“Pensavo di venir licenziato per tutte le varie allusioni che avevo inserito qui e lì…”
Anche se ormai sono passati più di trent’anni (come vola il tempo), la serie TV animata del 1989 dedicata alla saga di The Legend of Zelda, rimane ancora tutt’oggi molto amata, soprattutto dal pubblico statunitense a cui il prodotto era principalmente rivolto.
Proprio per questo motivo, un utente di Twitter, ha chiesto ad Eve Forward, sorella dello sceneggiatore della serie, di fare alcune specifiche domande al fratello inerenti alla produzione del cartone animato.
Fortunatamente Rob Forward si è dimostrato particolarmente disponibile e loquace, rivelando diversi retroscena sull’ambiente lavorativo dell’epoca e divertenti aneddoti personali su di sé ed i suoi colleghi.
Alla domanda sul come si fossero documentati sulla serie sulla quale dovessero lavorare e se stavano seguendo delle linee guida all’interno di una qualche “bibbia” inerente l’ambientazione, lo sceneggiatore rivela che sì, avevano ricevuto qualche indicazione dall’alto (ad esempio quali personaggi dovevano obbligatoriamente comparire e quale dovesse essere il loro ruolo), ma erano troppo poche ed assolutamente insufficienti per basarsi soltanto su quelle, perciò si è fornito di un Nintendo Entertainment System ed una copia di The Legend of Zelda per fare ricerche di persona, solo per poi scoprire che il gioco a malapena aveva una trama e dei dialoghi. Così lasciò il pad a suo figlio e, conscio del fatto che la DIC (l’azienda per la quale lavorava) era maggiormente incentrata sulla serie TV di Super Mario e non avrebbe ricevuto particolari attenzioni, capì di avere parecchia libertà creativa e costruì le varie vicende secondo il suo gusto personale.
Così nacquero personaggi come la fatina Spryte, che inizialmente doveva non avere una forma ben definita ed una personalità, costruita sul modello della Trilli del lungometraggio su Peter Pan della Disney a cui lo sceneggiatore era particolarmente “affezionato” o la capacità di Ganon di teletrasportarsi ovunque, in modo da limitare il più possibile i costi di animazione della sua veste e del suo mantello.
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Infine rivela come fosse sicuro che il suo supervisore lo avrebbe licenziato per via di tutte le allusioni fin troppo spinte che inserì qui e lì all’interno degli episodi ma, per sua fortuna, gli script furono approvati interamente e non un singolo dettaglio fu rimosso o cambiato, ad eccezione dell’inserimento forzato di una famosa punch line dell’attore Steve Martin, “Excuuuse me, princess” che, alla fine, si rivelò essere l’elemento più iconico e parodiato dell’intera opera.