Camera Café…con la Morte
Il genere rogue-lite/like non ha mai necessitato di pretesti troppo complessi per scatenare la dopamina nel loop di combattimenti conditi da oggetti, meccaniche o gimmick sempre diverse. Tuttavia, il capolavoro Hades, ha insegnato come si può inserire una narrazione lineare e ricca di rivelazioni consequenziali, all’interno di un processo che vede il protagonista crepare e risorgere continuamente e quindi, anche se per poco, interrompere la continuità della propria esistenza. Non è un caso dunque, in questo tipo di titoli, trovarsi a parlare di personaggi che hanno a che fare con l’Ade, con l’Averno o, come nel caso del gioco in questione, con gli uffici di Death Inc. ed il rispettivo CEO, nonché protagonista, Death…la Morte in ossa e ossa.
Amore (e morte) a prima vista
L’ironia e le meravigliose animazioni di Death e di tutti i personaggi che popolano gli uffici burocratici del trapasso, risultano subito più scontati, se si pensa al fatto che parte dello staff di Magic Design Studios proviene da esperienze ex-Ubisoft, quali Rayman o il più recente Unruly- Heroes. Tuttavia, non si può negare che l’attrazione (fisica) verso il gioco sia generata in prima battuta dalla sua piacevolezza visiva e in questo Have a Nice Death è fuori parametro per il genere, con studi sul disegno del protagonista, degli impiegati, e dei boss e mini-boss (anche in più fasi) che ricordano, seppur sommessamente, capolavori quali Cuphead, ma filtrati attraverso la scala di grigio.
La storia di Have a Nice Death prende le mosse da un Tristo Mietitore oberato di scartoffie: questo perché negli anni Morte è passato dal mietere personalmente le anime, a costruire una vera e propria azienda con infrastrutture all’uopo (appunto la Death Inc.) e ha iniziato a sperimentare la vita dalla scrivania di capo, delegando il lavoro sul campo alle Sofferenze: queste ultimamente sembrano essersi lasciate sfuggire di mano la gestione dell’intera struttura burocratica, atta al servizio di passaggio a miglior vita.
Se Dio è nei dettagli, Death è nei dialoghi
Il plot e la sua soluzione non sono particolarmente inventivi (anche se sarete pian piano invogliati a capire quale cospirazione si cela dietro all’inadempienza delle Sofferenze), ma la vera chicca a livello narrativo risiede nei dialoghi, spesso estremamente originali e sardonici, e volti a creare piccole scenette comiche: se si ha la pazienza di leggere, sembrerà quasi di assistere a una sitcom che si estende da una run all’altra. Potrete ad esempio notare, ad un certo punto, l’eccitazione dei personaggi per la Korsa Kaffè, un evento aziendale che è appunto una gara a chi beve più caffeina, e scoprire vincitore e conseguenze della medesima solo nella partita successiva. Prima che lo chiediate, giubilate pure, o masse di giocatori, perché uno dei pregi non trascurabili del gioco è la localizzazione in italiano di tutti i testi, sia quelli dei dialoghi, sia quelli relativi al Manuale dei dipendenti, un compendio che aggiungerà capitoli e informazioni per ogni singolo particolare, nemico e zona del mondo di gioco che scoprirete (proprio come il già citato gioco di SuperGiant aveva insegnato). La mole di righe tradotte è veramente notevole e quindi i refusi, purtroppo presenti in piccole quantità, sono perdonabili, soprattutto a fronte di un adattamento egregio anche a livello di resa dell’umorismo di matrice anglosassone.
