The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom – Recensione

Recensione di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, nuovo capitolo della leggendaria saga Nintendo e uno dei titoli più attesi dell'ultimo decennio

Condividi l'articolo

Genere: Azione/Avventura
Multiplayer: No
Lingua/e: Italiano

Una fiaba leggendaria, ora più che mai

Ogni tanto, al di fuori della sfera sentimentale personale, accade di innamorarsi di qualcosa che rientra in uno di uno dei tanti media che ormai fanno parte della nostra vita quotidiana, siano essi interessi, passioni o semplici hobby da coltivare per rilassarsi nel tempo libero.
Una scintilla incontrollata, qualcosa destinato a rimanere per sempre parte di noi e in qualche modo di migliorarci, in grado magari di strapparci un fugace sorriso pensandoci, durante un momento difficile.
Può accadere fermandosi a contemplare un’opera artistica a una mostra, ascoltando un disco e soffermandosi su una traccia in particolare da far ripartire in loop, nota dopo nota, può accadere leggendo un libro e immergendosi parola dopo parola, dimenticando tutto quel che accade attorno, camminando una parola alla volta, in un altro mondo.

E ovviamente, accade ed è accaduto numerose volte, anche con il tanto amato medium videoludico.
Arriva un titolo che rapisce e conquista come mai prima d’ora, arricchisce il proprio bagaglio culturale personale, rimane indelebile nella memoria.
Come e quando accade e soprattutto con che genere e tipologia di gioco, sono fattori totalmente soggettivi. Non è raro che possa accadere con i giochi di ruolo o di avventura, spesso caratterizzati da personaggi memorabili, una trama ben scritta e coinvolgente e cinematiche con un livello di regia paragonabile a quello di produzioni da grande schermo.
Ma può ovviamente succedere anche con un platform, un’avventura grafica, un gioco d’azione con visuale in terza persona, uno sparatutto, è un colpo di fulmine totalmente e unicamente soggettivo.

Dipende da noi, dipende dalla nostra sensibilità, dipende da chi siamo e come siamo e quali sono i tasti giusti per toccare le nostre corde emotive.
Ogni tanto, arriva nel medium videoludico quel titolo capace di scuotere il mercato e i giocatori, di ottenere una risonanza senza pari, anche di generare comprensibile astio e invidia da parte di alcuni.
Ogni tanto, arriva una perla destinata a rimanere tra le più grandi produzioni della storia in modo iconico per le rivoluzioni che apporta, per la ricchezza di idee o per una qualità e una giocabilità senza pari.

Ogni tanto, Nintendo decide di superare se stessa, di mettere in campo tutta l’esperienza accumulata in oltre quarant’anni di sviluppo e creazione di software e plasmare qualcosa che va ben oltre la semplice definizione di videogioco, prevarica il confine e diventa arte.
Senza girarci attorno, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è destinato, con grande merito, a essere ricordato, amato e celebrato per gli anni a venire e soprattutto, è destinato a rappresentare per tanti appassionati, l’avventura di una vita.

Uscito nel 2017 al lancio di Nintendo Switch e in cross-platform anche alla fine del ciclo vitale di Wii U, The Legend of Zelda: Breath of the Wild ha rivoluzionato il mondo degli open world e la saga come solo Ocarina of Time aveva fatto fino a quel momento. Una combinazione di fattori come la possibilità di esplorare e raggiungere qualsiasi posto visibile all’orizzonte, l’applicazione di leggi fisiche che regolavano il mondo di Hyrule, un mondo costruito in modo certosino in ogni suo dettaglio.
Ma soprattutto, Breath of the Wild ereditava lo spirito dell’originale The Legend of Zelda del 1987 per NES, permettendo al giocatore di vivere la propria avventura come preferiva, compiendo un cammino che non sarà mai identico a quello di altri giocatori, scegliendo dove andare, quali strade prendere, quali missioni seguire e con quale ritmo procedere verso la liberazione di Hyrule.

