Triangle Strategy – Una recensione triangolare

Recensione di Triangle Strategy

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Genere: Strategico a turni jrpg
Multiplayer: No
Lingua/e: Italiano (testi) /Inglese o Giapponese (doppiaggio)

Dalle fatiche di Artdink, casa di sviluppo famosa per praticamente nulla di veramente importante, capitanate da Tomoya Asano, produttore di Bravely Default e Octopath Traveler, Triangle Strategy prende vita.

Un gioco di ruolo strategico a turni, di stampo orientale. I riferimenti, i ricordi, la verve, è chiara. Final Fantasy Tactics. Tactic Ogre. La volontà di creare un grande classico su Switch ci sono tutte, aiutate dalla bellezza artistica dallo stile HD-2D di casa Square Enix. Saranno riusciti ad eguagliare i fasti del passato? Nzomma.

Se dovessi descrivere il gioco a scatola chiusa, andrei con la definizione di strategico a turni. Dopo aver completato la storia, mi sentirei quasi di definirlo una Visual Novel dove per sbaglio, ogni tanto, si combatte. La storia con tutta la sua narrativa è centrale e preponderante nell’esperienza.

I tre puntini con rumore annesso saranno il vostro incubo. Unica parte dei dialoghi non velocizzabile a comando

Nessuno mi aveva detto che c’era da leggere

Passerete buona parte delle vostre ore ad ascoltare e leggere i dialoghi tra i vari personaggi, intenti a portare avanti la storia. Il tutto non in un unico step contiguo prima di arrivare a menare le mani, ma suddiviso in numerosi pezzi. Ogni capitolo della storia comprende diverse scene, diverse narrazioni dei macro eventi, varie zone da esplorare a mano per raccogliere informazioni ed oggetti, il tutto con un ritmo nelle transizioni lento, quasi goffo. Fortunatamente la storia prende, ed anche bene, principalmente per come è diversa dai giochi che normalmente il Giappone sforna.

Non ci troviamo di fronte ad esseri divini, a crisi metafisiche dimensionali, a mondi dominati da forze incontrollabili al quale i protagonisti devono opporsi. Siamo nel mondo di Norzelia, una terra continentale divisa in tre regni. Glenbrook, Salubros e Aesfrost. Questi sono reduci da una sanguinosa guerra, oramai 30 anni nel passato, per risorse. Aesfrost, la gelida terra a nord è ricca di ferro, ma scarsa in viveri. Glenbrook ha dalla sua un territoio fertile e ricco di fiumi, permettendo un florido commercio e scambio di risorse. Salubros invece detiene il monopolio del commercio del sale, estraendolo dal suo lago salato.


E se qualcuno di noi si ricorda un po’ la storia del nostro mondo, sa quanto il sale sia fondamentale. Utile per insaporire ma soprattutto conservare gli alimenti. Oltre che ottimo per gestire le ferite evitando la nascita di diversi patogeni, così come in agricoltura per gestire insetti ed erbacce. Dalle nostre parti Venezia e Genova si fecero molte guerre per il controllo del commercio, così come la Polonia implose economicamente appena la Germania inondò il mercato di sale marino in contrapposizione a quello estratto dalle cave polacco.

Il fatto di aver reso il sale il centro nevralgico del conflitto, mi è piaciuto molto, proprio perché è estremamente realistico e plausibile. Il tutto condito da caratteri molto diversi delle tre potenze. Glenbrook è uno stato medioevale con re e diversi casati suoi vassalli che gestiscono i feudi in suo nome. Il protagonista, Serenoa, è il primogenito della casata Wolffort, distintasi come forza militare d’eccellenza nella guerra. Aesfrost invece funziona più come un impero, con una figura che accentra il suo potere, ed una visione darwinista della società: il più forte può andare avanti. Salubros invece è una teocrazia. La religione porta pace ed insegnamenti e la ricchezza è distribuita in stile comunista tra le persone. Tranne se si ha i capelli rosa, in quel caso il peccato originale compiuto dalla popolazione deve essere espiato con schiavitù. I parallelismi con le persecuzioni ebraiche si sprecano.

Colpi di scena, invasioni, guerra aperta, sotterfugi, tradimenti e tanta politica costellano la narrativa di Triangle Strategy. Una storia che si rivela poco alla volta e che cambia in base alle scelte del giocatore.

Riferimenti a cose, persone ed eventi contemporanei alla stesura di questa recensione sono puramente voluti

Scelte difficili

Il gioco mette in scena un sistema trino per quel che riguarda i percorsi da scegliere. Avremo la strada della Morale, quella della Libertà e quella dell’Utilitarismo, contrassegnati con i colori verde, rosso e giallo rispettivamente. Le azioni del giocatore, così come le sue risposte nei dialoghi, permetteranno di accumulare punti in una di queste tre categorie. Non si tratta però di assi tra di loro univoci, ma semplicemente calderoni indipendenti di punti. Effettuando un numero di battaglie infinito è quindi tecnicamente possibile accumulare il massimo dei punti in tutte e tre le categorie, permettendo quindi di avere sempre tutte le opzioni aperte.