Cappa e Falce
All’inizio di una run, il nostro protagonista avrà a disposizione una serie di attacchi e mosse piuttosto standard per il genere: si va dall’attacco base con la falce, al colpo caricato, alla schivata, i cui frame vi renderanno totalmente intoccabili. Ciò che rende estremamente responsivo e soddisfacente il combat-system rispetto ad altri congeneri, è che premendo le direzioni assieme al tasto di attacco questo si modificherà come in uno stylish-action, permettendo colpi verso l’alto o schianti verso il basso, oppure ancora il passaggio da un nemico all’altro concatenando attacchi aerei, per esempio. Oltre alla vostra fidata falce, di cui sarà possibile sbloccare variazioni sul tema (con moveset propri) con il proseguo del gioco, le altre armi a disposizione saranno la “cappa”, ovvero il mantello che copre le scheletriche fattezze di Death, che può assumere le forme più disparate (martello gigante, lancia etc.) e alcuni incantesimi, come sciami di api, una barriera di fulmini e saette, meteore, una stregoneria di cura istantanea che però riduce i vostri punti vita totali, e un buon numero di altri strumenti di…morte. Ognuno dei tre attacchi che potremo utilizzare (sia esso incantesimo, potere della cappa, o falce) donerà la possibilità di scatenare la propria “Furia” (al riempimento della relativa barra di caricamento): questa non è altro che una versione potenziata dell’abilità collegata all’oggetto, che produrrà danni in un’area più ampia o una coreografica mossa con effetti collegati.
Nel tempo trascorso percorrendo i piani della Death Inc. è emerso subito un notevole sbilanciamento tra i singoli item: alcuni poteri, oggetti e armi risultano nettamente più forti di altri, anche se siamo ben lungi dalla varietà con cui ci hanno viziato i capostipiti del genere. Benché il punto di partenza sia buono, non ci resta che sperare in successive aggiunte di contenuto che possano diversificare ulteriormente le varie run, e che nel frattempo i primi dati di gioco permettano di rendere egualmente viabile ogni singolo oggetto dell’arsenale esistente.
Welcome To The Afterlife!
Le peripezie della Signora in Nero si snodano attraverso varie sezioni della Death Inc. che, come recita il jingle d’apertura qui sopra, rappresentano vari dipartimenti della burocrazia dell’al di là. Ogni sezione è divisa in 5 piani e una stanza del boss. Quando vi approccerete all’ascensore al termine dei vari piani (tranne il primo, il quinto e l’ultimo) potrete scegliere con quale tipologia di stanza proseguire la vostra partita: si va dal Caveau, al Piano Pericoloso, al Piano Intrigante, al Dipartimento Vitam-Mana, all’Ufficio di un dato Thanager (e la lista continua). Imparerete presto a conoscere ciascuno di questi nomi e ad impostare il prosieguo del vostro percorso a seconda delle necessità. Il Caveau, ad esempio, vi garantirà di acquisire un certo numero di lingotti, la valuta che utilizzerete per sbloccare articoli permanenti da una run all’altra. Il Piano Pericoloso e il Piano Intrigante vi metteranno di fronte a nemici o prove a tempo di varia natura, fornendovi di contro ricompense maggiori rispetto agli altri piani. Invece, il Dipartimento Vitam-mana vi permetterà di trovare sicuramente oggetti che aumenteranno la possibilità di curarvi, o addirittura aumentare la vostra vita massima o l’energia magica massima per lanciare incantesimi. Gli uffici dei Thanager sono invece incontri con i mid-boss della sezione in questione, che se battuti vi forniranno varie ricompense: questi risultano estremamente curati, proprio come i relativi capi- sezione e la ricchezza e varietà di attacchi a loro disposizione può risultare spiazzante, quasi più dei pattern dei boss veri e propri, tanto che potrà capitare di abituarsi facilmente a battere i cattivoni finali, salvo perire malamente in un primo incontro con uno dei Thanager e con il suo moveset meno facile da assimilare.
