Per essere generalmente visti come la terra di Pizza, Mandolino & Chitarre poco distorte (cit. per chi la coglierà), la nostra bella nazione fatta a stivale ha un altro elemento che ci distingue da tutti gli altri. Siamo dei tracannatori di vino pro capite da primato, insieme ai nostri vicini di Mediterraneo Francesi e Portoghesi.
Non solo avidi consumatori, ma anche esperti produttori. Con ben 49.1 Mhl prodotti nel 2020, siamo il 20% della capacità totale mondiale. Con 73 DOCG, 330 DOC e 118 IGT, abbiamo la più vasta classificazione di vitigni riconosciuti per le loro caratteristiche organolettiche e produttive. Insomma, chi meglio di noi per andare ad insegnare al mondo come si produce il vino?
Ecco quindi che dalle tastiere di Broken Arms Games, dalle lande Piemontesi, viene proposto un videogioco gestionale incentrato sulla produzione del vino come unico scopo ultimo: Hundred Days.
Il concept del gioco è relativamente semplice. Vi troverete a dover gestire un’azienda agricola con l’obiettivo di arrivare a fare soldi grazie alla produzione ed alla vendita del vino. Quel che viene chiesto quindi al giocatore è tutta la “solita” sequela di azioni tipiche dei gestionali. Capire qual è la sequenza di azioni migliore per perseguire il mio obiettivo, sapendo sfruttare le risorse e gestendo gli eventi previsti ed imprevisti.
Il percorso mentale tanto comune a questo genere, viene poi instradato in molti modi diversi a seconda di come gli sviluppatori hanno deciso di rendere meccanicamente eseguibile il percorso dell’ottimizzazione. Hundred Days ha delle trovate intelligenti e nuove, di fianco ad altre più tradizionali.

Il punto più importante è come la gestione degli eventi mescola le carte in tavola sulla gestione spaziale e temporale. Mi spiego meglio. Solitamente in questo genere di giochi viene chiesto al giocatore di costruire qualcosa. Questo viene eseguito fisicamente nel mondo di gioco, dove devo andare ad allocare spazi di terreno a specifici scopi. Pensiamo ai tanti city builder, dove avrò interi quartieri residenziali, altri industriali e via dicendo. L’aspetto temporale è dato dal fatto che la mia creatura nel tempo cambierà con il cambiare dei miei obiettivi.
Qui di solito insorgono le prime sfide, dove effettivamente non pensavo di dover mettere delle fabbriche inquinanti proprio di fianco ai quartieri residenziali o che commerciare perle fosse davvero così importante per gestire le spese di una civiltà da milioni di persone.
Hundred Days invece rielabora la componente spaziale in forma di puzzle game ad incastro. L’area di gioco non è il campo da coltivare, ma un’astrazione della quantità di forza lavoro che potete allocale per eseguire compiti. Ogni azione, sia essa piantare, diserbare, vendemmiare, pestare il vino, riparare macchinari e via dicendo, occupa un certo quantitativo di spazio della vostra capacità produttiva. Queste azioni hanno una forma fisica, in stile blocco di tetris, e dovrà essere piazzato nella vostra griglia per poter essere eseguito. Un comodo numero sulla sua forma indica quanti giorni impiegherà per essere completato, per poi sparire.
Mano a mano che le situazioni da affrontare si complicano, il tutto diventa una battaglia di ottimizzazione contro il tempo. Questo perché ci sono limiti temporali ben precisi. La vendemmia deve avvenire nel periodo della vendemmia, così come i giochi di pioggia bloccano tutti i lavori. Una volta capite tutte le meccaniche, il loop base che regola questo passaggio giornaliero è coinvolgente, stimolante il giusto ed anche rilassante, grazie alle musiche di accompagnamento.

A questo si aggiungono tutta una serie di elementi da gestire in schermate gestite da menu, più a loro agio su un comando mouse e tastiera o di un tablet dalle dimensioni più generose di Switch, ma rimangono funzionali. Che tipo di uva scegliere, come modulare le varie lavorazioni per dare più corpo, più dolcezza o per cercare di raggiungere quel retrogusto fruttato che tanto piace a certi palati, passando per la semplice gestione, riparazione dei macchinari e compravendita delle bottiglie.
Secondo me però c’è un po’ troppo distacco dalla parte centrale di assegnazione delle attività, che avvengono in modo grafico, con un “punch” tutto loro e quelle manageriali “nelle tabelle excel” come mi piace definirle. Se l’estetica e lo stile grafico non è spezzato, l’esperienza che ne viene fuori a mio avviso si. Fluisce molto meno di giochi come Civilization VI, dove le varie parti sono amalgamate molto meglio.
Ora, tutti questi sistemi presi così nel vuoto, servono un po’ a poco. Devono essere incanalati in modalità di gioco e ne troviamo due molto tradizionali per il genere con l’aggiunta di una campagna. La campagna serve da grosso tutorial, e presenta numerosi dialoghi e personaggi. La nostra protagonista si ritroverà ad abbandonare l’uggiosa vita da ufficio per finire in un paese di collina a coltivare vino, con lei alcuni amici (oggi sono in vena di citazioni).
Campagna che ho trovato fatta un po’ eeeeeeh. No sul serio non trovo una parola migliore. La scrittura ed i vari personaggi sono sufficienti per il ruolo, nulla da dire al riguardo che spicchi in negativo o positivo, mentre la parte puramente tutorial lascia un po’ a desiderare. Una volta completato il tutto non mi sentivo particolarmente più pronto. Molte delle cose da fare le ho intuite e digerite più per la mia esperienza pregressa nel genere che per le informazioni che mi sono state date nell’immediato.
Il miglior modo per imparare in questi giochi però e quello di sbatterci a muso duro contro fino a quando la propria testa non sviluppa il puzzle completo. E per farlo si può o andare nella modalità infinita, dove potrete produrre vino letteralmente per l’eternità, semplicemente lasciando passare il tempo o dandovi obiettivi autoimposti. Altrimenti ci sono le sfide, dove dovrete impegnarvi per raggiungere dei traguardi pensati dal gamedesigner, in determinate condizioni.
Nella versione Switch è presente anche quello che era un tempo un DLC: la Napa Valley. Terra di vendemmia Statunitense, in California. Un terremo che offre diverse caratteristiche e le varie aggiunte nel gioco permettono di affrontare nuove sfide e di avere nuovi strumenti. Avendo questo già incluso non da la sensazione di “nuovo”, ma aggiunge valore al pacchetto.

Hundred Days è un gioco gestionale piacevole, in grado di saper porre alcune novità di gameplay nel genere ed amalgama discretamente le sue parti. Quel che manca è un po’ di profondità in più. Se in giochi come Civilization scegliere con che civiltà giocare e che tipo di vittoria puntare ad ottenere cambia radicalmente impostazione alla partita, per non parlare dei numerosi cambi dinamici nel corso della partita, qui la scelta di vitigno diverso non fa altrettanto. Le movenza sono estremamente simili e ci si accorge che esiste un modo estremamente ottimale di passaggi per arrivare al massimo rendimento, con una varietà che quindi tende a restringersi mano a mano che si gioca. Questa è una caratteristiche che si nota molto negli strategici, dove si cerca sempre il percorso di massima efficienza, semplicemente qui arriva prima.
Ricordatevi di bere responsabilmente.