Un successo enorme anche dal punto di vista commerciale, con oltre 30 milioni di copie vendute sommando le versioni Switch e Wii U, numeri che lo hanno reso il titolo più venduto della serie con un enorme distacco sul secondo in classifica.
L’annuncio di Tears of the Kingdom ha inevitabilmente portato con se aspettative altissime e un’attesa spasmodica, per fortuna Nintendo si è presa tutto il tempo necessario, quasi sei anni, per sviluppare la migliore avventura possibile, partendo proprio da Breath of the Wild come base.

Tutto ha avuto origine nel cielo in fondo, ed è li che tutto ricomincia

Sono passati alcuni anni dalla fine di Breath of the Wild e Hyrule ha finalmente incominciato a riprendersi dal secolo buio causato dalla perenne presenza della Calamità Ganon, la piaga che ciclicamente perseguita gli abitanti da oltre 10.000 anni. Un periodo di pace, una tregua che le popolazioni hanno sfruttato, un passo alla volta, per ricostruire villaggi e case, creare avamposti e organizzarsi per affrontare possibili future minacce.
Le ricerche per svelare i segreti legati alla Calamità proseguono e il sospetto che la verità sia celata nelle fondamenta del castello di Hyrule è forte, soprattutto per la presenza ancora forte del miasma negli inesplorati sotterranei, dove caverne sepolte dal tempo si sono aperte, rivelando nuove strade.

Link e Zelda sembrano essere i soli a poter sopportare il miasma e decidono di scendere per indagare, accompagnati dalla Spada Suprema, saldamente in mano al cavaliere protettore della principessa.
Dal buio emergono antiche incisioni su pietra, lascito dell’antichissima civiltà Zonau, enormi pareti che raffigurano una guerra svoltasi ben prima della comparsa della Calamità, una sfida contro un antico nemico identificato come il Re dei Demoni, figura già nota a Zelda sulla base dei suoi studi, la testimonianza di un passato remoto lasciata ai posteri a imperitura memoria e come avviso per chiunque dovesse capitare nelle rovine sotterranee e forse, un monito a non proseguire nell’esplorazione.

Di fondamentale importanza, anche questa volta è possibile vestire Link con abiti estremamente discutibili

La discesa termina in una grande sala, dove un corpo mummificato viene tenuto sospeso da un braccio attaccato luminoso al petto. Poco dopo il loro arrivo, il braccio esaurisce il proprio potere staccandosi, cadendo a terra e lasciando rotolare una piccola gemma che Zelda raccoglie.
In alcuni istanti, in una rapida concatenazione di eventi, il corpo mummificato del Re dei Demoni Ganondorf si risveglia, attacca Zelda e Link, per proteggerla e contrattaccare, viene seriamente ferito al braccio destro, oltre a vedere la Spada Suprema andare in frantumi, corrotta dal miasma.

Certo della vittoria, il Re dei Demoni libera il suo potere sollevando il castello nel cielo mentre precipita negli abissi, causando un sisma di proporzioni enormi che si ripercuote su tutta Hyrule. Il terreno frana sotto i piedi di Zelda e Link prova disperatamente ad afferrarla, mancando la presa. La principessa scompare avvolta dalla luce della gemma che sigillava Ganondorf, mentre il suo cavaliere perde i sensi stremato e viene salvato in extremis dal misterioso braccio che teneva sigillato e sospeso nel tempo il nemico. E qui, comincia The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom.

I meravigliosi artwork del compendio permettono di conoscere meglio i personaggi principali

Al suo risveglio, Link fa la conoscenza di Raul, primo re di Hyrule ed esponente della razza Zonau, considerati discendenti degli dei, disceso dal cielo assieme a sua sorella per vivere con i popoli della terra.
Raul spiega a Link che per fermare la proliferazione del miasma sul suo corpo e salvargli la vita, ha dovuto sostituirgli il braccio con il suo, lo stesso che teneva sigillato Ganondorf, dandogli la possibilità di utilizzare i poteri divini degli Zonau, fondamentali per sperare di sconfiggere il Re dei Demoni senza l’ausilio della Spada Suprema, corrotta e al momento inutilizzabile. Poteri, che sono il centro del gameplay attorno a cui ruota l’esperienza di Tears of the Kingdom.

