia di Master Detective Archive: Rain Code è veramente interessante e ben costruita. Al netto di alcuni momenti più deboli nella narrazione, mai invadenti fortunatamente, la storia di Yuma è veramente piacevole e scorre molto bene.
I colpi di scena sono molti e ben orchestrati, alcuni sono un pelo più prevedibili mentre alcuni invece sono assolutamente stupefacenti. In particolare modo il finale è veramente spiazzante (nonché un po’ folle, ma da Kodaka ci aspettiamo questo e altro) e difficilmente ve lo scorderete.
Questo finale arriva dopo una bella serie di scelte narrative azzeccate, ben intrecciate tra loro e da un’inventiva nei vari racconti che è stata particolarmente apprezzata dal sottoscritto. D’altronde, come puoi non apprezzare un’avventura come quella dell’uomo chiodo, con i suoi misteri oscuri e dalle tinte sacrali, e come puoi non farti trascinare dal mistero che si cela dietro l’onnipresente Amaterasu Corporation, in grado di stravolgere le regole della vita di ognuno degli abitanti di Kanai Ward fino a riscriverne il modo di leggere la realtà?
Uno stile invidiabile
Che Kodaka e il suo studio avessero uno stile veramente unico era già visibile dalle loro passate produzioni. Ancora oggi lo stile visivo di Danganronpa è rimasto praticamente unico e riconoscibile, con diversi giochi che hanno tentato di ricalcarlo non riuscendoci a dovere.

Lo stile cyberpunk di Kanai Ward è veramente magnifico, con colori che ricalcano fantasticamente i canoni del genere e scenari cittadini pittoreschi; allo stesso modo alcune scene mettono in mostra dei rimandi piuttosto forti alla tradizione noir-investigativa vecchio stile, con tanto di omaggi a delle grandi città Europee e un’interfaccia che richiama Persona 5 nonché anime come Sailor Moon e Detective Conan.
Master Detective Archive: Rain Code è, quindi, una vera gioia per gli occhi. Lo stesso non si può dire, purtroppo, per il framerate che in modalità portatile risulta poco solido e abbastanza ballerino. Tolto questo dettaglio, il doppiaggio è perfetto in entrambe le lingue (italiano e giapponese) e qualsiasi delle due sceglierete vivrete una bella esperienza di gioco.
E per non farci mancare nulla anche la colonna sonora è molto bella. Parliamo di un mix tra rock, techno e jazz, con diverse tracce che ascolteremo lungo tutto il corso dell’avventura. Colonna sonora molto bella, si, ma purtroppo poco variegata. Ciò significa che le tracce che all’inizio trovavamo meravigliose nel giro di una decina o poco più di ore ci verranno a noia, portandoci magari ad abbassare un po’ il volume del gioco.

In conclusione
Master Detective Archive: Rain Code è un titolo veramente interessante, ricco di colpi di scena e dotato di uno stile e una scrittura di tutto rispetto. Al netto di un framerate ballerino in modalità portatile e di una colonna sonora si interessante ma un po’ ripetitiva, Kodaka ha confezionato nuovamente una splendida avventura che riuscirà sicuramente a coinvolgervi e che lo proiettano nuovamente nell’Olimpo dei grandi autori giapponesi di videogiochi.