Questo “giocare il sistema” è pensato per una seconda run. Nella prima run del gioco tutte le statistiche legate agli allineamenti sono nascosti al giocatore. Perché la prima esperienza deve essere dettata dal cuore, dalle proprie convinzioni e dal flusso degli eventi. Dal New Game+, tali valori sono espliciti, così da permettere a chiunque di gestire al meglio la propria avventura, senza patemi.

E le scelte che dovrete affrontare sono sempre dei compromessi. Cosa che ho apprezzato molto, aiuta a dare molto respiro e prospettiva. Anche perché le scelte non sono mai fatte in modo univoco dal protagonista. Ci si riunirà intorno ad una bilancia ed in 7 persone metteranno delle monete sul piatto che rappresenta la loro idea. Dovere del giocatore è trovare le argomentazioni necessarie per convincere queste persone a votare per un’idea diversa dalla loro. Argomentazioni che possono andare a buon fine solo se si sono trovate informazioni durante le fasi di esplorazione ad esempio ed alcune di queste sono disponibili sono in determinati scenari di gioco, andando quindi a creare un intreccio unico per ogni giocatore durante la prima run.

Questa soluzione del confronto, del dover mediare tra tanti punti di vista diversi, è davvero singolare nel panorama videoludico ed è il cuore dell’esperienza di Triangle Strategy.

Molto comodo come il gioco evidenzi caselle sicure in blu e sotto rito nemico in viola mentre ci si muove. Ottimo QOL per il genere.

Però poi mi fai questi passi falsi che boh

Non è tutto perfetto però ed il gioco anche lato narrativo presenta della lacune più o meno gravi che frenano dal far diventare Triangle Strategy un “grande classico”, ma solo un “buon gioco”. In primis notiamo un problema che oramai sta diventando endemico nelle produzioni di Square Enix. La parte USA e quella Europea traducono in modo indipendente. Lasciando il discreto doppiaggio inglese ed i sottotitoli italiani, è fuorviante notare come la quasi totalità delle frasi pronunciate siano diverse. Non sto parlando di termini o complicazioni lessicali, in fondo in un mondo medioevale l’italiano può flettere i muscoli, ma proprio di concetti espressi, che possono variare per enfasi o per sfumature neanche così banali. L’ho trovato molto straniante.

In secondo luogo la qualità della scrittura è un po’ altalenante, ma generalmente siamo sul buono. I punti più critici secondo me sono due. Il primo è come sono gestiti i personaggi principali e secondari. I primi hanno tutti una luce nella storia, esprimono molto le loro idee e con le scelte morali descritte prima, c’è molto spazio per il confronto. Emergono come personaggi discretamente complessi, con alcune evoluzioni nel tempo. Però si fermano lì. Esistono alcune scene extra che portano ad approfondire alcuni legami tra i vari personaggi ma sono separate dal contesto. Avvengono in un momento storico non precisato, che mostrano azioni generiche, non concordi con quel che accade nella storia. Avrebbe giovato un sistema più simile agli Skit dei Tales of o agli ETR di Final Fantasy IX, dove i momenti extra dei personaggi sono inseriti nel contesto narrativo attuale, amalgamendo il tutto. I secondari invece appaiono dal nulla, non commentano nulla della storia principale, sono solo delle pedine da usare nelle battaglie. Hanno qualche skit a loro dedicato, ma fa davvero poco. Quindi il cast perde di molta portanza nella storia.

L’altro punto che ha fatto un po’ calare la mia opinione per la scrittura del gioco è roba da territorio spoiler. Andate sotto l’immagine successiva per saltare la parte spoiler. Al solito eviterò di fare riferimenti espliciti, ma dobbiamo discutere dei finali del gioco, quantomeno in forma generica. Esistono 4 finali. Tre di questi associati agli allineamenti ed uno che è una sorta di finale “perfetto”. Ecco, già che esista un finale perfetto, per me è una gravissima perdita di potenza narrativa, in quanto le altre scelte, figlie delle circostanza, diventano “sbagliate” e non equipotenziali. Una cosa buona di Fire Emblem 3 Houses è come qualsiasi via fosse scelta dal giocatore, arrivava alla conclusione in modo diverso, a modo suo. Ogni strada era valida in quanto nessuna era oggettivamente meglio, ma solo soggettivamente meglio. Le narrative a bivi a questo devono aspirare.

Qui no, si fa il solito passo falso di proporre una versione definitiva e corretta del tutto. Ma non è neanche qui il passo più grave. Ma è nella non corrispondenza degli intenti. Il costrutto che si è costruito con il giocatore sino al punto di non ritorno viene a mancare.

Come abbiamo detto in precedenza, le tre divisioni sono: Morale, Utilitarismo e Libertà. Se provassimo a mapparle usando gli allineamenti di D&D, verrebbe fuori che Morale è Legale Buono, Utilitarismo Neutrale e Libertà Caotico Neutrale tendente al Caotico Buono.