La fase iniziale è molto simile a quella di Breath of the Wild, con una vasta area sospesa nel cielo sopra Hyrule, l’Isola Celeste delle Origini, dove prendere confidenza attraverso il completamento di alcune prove con l’utilizzo di Ultramano, Reverto, Ascensus e Compositor, le nuove abilità di cui è dotato Link.

Ultramano, il primo potere a disposizione, consente di afferrare, muovere liberamente e collegare alcuni oggetti come tavole di pietra, metallo o legno, oltre a poter manipolare tutta la tecnologia Zonau a disposizione su Hyrule. Un’abilità che consente una libertà senza pari nel gameplay, permettendo di creare ponti per superare ostacoli, mezzi in grado di muoversi a terra, nel cielo, nel deserto o in acqua, addirittura robot dotati di armi in grado di agire in autonomia.
Una volta presa la (Ultra) mano con i congegni Zonau, si diventa in breve tempo in grado di creare qualsiasi cosa, in un numero di combinazioni praticamente infinito.

Ogni area dispone di numerose risorse a disposizione per costruire strutture e marchingegni sfruttando le tecnologie Zonau

Reverto è un’abilità chiave durante i combattimenti, permettendo di invertire il moto di un oggetto solido entro un certo limite temporale. Link può rispedire indietro armi e rocce lanciate dai nemici, utilizzare assi e travi per usarle come un passaggio controcorrente o ascendere al cielo invertendo la caduta di rocce dalle isole fluttuanti.
Inoltre, consente a Link di muoversi liberamente durante la fase di inversione temporale, consentendogli di sferrare attacchi extra e di posizionarsi in modo strategico nel punto migliore per colpire il nemico una volta ripristinato il tempo.

Ascensus è studiata appositamente per la nuova Hyrule, ricca di grotte, sotterranei, passaggi segreti e luoghi da esplorare in verticale. Utilizzandola, Link è in grado, quando compatibile e dotata di una vita di uscita, di “nuotare” nella superficie sopra di lui rendendosi temporaneamente incorporeo e di sbucare fuori, oppure anche solo dare un’occhiata attorno e tornare al punto di partenza.
Un potere molto interessante che permette di muoversi in una dimensione del tutto nuova e che ha dato agli sviluppatori la possibilità di sviluppare mappe dotate di un numero maggiore di passaggi segreti, scorciatoie e strade da trovare provando nel punto giusto.
Non è la prima volta nella saga in cui Link è dotato di un potere che gli permette di spostarsi all’interno delle superfici, in A Link Between World, l’eroe di Hyrule era in grado di diventare bidimensionale muovendosi attraverso le pareti.

Per quanto riguarda gli archi, possiamo unire praticamente qualsiasi materiale alle frecce per ottenere gli effetti più disparati

L’ultima abilità disponibile dall’inizio, Compositor, è la chiave per rendere più potenti le armi a disposizione e aumentarne la durabilità. Con il proliferare del miasma, i metalli presenti su Hyrule e in particolar modo le armi, hanno subito una pesante corruzione, diventando estremamente fragili e poco resistenti in combattimento. Compositor permette di fondere praticamente qualsiasi oggetto a un’arma o uno scudo, modificandone il valore di attacco e difesa e l’aspetto.
E anche in questo caso, le combinazioni possibili sono praticamente infinite. Ad esempio, utilizzare parti di mostri particolarmente potenti permette di aumentare notevolmente l’attacco o la portata, rinforzare lo scudo con una roccia ne aumenta la resistenza, fonderlo con un carrello da miniera lo trasforma in uno skateboard portatile, aprendo a nuovi modi di superare alcune fasi di gioco.

I poteri conferiti a Link da Raul sono in pratica la naturale evoluzione di quelli a disposizione in Breath of the Wild, costruiti per stimolare l’ingegno e la fantasia degli sviluppatori e del giocatore e possono essere riassunti in una parola, quella che meglio riassume la nuova direzione intrapresa da Nintendo per la sua saga: libertà.
E imparare a padroneggiarli è davvero questione di pochi minuti di gioco, durante tutta la progressione dell’avventura il titolo mette a proprio agio il giocatore, dandogli sempre le risorse necessarie per proseguire e sempre con la percezione che tutto avvenga in modo naturale.

