Buongiorno, un mazzo di margherite e un rituale occulto, grazie!
In qualità di maschio medio e anonimo che vive in città, la presenza di fiori nella mia vita era ridotta ai minimi termini, giusto qualche piantina sul balcone che i genitori lasciavano lì a morire, non so se per sadismo, pigrizia o semplice dimenticanza. Da un po’ di anni a questa parte, da quando ho aggiornato lo status dei social a “sposato” (ma anche prima direi), la mia casa è piena di piante e fiori di ogni genere, spesso di natura esotica, visto che il rovente clima siculo ne permette la prosperità senza ricorrere a serre e accorgimenti di altro tipo. Da esotico a esoterico è un attimo, anzi, un gioco: Strange Horticulture.
Guardando distrattamente qualche screen sembra un bizzarro mix tra Layton e un Sim a tema vegetale. Con Layton condivide l’ambientazione vittoriana e l’estetica che ne deriva, con un sim condivide unicamente abbondanza di dettagli nelle descrizioni delle varie piante, ce ne sono ben 77, tutte assolutamente inventate, sebbene vicine all’immaginario di chi con le piante non ha a che fare ed è manchevole di quel layer che annienta la barriera della credibilità. Per il resto, siamo davanti a un investigativo la cui fitta trama viene dipanata tramite i dialoghi dei vari avventori, carte misteriose con indizi da risolvere e che spesso offrono nuove locazioni nell’ampia mappa, il cui transito potrebbe svelare, oltre che incontri e nuovi episodi che arricchiscono la storia, anche nuove piante da dover successivamente identificare.

Strange Horticulture non è solo il nome del gioco, ma anche quello del negozio che la protagonista (che non vedremo mai) eredita, negozio sito nel misterioso borgo di Undermere, caratterizzato da personaggi atipici, quali seguaci di sette, una sorta di Van Helsing ante litteram, una medium in preda a deliri e via discorrendo. Un colpo d’occhio alla mappa, le cui escursioni e ritrovamenti sono facilitati da una comoda griglia, restituisce anch’essa un’atmosfera da oscurantismo medioevale, con i suoi castelli in rovina, grotte inesplorate (forse), siti archeologici probabilmente utilizzati per pratiche oscure e città popolate da bigotti con torce e forconi. Quest’ultima l’ho aggiunta io, ma non mi stupirei se così fosse.
Meccanicamente siamo davanti a un punta e clicca/gestionale. I due scaffali della piccola bottega andranno man mano riempiendosi di piante, un campanello permette di richiamare un avventore, molto spesso un cliente venuto a comprare i fiori, le piante e i funghi dai mistici effetti, se non un elisir nella fase più avanzata, ma potrebbe trattarsi anche del postino o di un passante in vena di una chiacchierata. Attraverso un’enciclopedia delle piante leggeremo dettagli utili alla loro identificazione che metteranno alla prova le capacità di osservazione e deduzione del giocatore. Queste descrizioni sono ben scritte e forniscono sempre un modo per riconoscere le piante che non sia troppo palese, né tirato per i capelli.

Sebbene il setting sia affascinante, il gioco darebbe subito a noia se si trattasse solo di trascinare piante sul microscopio per avere qualche indizio e successivamente sullo slot del cliente per la verifica finale, fortunatamente, anche se sarebbe il caso di dire oculatamente piuttosto, il gioco alterna queste fasi più botaniche ad altre più esplorative. Non vedremo mai il personaggio andare fisicamente in un luogo ovviamente, ma selezionarne uno fa apparire la descrizione del luogo o dell’evento in corso nella finestra in alto a destra, la stessa riservata ai clienti quando saremo all’interno del negozio. Quindi sì, c’è tanto tanto tanto da leggere. Di fatto il gioco è più una graphic novel investigativa che un punta e clicca, ma una graphic novel moderna, ben scritta e accattivante. La lettura è una costante per tutto il prosieguo dell’avventura, anche se non ci troveremo mai di fronte a dialoghi e descrizioni enormi, anzi, a conti fatti le porzioni di testo più significative sono proprio le descrizioni delle piante e dei loro effetti dal libro delle piante.
La storia è suddivisa poi in capitoli, e questo permette di staccare un po’, se si vuole (ma spesso si vuole continuare, a evidenziare la qualità del tempo investito). Alla fine di ogni capitolo, ci sarà data una carta da un mazzo di carte, a corredo di qualche dettaglio in più sulla trama, che informa su alcuni personaggi, su un rituale andato male e… ok mi fermo. Non voglio passare alla storia per dispensatore di spoiler e accostato a figure oscure come dittatori e serial killer. Per cui passo alla noiosa ma indispensabile parte tecnica, per capire se è meglio acquistare questo gioco su PC o sul nostro amato Nintendo Switch.