Prima di ogni boss potrete accedere al negozio, che vi permetterà di curarvi ed equipaggiarvi a dovere per lo scontro finale della sezione, o alternativamente alla “sala di controllo”, in cui Jacob vi permetterà di effettuare degli upgrade sulle vostre armi, poteri della cappa ed incantesimi in cambio di “animonete”: queste rappresentano la valuta principale del gioco per tutte le transazioni relative alla partita corrente. Un altro particolare individuo che potrete incontrare, sia in una stanza apposita, sia dopo l’uccisione dei boss, sarà Mister O’Shah, che vi consentirà di applicare ulteriori poteri passivi ai vostri equipaggiamenti ed al vostro personaggio, ai più potenti dei quali però potrà essere associata una maledizione: potrete, ad esempio, aumentare il vostro danno critico di una certa percentuale, lanciare un’ascia magica assieme ad ogni incantesimo o rispondere con vari effetti ai danni subiti dai vari nemici, ma questo potrà essere controbilanciato dall’impossibilità di vedere la salute dei boss, oppure dal divieto di consultare la mappa, o ancora dalla chiusura della sala di controllo contenente gli upgrade, e vari altri malus più o meno incisivi.
Non darmi una mappa, dammi solo più “kaffè”!
Se questa struttura a piani “tematici” permette un minimo di controllo della casualità delle run ed esalta i meccanismi rischio/premio ad essa collegate, non si può certo dire che il level-design e il layout dei piani brilli per efficacia: diversamente dalle animazioni di tutti i personaggi, infatti, gli sfondi e le ambientazioni sono poco curate, ma quello che stupisce in particolar modo è che la generazione procedurale dei vari dipartimenti lascia spesso “spazi vuoti” in cui i nemici non risultano posizionati o in cui non c’è effettivamente “valuta” da reperire o altro motivo per percorrerli. Inoltre, il design dei livelli è spesso estremamente lineare e non si sente assolutamente il bisogno della mappa, che è sempre possibile richiamare da menù di gioco.
Una nota a parte è doverosa per il sistema di recupero della vita o “anima” nel gioco. Dato che il nostro protagonista è la Morte, è interessante il fatto che ad ogni colpo questi subisca una parte di danno permanente che abbassa i punti vita totali recuperabili. Oltre alle cure normali tramite le “anime blu” quindi, potrete curare i danni permanenti ripristinando i punti vita tramite la “cura pura” (si tratta molto spesso di tazze di “kaffé”, con la “k” e non con la “c”) che si ottiene come drop di alcuni nemici (molto raramente) o tramite un’anima d’oro (quando avrete tre anime blu, la quarta genererà automaticamente un’anima d’oro). Questo complesso sistema, oltre a essere una giustificazione narrativa grazie alla quale anche un essere apparentemente intoccabile come Death può subire dei danni, vi costringerà (per scelta di design) a imparare i pattern dei nemici, cercando di uscire sempre completamente illesi dagli scontri (e non esiste la parata, collegata a un tasto apposito), proprio perché le occasioni di curarsi sono rare.
Una progressione con poca carne e tante ossa
La progressione di Have a Nice Death è piuttosto ripida (per un rogue-lite) e tutto ciò che viene permanentemente sbloccato dopo una partita, non va ad impattare significativamente l’esito delle run successive. Oltre a nuovi incantesimi e poteri della cappa, l’unico vero simbolo dell’avanzamento di livello è segnalato dall’Albero dei potenziamenti nell’hub principale di gioco: questa enorme pianta mostrerà i traguardi permanenti guadagnati ad ogni successivo livello di esperienza completato grazie alle performance delle nostre partite. Potremo così avere accesso a scorciatoie che ci porteranno direttamente ai boss (sconsigliatissime a meno che non siate uno speedrunner, dato che tendono a eliminare l’incremento di oggetti, punti vita ed armamenti accumulabili superando i vari piani), la possibilità di guadagnare più lingotti, la comparsa di alcune stanze ad hoc che potrebbero aiutarvi nelle partite successive, oppure ancora l’inzio di una run con un’anima d’oro già pronta all’uso: tuttavia gli sbloccabili che impattano veramente l’efficacia delle run sono rari, creando quasi una crisi d’identità tra rogue-like e rogue-lite, che fa risultare la crescita del Tristo Mietitore abbastanza lenta rispetto a quella di colleghi già affermati.