Con la semplice pressione del tasto L abbiamo accesso a tutti i poteri Zonau

Le tecnologie dell’antico popolo divino, per funzionare richiedono l’energia sviluppata da un minerale chiamato zonanio, con il procedere dell’avventura ne troveremo in grandi quantità e sarà possibile raffinarlo al fine di aumentare la capacità della batteria in dotazione di Link e allungare l’autonomia dei marchingegni costruiti. Se inizialmente le nostre creature avranno breve vita, col procedere dell’avventura saranno in grado di aiutarci per lunghi periodi di tempo, consentendo di raggiungere praticamente qualsiasi luogo esistente nelle immense mappe di Tears of the Kingdom.

Il risveglio di Ganondorf ha sconvolto profondamente la geografia di Hyrule, con una catena di eventi sismici che passeranno alla storia come il Cataclisma. Enormi isole fluttuanti sono comparse nel cielo, numerose rovine Zonau sono cadute a terra e in molte zone si sono aperti dei baratri che portano a un vasto e totalmente inesplorato mondo sotterraneo.
Le tre anime in cui è divisa Hyrule, i tre differenti mondi di Tears of the Kingdom: il cielo, la terra e il sottosuolo. La campagna marketing si è concentrata per molto tempo sul cielo, presentandolo come la grande novità dell’avventura, un richiamo apparente a Skyward Sword e quindi un ritorno alle origini, ma nella struttura, molto più simile all’oceano di Wind Waker.

Se dalla mappa le isole fluttuanti non appaiono numerose, la loro estensione è spesso in verticale e su molteplici livelli e per arrivare in cima è necessario un sapiente utilizzo delle abilità Zonau.
Il primo grande dungeon si trova nel cielo e la strada per arrivarci va costruita salto dopo salto, arrampicata dopo arrampicata, un’ascesa mozzafiato oltre le nuvole tra salti e planate, costruita splendidamente. Un oceano di isole spesso con enorme distanza tra una e l’altra, su molteplici livelli di altezza, e in alcuni casi estese ben oltre dove arriva lo sguardo attento di Link.
Il risveglio di Link avviene nel cielo e proprio completarlo al cento per cento rappresenta un’ardua ma estremamente appagante impresa.

La luce verde dei sacrari è visibile da enorme distanza

Dopo la sconfitta della Calamità la tecnologia Sheikah, tornata alla luce per aiutare Link nel suo cammino, è stata quasi del tutto smaltita e riciclata per ricostruire il più velocemente possibile e le tracce rimaste della sua esistenza sono davvero poche.
Con il Cataclisma causato dal risveglio di Ganondorf, numerose grotte inesplorate si sono aperte sotto le montagne e le città, i pozzi sono diventati parte di cunicoli e labirintici passaggi sotterranei, nuovi templi sotterranei sono stati scoperti sotto le rovine, anche laddove avessimo esplorato tutta la superficie di Hyrule in Breath of the Wild, le novità sono consistenti e i cambiamenti sembrano una naturale conseguenza degli eventi e degli anni intercorsi tra i due titoli.

Il sottosuolo è l’anima segreta di Tears of the Kingdom, quella che Nintendo ha tenuto praticamente segreta fino all’uscita del gioco e rappresenta un esercizio di level design certosino.
Ogni baratro permette di accedere a una zona diversa del mondo sotterraneo e inizialmente, la discesa porta in un ambiente totalmente privo di luce, illuminato solo dalle torce dei nemici che vi abitano, dai riflessi dei giacimenti di zonanio e dai poo in lontananza, piccole anime che attendono l’eterno riposo.
Sotto alcuni sacrari si ergono enormi radici con cui interagire, in grado di illuminare un’ampia zona in modo permanente, permettendo così di ammirare il mondo oscuro in tutto il suo splendore.

Un deserto sotterraneo dall’estensione pari a quella della superficie, caratterizzato da una fauna endemica, grandi montagne e profonde depressioni, potenti creature corrotte dal miasma ben più pericolose di quelle presenti in superficie, influenzato dal mondo soprastante.
Un mondo estremamente affascinante da scoprire area dopo area con l’ausilio di temporanei semi luminosi o torce, ricco di tesori, minerali e sfide da affrontare, dall’estetica desolante e oscura.
E con numerose tracce della civiltà Zonau, un popolo che tecnologicamente non aveva rivali e che era davvero in grado di realizzare qualunque impresa ed esplorare ogni ambiente.