Chiaramente, mouse e tastiera sono la morte sua, ma sono stati apportati tutta una serie di accorgimenti per rendere comoda la fruizione sul grande schermo o sul piccolo, nel caso preferiate giostrare le vostre sessioni di gioco in portabilità quali: la possibilità di zoomare su qualsiasi porzione dello schermo, di togliere l’elegante e mistico font predefinito in uno privo di fascino ma assolutamente ben leggibile, e infine, poter usare il touch e relativa tastiera a schermo per facilitare l’etichettatura delle piante. Devo dire che è senz’altro divertente poter mettere qualsivoglia nomenclatura si desideri alle varie piante, ma ci si potrebbe confondere facilmente, specie quando le piante saranno in un buon numero, per cui è consigliabile attivare l’etichettatura automatica delle piante, meno divertimento magari, ma maggiore senso pratico. C’è da dire che quasi tutti questi accorgimenti sono stati resi disponibili anche per la versione PC, dato che anche da un monitor PC le scritte risultano di lettura non immediata, per via della (poca) grandezza del carattere. Indizio magari che dell’esistenza di Steam Deck beneficia collateralmente anche il nintendaro. Leggi: si gioca benissimo anche su Nintendo Switch.
Strange Horticulture è uno di quegli indie di qualità che vale la pena assolutamente giocare, sicuramente uno dei titoli più interessanti dell’anno. L’atmosfera rimane tesa e affascinante fino alla fine, il contorno sonoro, seppur limitato e non memorabile, è efficace e inquietante, così come i personaggi e il vissuto che si portano dietro, tratteggiano dei rapporti che vanno dal maleducato al cortese, senza mai soffermarsi sul gioviale. La sua durata si attesta sulle 6 ore, ma prosegue almeno per un altro paio una volta portata a termine la storia e raggiunto uno degli 8 finali disponibili, sempre che si abbia la pretesa della completezza. Il lavoro di localizzazione è assolutamente di prima qualità, non solo per la correttezza della traduzione, ma anche per le varie scelte lessicali e la non banale necessità di adattare adeguatamente i vari enigmi, magari con indizi strettamente legati a uso specifico di parole inglesi.

Il giudizio è quindi assolutamente positivo, e a meno che non disdegnate la lettura come un orco disdegna la luce (o la lettura), di farlo vostro e inserirlo nel vostro bagaglio personale di esperienze ludiche e culturali. A voler trovare il pelo nell’uovo, tra le scorciatoie QoL avrei inserito anche un tasto per passare dalla finestra dei clienti, al cassetto degli oggetti, alle tre opzioni a lato a sinistra, una sorta di tab insomma. Ovviamente non vi aspettate una fluidità di scorrimento tipica dei menù di giochi fatti specificamente per console, ma a questo ci si fa l’abitudine. Il sistema di indizi poi poteva essere un po’ più criptico, a volte la soluzione viene spiattellata alla bell’e meglio.
L’avventura è abbastanza lineare e forse ci si accorge solo in un secondo momento se aiutare o meno un tal personaggio può portare a un diverso epilogo, c’è da dire però che i bivi narrativi mi sono sembrati chiari. Forse chi è abituato a giocare narrativi o libri game come me è un po’ facilitato in queste analisi, non propriamente un difetto, ma una caratteristica del prodotto da declinare secondo le proprie abitudini gaming. Trovo invece che la durata di 6/9 ore sia assolutamente perfetta per giochi di questo tipo e per indie sperimentali o atipici. Anche questo fattore può assumere accezione positiva/negativa/neutra a seconda del soggetto, delle sue abitudini, della sua età.

Infine, mi perdonino i lettori se ho citato Layton impropriamente. Ovviamente cerco sempre similitudini più vicine possibile al mondo Nintendo. Se cercate quelle atmosfere e quell’accessibilità tipiche di un prodotto nipponico per console, Strange Horticulture non è di quella razza, i toni sono dark fantasy occidentale e occorre un po’ di abitudine affinché i vari comandi restituiscano una leggibilità decente. Tuttavia questi terreni non sono così impervi e si arriva in men che non si dica all’agognato panorama mozzafiato. Ovviamente non meravigliatevi se in quel bel panorama avrete anche scorci di eventuali cultisti alla presa con evocazioni demoniache, siete avvisati.