Dalla Polonia meridionale, Gamedec arriva su Switch dopo essere approdato su PC il 16 settembre scorso.
Si tratta di un gioco estremamente semplice da riassumere, ma forse un po’ più complicato da spiegare nelle minuzie.
Gamedec è un gioco di ruolo investigativo, impostato con una visuale isometrica ma con solo due strumenti con il quale può interagire con il mondo. Premere il tasto di interazione su oggetti specifici e prendere decisioni all’interno di dialoghi. Basta. Non esistono altre meccaniche. Lo si potrebbe paragonare quasi ad una visual novel, anche se il confronto più diretto è con Disco Elysium. Ed esattamente come il prodotto di ZA/UM, Gamedec non è stato tradotto in Italiano, andando quindi a tagliare l’utenza meno avvezza all’idioma di Albione.

La premessa narrativa di Gamedec è molto intrigante. Il protagonista, definibile in sesso ed aspetto dal giocatore, è un Game-Detective. Siamo in un futuro distopico, dove le persone passano gran parte della loro esistenza in mondi virtuali, evoluzione dei videogiochi moderni e pertanto eventuali crimini effettuati in questi mondi, vengono gestiti da figure apposite. Come appunto il ruolo di investigatore privato.
Capite che con una premessa del genere il gioco si deve reggere su praticamente due aspetti: la bontà della scrittura e quella del mondo di gioco. Un investigativo deve saper attirare con il mistero da risolvere e deve dare al giocatore tutti gli strumenti per poter ricostruire la verità oggettiva a seconda delle informazioni in suo possesso. Un processo non semplice, in quanto deve poter permettere numerose strade alternative.

Queste strade sono garantite sia dalle azioni del giocatore, che dalle sue specializzazioni. Durante il gioco, in base allo stile delle nostre risposte, si ottengono dei punti che possono essere spesi nell’acquisire determinate abilità. Si va da competenze mediche ad quelle sociali utili per essere un influencer, o teniche di un buon programmatore. Queste abilità permettono di sbloccare dialoghi aggiuntivi, che aiutano ad ottenere informazioni specifiche o di manipolare eventi in modi unici.
Fin qui si prospetta un sistema abbastanza semplice. Parlo con la gente, raccolgo indizi, uso le mie abilità ed in base alle mie scelte si viene a creare lo scenario ipotetico del caso. Dove il gioco mette dei forti binari nell’esecuzione è nella sezione definita deduzioni. Si arriva a dei punti dove per progredire occorre costruire la propria verità sul caso. Attraverso un apposito menu, in base alle informazioni raccolte si dovrà scegliere in modo univoco la nostra rappresentazione del caso. Una volta chiusa questa scelta, la nostra capacità di ruolo si restringe in quel campo. Se quindi sbagliamo valutazione, non possiamo tornare sui nostri passi organicamente, ma bisogna ricaricare un salvataggio.
Se da un lato è effettivamente restrittivo, dall’altro ci aiuta ad instradare il ruolo del nostro protagonista, rendendolo più coerente una volta intrapresa una specifica strada.
L’illusione della scelta nell’avventura è ben mantenuta e si arriva nei vari casi a visitare luoghi diversi, forse un po’ poco ispirati. Ho trovato la narrativa buona ma non eccelsa. Se i casi di per se sono interessanti nelle loro implicazioni, con un’inizio più intimo per poi allargarsi ed espandersi, i dialoghi sono spesso troppo asciutti e non riescono a comunicare a modo la completezza della situazione.

Quando si usa il cliché del protagonista con il vuoto di memoria o nuovo nell’ambiente, lo si fa perché in quel modo è molto facile spiegare tutto rimanendo nel contesto. C’è un istruttore che insegna tanto al protagonista quanto al giocatore o in caso di mancate informazioni c’è senso di spaesamento da parte di entrambi, c’è comunione d’intenti e quindi immedesimazione. Qui si è lasciati ad un complesso codex, che si fa carico di presentarci molto testo per spiegarci bene tutto. Affascinante il mondo messo in piedi, ma i codex sono cose per veri appassionati.
Sia chiaro, siamo sempre nel reame dello sci-fi cyberpunk noto, quindi un po’ di dimestichezza con il genere aiuta a colmare i buchi in autonomia, però la sensazione di opera un po’ scarna rimane.
Ho passato la decina di ore che servono a portare a termine l’avventura devo dire piacevolmente. I casi non sono male, la narrativa globale ha un suo perché, ed il processo investigativo funziona e riesce a tenere ingaggiato per arrivare alla verità, con la seconda parte dell’avventura che riesce a mettere il turbo rispetto alla prima. Non c’è spazio per introspezione, non c’è spazio per affrontare tematiche pesanti, quindi una volta finito verrà molto probabilmente messo nella zona umido del nostro cervello per finire scaricato ogni lunedì o giovedì dalle 19 alle 21.