Morale per tutto il gioco è legato alle scelte dove gli ideali e la legge delle cose devono essere quelle portanti. E spesso quando si tratta di gestire situazioni difficili, la protezione delle persone anche di fronte ad evidenti problemi diplomatici. È il non trovare il compromesso, è essere un pilastro fulgido di rettitudine di fronte alle avversità del mondo. Ed il finale ad esso associato è quanto di più opposto possibile. O quantomeno va in evidente contrasto con una scelta effettuata prima nella storia. Questa dissonanza è per me una caduta di stile enorme.

Non inficia assolutamente come si vive la narrativa all’interno del gioco, che rimane valida, ma guardando a come il tutto va a concludersi, a come tutto va insieme, è una pecca che non fa elevare questo gioco oltre, che non gli fa avere il mio bollino “questo in effetti è un gioco scritto bene”. Per ora rimane a Disco Elysium tra produzioni recenti.

FULMINI E SAETTE! La magia sa sempre far lavorare bene il reparto dedicato agli effetti speciali

Si ma le botte?

Bene, ho già scritto 1600 parole tipo e dei combattimenti neanche v’è traccia. Perché, come ho detto in apertura, tra una battaglia e l’altra c’è un abisso di testo da superare. Ed un po’ dispiace perché poi quando si arriva a menare le mani l’esperienza è ottima. La prima cosa che salta all’occhio è quanto il gioco sia accomodante nei suoi sistemi.

Ogni missione ha un livello consigliato, ma se si è di livello più basso, bastano pochi turni ed il proprio gruppo salirà a velocità elevata. Un eventuale ritirata o sconfitta non cancella i livelli guadagnati, quindi è molto comune usare il livello della storia sia per salire di livello che per testare tattiche in una prima run, per poi finalizzare la vittoria al secondo o terzo tentativo. È possibile prendere parte a battaglie di allenamento per salire di livello e accumulare risorse monetarie e di materiali. Questi utili per l’upgrade delle vostre truppe.

A differenza di altri titoli strategici nipponici, qui l’evoluzione delle vostre unità è lineare. Saliranno di livello e classe, potrete potenziare le loro caratteristiche, ma il loro ruolo rimarrà sempre lo stesso. È quindi il tipo di roster che si andrà a formare, in base a scelte della storia o ai punteggi nelle 3 categorie, a dare il piglio tattico alle battaglie. Ognuno avrà i suoi preferiti, ma tutti noteranno che Anna, un personaggio di quelli principali è fondamentalmente rotta. In un gioco dove l’economia dei turni e la fragilità delle proprie truppe è molto importante, lei può eseguire due azioni per turno, andando quindi o ad attaccare due volte o ad attaccare una volta e poi occultarsi diventando invisibile per i nemici.

In generale il punto di massima resa consiste nell’attaccare i nemici alle spalle, cosa che trasforma un attacco in un critico dal danno aumentato, e nel fiancheggiamento. Attaccare un nemico con un alleato sulla casella opposta, provocherà un attacco anche da esso. Si tratta quindi di un gioco fatto di manovre e posizionamento, più che di pura forza bruta. L’intelligenza artificiale tende ad essere brutale nello sfruttare questo sistema, ma ogni tanto nelle mappe grandi sembra perdere totalmente il pathfinding e vaga nel vuoto o non ha l’incisività che invece mostra nelle mappe più piccole.

Il design delle mappe è un altro punto di forza. La storia si divertirà a proporre soluzioni intriganti, con twist specifici o condizioni sempre diverse tra attacco e difesa, proponendo una buona varietà di ambienti. Qualora ci siano punti ostici, la difficoltà del gioco è cambiabile in ogni momento tra molto facile, facile, normale e difficile, sapendosi adattare bene a vari tipi di giocatori, anche se è richiesto sempre un po’ di testa per arrivare in fondo alle missioni.

Alla fine l’esperienza globale funziona e bene. Nella sua prima esperienza va. Prende. Si vuole seguire le vicende di questi personaggi in un mondo definito il giusto e con una narrativa molto concreta e rara nel mondo del gaming giapponese. Di sicuro la consiglio a tutti quelli a cui piacciono i giochi strategici e gli jrpg e vogliono provare qualcosa del tono un po’ diverso. I fan hardcore potranno rimanere un po’ delusi, mentre i meno avvezzi al genere potrebbero prenderlo come nuovo punto di riferimento. Io consiglio di moderare le aspettative, non è un gioco che ridefinisce la libreria di Switch. Per la strategia c’è Mario+Rabbids, per la storia e scrittura ad oggi di esclusivo il vuoto cosmico.

Passato circa 23 ore per raggiungere il finale, tutte d’un fiato.
Pro: Un’ottima presentazione audiovisiva porta una storia che sa coinvolgere ed in grado di portarvi dall’inizio alla fine costringendovi ad operare scelte di compromesso
Contro: La scrittura non eleva la storia a fasti di grandiosità, così come IA tattica deficitaria e progressione poco profonda trattengono il gioco da vette più alte
8

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