Il mondo sotterraneo è una vera sfida, ricco di nemici potenti, sfide e tesori da scoprire

Creare un sequel di Breath of the Wild ha richiesto di scendere ad alcuni compromessi in termini di narrativa per non snaturare la natura dell’open world.
La possibilità di affrontare l’avventura in molti modi differenti comporta che non tutti gli abitanti abbiano incontrato e interagito personalmente con Link, e proprio per questo tutti sono al corrente della sua impresa, ma non sempre ne conoscono l’aspetto al primo impatto, discorso differente per i personaggi chiave, le cui storie sono in continuità col predecessore.

Allo stesso modo, dando per assodato che Link e Zelda hanno avuto un ruolo attivo nella ricostruzione di Hyrule e che siano al corrente degli avvenimenti intercorsi tra i due titoli, cosa sia accaduto nel frattempo sta a noi scoprirlo, analizzando diari e testi oppure parlando con gli abitanti e ascoltando le loro storie.
Le missioni che accomunano tutti i protagonisti dell’avventura sono quelle nel presente, a cominciare dall’investigazione sul destino di Zelda, scomparsa dopo la caduta nell’abisso, per proseguire con i numerosi cambiamenti avvenuti a Hyrule, con le ricerche sulle rovine Zonau e cercare di capire chi sia Ganondorf e quale sia il suo obiettivo.
E i misteriosi eventi climatici che interessano alcune zone di Hyrule sono solo la punta dell’iceberg della nuova avventura Nintendo.

Non ci sono solo due protagonisti nell’avventura, sono molti abitanti con una storia da raccontare

La nuova colossale avventura Nintendo, oltre alla ramificata e toccante storia principale, presenta alcune tra le missioni secondarie più curate e memorabili dell’intera saga, focalizzandosi in modo intenso sulle storie dei suoi protagonisti. Aspirazioni, sogni, paure, tappe necessarie da compiere per la propria crescita e separazioni, ognuno ha il suo spazio, le storie evolvono man mano che vengono completate e nuove richieste vengono sbloccate, le storie di contorno non sono tali, ma parte integrante dell’esperienza.
The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è un’avventura corale: è la storia di Link, di Zelda, e soprattutto, è la storia di Hyrule e dei suoi abitanti.

Uno degli aspetti più criticati di Breath of the Wild era la struttura dei nuovi dungeon, differenti rispetto ai canoni classici della saga e soprattutto simili dal punto di vista estetico, con alcuni appassionati della saga che chiedevano un ritorno alla formula rodata e perfezionata con il tempo.
La rivoluzione nel design è stata mantenuta e ancora una volta, si tratta di strutture sperimentali, incentrate principalmente sulla risoluzione di enigmi e create al fine di risultare il più possibile naturali all’interno di un mondo costruito in modo certosino in ogni suo particolare.

In Tears of the Kingdom la ricerca della strada per arrivare al dungeon e il percorso da compiere per arrivarci sono parti integranti della missione. Dal punto di vista estetico, rispetto ai Colossi Sacri sono maestosi e vibranti, ognuno con una propria e precisa identità, strutture di cui si parla solo nei miti, nascoste al fine di sigillare al loro interno artefatti davvero speciali e da cui tenere il più lontano possibile i nemici.

I dungeon sono maestosi e ispirati dal punto di vista visivo

Anche i sacrari fanno il loro ritorno, ancora una volta si tratta di prove a cui Link deve sottoporsi per purificare il suo corpo dal miasma e diventare più forte, e da utilizzare come punti di teletrasporto una volta completati. Rispetto a Breath of the Wild sono maggiormente incentrati sull’utilizzo delle abilità Zonau e risultano maggiormente variegati anche se, rispetto al capitolo precedente, proprio sfruttando in modo furbo i mezzi a disposizione, esistono molti modi differenti per superarli rispetto a quello apparentemente da seguire.