Elogio dell’orecchiabilità della musica da ascensore
La cura nella produzione del gioco si riflette anche sulla colonna sonora, totalmente azzeccata per il contesto tragicomico da sitcom, che fa da sfondo all’azione ed ai vari sketch tra Morte e i sottoposti: personalmente mi sono innamorato della musica da ascensore nel caricamento tra un piano e l’altro e i vari motivetti delle sezioni si sposano con l’art-direction cartoonesca, creando un connubio invidiabile e un gusto moderno, punteggiato di anni ’50 e ’60. Per quanto riguarda la performance, il gioco cerca di puntare ai 60 fps (con qualche sporadico calo), che gli donano quella fluidità fondamentale per far risplendere la sua natura action. Durante il periodo trascorso con il titolo, il gioco ha ricevuto una hotfix che ha attenuato i lunghi caricamenti tra livello e livello e gli stutter all’uscita dai vari ascensori all’inizio dei piani: se questo è un segno della buona volontà dei programmatori di supportare tempestivamente il gioco, non possiamo che essere felici per il futuro di Have a Nice Death, che è ottimo anche in portatile. L’unica pecca rimangono le immagini in bassa risoluzione all’interno del Manuale degli impiegati (che stonano con il dettaglio generale) e i tanti testi che, solo in portatile, possono risultare di più difficile lettura.
Una run completa di gioco varia dai 30-40 minuti a poco più di un’ora, anche se, in quanto rogue-lite, Have a Nice Death è infinitamente rigiocabile, con nuovi livelli di difficoltà e un true ending che richiede lo sblocco di vari collezionabili e di una nuova area con cattivoni relativi. Inizierete il gioco a livello “normale”, ma dopo una manciata di sconfitte sarà possibile sbloccare la “modalità Autorealizzazione” che diminuisce la difficoltà pur mantenendo tutti i guadagni in termini di risorse, cosa che apparentemente priva i giocatori più abili dell’opportunità rischio/ricompensa solitamente sottesa ai livelli di difficoltà più alti. I player in cerca di ulteriore sfida potranno togliersi uno sfizio con i contratti di Jocelyn, “scommesse” d’inizio partita che acquisiranno un peso sempre crescente e che vi concederanno bonus passibili di diventare malus, se non verranno risolte le condizioni siglate (solo per la run relativa).
La fortuna di Have a Nice Death passerà ovviamente da quanto il gioco sarà supportato con nuovi contenuti: se i Magic Design Studios terranno occupata Morte con nuovi dipartimenti, armi, incantesimi e bilanciamenti, il titolo potrebbe aspirare a un ciclo di vita pari a quello dei massimi esponenti del genere, e riesce difficile esprimere un giudizio su ciò che quest’opera potrebbe diventare, se sarà curata con continue aggiunte e miglioramenti, come è stato per le fasi di ealy-access di Steam.
Anche Morte ha qualche scheletro nell’armadio?
Ciò che ci ha fatto innamorare di Have a Nice Death è anche la caratteristica che lo differenzia maggiormente dagli altri titoli del genere: le animazioni di Death e le caratterizzazioni a livello artistico di tutti i personaggi sono sublimi, e sembra di essere in un corto moderno, con quella vena ironica tipica di alcune produzioni anni ’50 e ’60 .
Per quanto concerne tutte le altre caratteristiche, il mercato offre semplicemente di più: esistono altri giochi con più armi, più livelli, più potenziamenti, più possibilità di creare partite uniche e sempre diverse. Il gioco manca di una progressione consistente, che è invece più che altro accennata, ma poco impattante nel creare quel meccanismo psicologico che vi farà dire “ancora una partita” e insieme a questo aspetto speriamo che Magic Design Studios bilanci l’intera esperienza con aggiornamenti e contenuti aggiuntivi.
Tuttavia l’Olimpo del genere sarebbe lì ad un passo, e il gioco potrebbe raggiungerlo, in futuro, se continuerà a dare nuova vita…a Morte. Ehm, chiedo scusa, volevo dire “kaffé”, la vera linfa vitale dei lavoratori dell’Averno!