Si narra che tanto tempo fa, in una galas… ehm no intendevo dire… esisteva una terra abitata da prodi cavalieri e spietati demoni, teatro di uno dei più ardui compiti che un videogiocatore abbia mai affrontato: Ghosts ‘n Goblins.
Classe 1985, il famigerato action-platformer Capcom che incarnò per molti anni (pure con una certa spavalderia) il simbolo del videogioco hardcore, difficile oltre ogni umana comprensione – roba che Dark Souls levati proprio – diventa famoso sia per la sua spietatezza che per il suo modo leggero ed ironico di affrontare il tema “cavaliere che salva la principessa dal male”.
Sir Arthur, il protagonista, indossa infatti la classica armatura da cavaliere medievale, sotto la quale però non avrà quasi nulla, giusto un paio di boxer da sfoggiare non appena un nemico la tocchi anche solo di striscio, una chiara e fedele ricostruzione storica da parte di Capcom.
Il suo viaggio alla ricerca della principessa che viene (di nuovo) rapita nel filmato introduttivo lo porterà a visitare luoghi via via sempre più diabolici ed infestati da ogni possibile malvagità possa esistere armato di buona volontà, pazienza e un discreto arsenale di armi e poteri.

Mettiamo subito in chiaro una cosa: Ghosts ‘n Goblins Resurrection non è solo un gioco difficile, è soprattutto un gioco scorretto che gode e si nutre della disperazione del giocatore. Sì perché per quale motivo il Male (con la M maiuscola) dovrebbe giocare pulito? E allora via di trabocchetti impossibili da evitare se non si conoscono già, nemici che sbucano proprio in quell’angolo che non puoi colpire e una marea di salti al millimetro che finiscono immancabilmente male. Per non parlare degli scrigni che appaiono sempre in punti difficilissimi da raggiungere o giusto sulla traiettoria di un salto facendoci finire in un crepaccio (tanto ci sarebbe stato dentro un mago cattivo).
Ghosts ‘n Goblins Resurrection è un titolo che se da un lato se ne frega degli avanzamenti del genere negli anni, con la tremendamente limitante possibilità di attaccare solo in 4 direzioni e senza dare alcun controllo del personaggiodurante il salto, dall’altro aggiunge un sistema di progressione con abilità sbloccabili ed equipaggiabili a piacimento che lo rende più profondo degli illustri antenati. Una sorta di build system, cosa inedita per la saga. Ma soprattutto, la migliore aggiunta che potessero fare: checkpoint a inizio livello e in vari punti di esso. Alleluja. Ciliegina sulla torta: l’armatura di Arthur non si distrugge più in un solo colpo ma si spacca pezzo per pezzo, donando al giocatore una quantità vita sfruttabile degna di questo nome, mentre prima due colpi bastavano per trasformare il nostro eroe in un mucchietto di ossa.

Ovviamente tutto questo ammodernamento è un mero pretesto per proporre le situazioni più diaboliche mai viste: ho trovato la difficoltà media momento-per-momento parecchio superiore ai precedenti capitoli della saga, proprio in virtù delle maggiori potenzialità di Arthur e della presenza di salvataggi intermedi a compensare.
Certo, ci sono 4 livelli di difficoltà che vanno da “posso farcela” a “cavatemi gli occhi vi prego“. Avendo speso parecchie centinaia di ore sui precedenti capitoli mi sono detto “proviamo il terzo livello di difficoltà”… me ne sono pentito dopo solo mezz’ora. La quantità di nemici che il gioco vomita addosso al giocatore è brutale, incessante. In alcuni momenti partono delle vere e proprie orde che non permettono l’avanzamento senza aver prima eliminato tutti i nemici a schermo.

Solo raccogliendo gli appositi potenziamenti che permettono di sbloccare ed equipaggiare varie abilità offensive e difensive il gioco comincia a prendere ritmo e determinate situazioni vengono risolte in scioltezza con l’utilizzo dell’abilità giusta al momento giusto.
L’esperienza comincia così a somigliare ad un puzzle, dove la perfetta conoscenza dei nemici, dei i loro punti di spawn, la posizione dei power up, il riconoscere i punti “sicuri” di ogni livello e quelli da evitare diventano armi micidiali nelle giuste mani. Difficoltà vecchia scuola potrei dire, dove memorizzazione di pattern e perfetta padronanza del personaggio imprescindibili per trionfare. Non è cosa per tutti ma sa dare soddisfazioni enormi se si è inclini a sfide di questo tipo.

Lo storico arsenale bellico a disposizione del nostro prode cavaliere fatto di lance, coltelli e fiamme sacre è presente in toto ed è stato ampliato con nuove armi che, unite alle abilità (sempre disponibili e selezionabili alla bisogna da un apposito menù rapido) rendono il gameplay sufficientemente vario. Ma ricordate: l’arma migliore è sempre il coltellino.
Altra gradita novità: è possibile scegliere che area affrontare in ogni livello scegliendo tra due disponibili, rendendo così il percorso meno lineare che in passato.
Non sarebbe Ghosts ‘n Goblins senza un comparto audiovisivo all’altezza, e devo dire di essere rimasto soddisfatto… con riserva. La scelta stilistica di Capcom ha privilegiato sprite “moderni”, niente pixel art, che però essendo animati mediante skeletal animation (ossia muovendo singoli pezzi del personaggio come braccia e game quasi fosse una marionetta) danno spesso quell’impressione di “gioco in Flash” di qualche lustro fa che personalmente apprezzo poco.

In ogni caso, il risultato globale è piacevole e funzionale, gli sprite sono dettagliatissimi e colorati e il caos visivo è controllato, non si hanno mai problemi a capire cosa succede a schermo. L’unico vero intoppo che ho riscontrato è un calo di framerate nei momenti più concitati (cosa che ironicamente accadeva anche in passato) non eccessivo e mai veramente problematico, ma degno di menzione.
Il comparto sonoro annovera tra le musiche tutti i classici motivetti della serie rimasterizzati, più altri inediti ma sempre fedeli allo spirito dell’opera. Anche gli effetti sonori hanno subìto un lifting e sono più squillanti che mai.
Insomma, Ghosts ‘n Goblins Resurrection è un titolo chiaramente dedicato ai veterani degli ormai vetusti capitoli passati (al netto dei quello per PSP che era a sua volta una sorta di omaggio alla serie), sudando sette camicie anche solo per finire un livello. Un’esperienza che richiede volontà di ferro e dedizione per essere completata alla massima difficoltà ma che risulta accessibile a tutti grazie a livelli di difficoltà adatti ad ogni livello di abilità.