La nuova avventura di Link spreme fino all’osso tutta la potenza di cui è dotata la console ibrida Nintendo, mostrando una Hyrule viva come non mai, curata in ogni minimo dettaglio e ricca, ricchissima di tutto l’amore che la casa di Kyoto mette nello sviluppo dei suoi titoli.
E viene spontaneo chiedersi, giocando Tears of the Kingdom, cosa davvero significhi next-gen, un termine fin troppo spesso utilizzato senza criterio, solamente per identificare produzioni che spingono su una maggiore risoluzione e fotogrammi, abbagliando con mondi pieni di dettagli grafici ma privi di interazione o anima, gettando fumo negli occhi per nascondere evidenti mancanze progettuali.

Produzioni colossali che anestetizzano il giocatore, ricchi di meccaniche reiterate, stantie.
Siamo convinti di avere il controllo del gioco, crediamo di essere noi al centro dell’avventura quando in realtà, percorriamo un cammino tracciato dagli sviluppatori.
Tears of the Kingdom risveglia quelle emozioni sopite specialmente nei giocatori adulti, in coloro che hanno smesso di sorprendersi e di entusiasmarsi, in quelli che proseguono per un’avventura dritta dall’inizio alla fine, dimenticando cosa voglia dire scoprire e tracciare la propria strada da soli, emozioni non a caso negli anni recenti molto più affini ai titoli indie che ai tripla A.

L’interazione con gli Amiibo permette anche questa volta di ottenere utili bonus per l’avventura. E no, quella non è carne di cavallo, forse.

Come dichiarato da Nintendo stessa, lo sviluppo di Tears of the Kingdom era terminato già da un anno, ma il team ha ritenuto necessario prendersi tutto il tempo per lavorare sulla correzione di bug e sulla rifinitura delle nuove meccaniche di gioco.
E il prodotto finale è semplicemente una delle più grandi avventure mai realizzate, al netto di sporadici cali di frame rate e una risoluzione non certo da primato per l’ibrida di Nintendo, quindi probabilmente ingiocabile per qualcuno. Il risultato è un titolo che scuote l’industria videoludica dalle fondamenta, per tutto quello che offre al giocatore, per la cura incredibile in ogni singolo dettaglio del mondo di gioco, per la longevità e la dedizione che richiede, un’avventura che ridefinisce e pone ancora una volta le basi per i titoli open-world.

E diventa anche inevitabile pensare a quelle produzioni annuali, anche rappresentanti di brand molto famosi e radicati nella cultura videoludica, che soffrono di uno sviluppo affrettato ed escono sul mercato in modo assolutamente impresentabile.
Un modus operandi che difficilmente è in grado di garantire qualità e che si riduce a essere una macchina da soldi senz’anima impossibile da fermare, in primis per colpa degli acquirenti che continuano ad alimentarla.

Quanto tempo si può passare ad ammirare un tramonto nel cielo ascoltando i rumori della natura?

A livello personale, ammetto di essere stato inizialmente spiazzato dalla struttura del titolo, così apparentemente simile a quella del suo predecessore. Ma è bastato poco per essere conquistato dalla portata e dalla caratura della nuova epica avventura Nintendo, in grado di sorpassare Breath of the Wild, uno dei titoli più celebrati e amati di tutti i tempi, sotto ogni aspetto.
Tears of the Kingdom si apre al giocatore, offrendogli una libertà assoluta, quasi soverchiante, dandogli in mano le chiavi del gioco e lasciandolo scegliere come e quando giocare, come proseguire e che strada prendere, moltiplicando all’infinito tutta la libertà e le possibilità che offriva Breath of the Wild, l’unico limite alle differenti possibilità di approcciare l’avventura, è la fantasia.

Come il suo predecessore, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom rappresenta un enorme punto di rottura con il mondo videoludico moderno. Un’avventura maestosa, magnifica, che fa letteralmente tornare bambini gli adulti, la perfetta incarnazione videoludica di una fiaba, così come originariamente pensata da Shigeru Miyamoto qualche decennio fa.
Ci sarebbe ancora tanto di cui parlare, tante analisi e riflessioni da fare, la caratura e la dimensione del titolo sono tali che tra dieci anni probabilmente ancora verranno scoperte nuove combinazioni di fusione, nuove strade o possibilità di gameplay, nuove reazioni e comportamenti dei nemici.
Non esiste un reale motivo per non giocare Tears of the Kingdom, così come non esiste motivo di guardarlo giocato da altri.
Se possibile, fatevi un favore e vivetelo in prima persona, non perdetevi nessun minuto di questo viaggio incredibile.

Semplicemente, uno dei più grandi e importanti videogiochi mai prodotti, capace di elevare ancora una volta il medium videoludico a un livello successivo.
E la perfetta dimostrazione che la giocabilità, il level design e l’amore per gli sviluppatori verso il proprio lavoro, sono molto più importanti della tecnologia su cui l’avventura viene sviluppata.

Ho speso oltre cento ore a Hyrule e ne rimangono almeno altrettante da spendere, grazie a una copia fornita da Nintendo
Pro: Uno dei più grandi videogiochi mai realizzati. Equilibrato, coinvolgente e perfettamente narrato dall’inizio alla fine, un capolavoro di giocabilità.
Contro: Potrebbe non appassionare chi non ha amato o apprezzato Breath of the Wild.
10

Potrebbero interessarti

Recensioni

Unicorn Overlord, una Vanillarecensione

Vanillaware sgancia la bomba e porta un gioco strategico di tutto rispetto nelle nostre maniSono anni e anni che sentiamo parlare di Vanillaware, una software

Recensioni

Persona 3 Portable, recensione di mezzanotte

Il terzo capitolo sbarca su Nintendo Switch con l’edizione più controversaSe Persona 4 Golden è stato il titolo dell’ascesa di Atlus nell’olimpo del genere JRPG

Persona 4 Golden
Guide

Persona 4 Golden, guida ai quiz in classe

Ecco una pratica e utile guida per districarci nel panorama scolasticoPersona 4 Golden è un gioco già molto stratificato di suo, tra battaglie all’ultimo sangue

Articoli

Le abilità di copia più forti di Kirby!

Riscopriamo l’arsenale della pallina rosa a pochi giorni di attesa da Return to Dream Land DeluxeAmiche e amici di NintendOn, buon San Valentino! In occasione

Recensioni

Warp Drive, una recensione in 240p

Belli i giochi di corse, ma è meglio vedere dove si vaNel corso degli anni su Nintendo Switch sono arrivati praticamente tutti i generi videoludici

Recensioni

Circle of Sumo – Recensione

Yonder porta lo sport del sumo su Nintendo Switch, ma in un modo totalmente diverso da come potevamo immaginarlo. Circle of Sumo è una festa multiplayer!

Speciali

Fantastico Studio – Milan Games Week 2018

È tutto FantasticoLa Milan Gamesweek è stata come al solito un grande momento di incontro tra ogni tipo di giocatori. Le cose da vedere e

Recensioni

All-Star Fruit Racing – Recensione

Fruttariani, fatevi avanti!Da qualche anno a questa parte l’Italia ha iniziato a compiere i suoi primi passi nel mondo dell’intrattenimento videoludico. Sembra che il bel

Speciali

La mie paure per Metroid Prime 4

Attendo il nuovo Metroid Prime 4 con tutto me stesso. Ma gli ultimi giochi Nintendo, stanno facendo vacillare il mio entusiasmo. Perché?

Recensioni

Hey! PIKMIN – Recensione

Hey tu! Sì, parlo a te col fiore in testa!Hey Joe è un pezzo della tradizione americana portato alla ribalta dalla celeberrima versione di Jimi

Recensioni

Kirby’s Blowout Blast – Recensione

Una palletta rosa tra le parole Nintendo e 3DS!Kirby si trova alla grande su Nintendo 3DS/2DS: quella che la sfera rosa di HAL Laboratory ha intrapreso

Recensioni

I and Me – Recensione

Non un gatto, ma due. O è lo stesso?I and Me è un misto tra platform e puzzle game che più indie di così non

Recensioni

Flip Wars – Recensione

Flippami e Switchami tutto!Nintendo Switch e multiplayer, un connubio perfetto fin dal primo video che ha presentato al mondo la console della casa giapponese con