Un meraviglioso viaggio, parte seconda
Il medium videoludico può essere considerato arte? Un discorso vecchio, trito e ritrito, eppure non vi è ancora, dopo anni, una vera e propria accettazione universale. Un medium troppo dispersivo tra decine di generi, ancora troppo dipendente da titoli di massa difficilmente classificabili come arte. Viviamo nel paese dello stivale, viviamo in una penisola che potrebbe vivere solamente con Fifa, CoD, Fortnite e GTA. Indubbiamente grandi titoli, campioni assoluti di vendite ma che forse, ed è un parere soggettivo, mancano di quel che serve per elevare il settore. Certo, sono titoli universali a livello mondiale, alcuni muovono milioni di dollari tra tornei e montepremi, ma l’arte è un’altra cosa.
L’arte ha bisogno di tempo per essere creata, ha bisogno di progettazione, di anni di sviluppo intenso, di cura e attenzione a ogni minimo dettaglio.
Ha bisogno di stupire, di emozionare, di suscitare qualcosa in chi la vive, che si tratti di un quadro, una scultura, che si tratti di un libro, un film o un brano musicale. Oppure, che si tratti di un videogame, di un’avventura multimediale capace, in rari casi, di cambiare qualcosa dentro di noi. L’arte è rara, estremamente personale e soggettiva e spiegarla è difficile.
Scrivere di Ori and the Will of the Wisps è difficile, ha richiesto tempo e una lunga riflessione, perché il capolavoro sviluppato da Moon Studios si eleva a un livello emotivo e qualitativo superiore, davvero difficile da eguagliare.
Sia benedetta Moon Studios. Piccola software house fondata nel 2010 a Vienna, salita alla ribalta nel 2015 per aver consegnato al mondo videoludico Ori and the Blind Forest, fiaba appartenente al genere platform/action comunemente definito metroidvania, pubblicata da Microsoft Game Studios, inizialmente in esclusiva per Xbox e PC. Un titolo visivamente abbagliante, capace di catturare sin dalle prime battute con uno stile accattivante e una storia toccante.
Ma soprattutto, un’opera che si giocava con gioia, da divorare in poche ore, sufficienti per far innamorare irreversibilmente. Una pesante ed incantevole esclusiva Microsoft, perfettamente trasposta su Nintendo Switch a settembre del 2019, con plauso universale di critica e pubblico.
Pochi mesi dopo uscì Ori and the Will of the Wisps, sequel diretto, col pesante fardello di mantenere inalterata la qualità del primo titolo ma dalle forti ambizioni, con l’obiettivo di alzare l’asticella verso nuove vette.
E a sorpresa, in un pomeriggio di fine estate, al termine di un Direct (finalmente) esaltante, ecco arrivare il porting “impossibile” che mai ci saremmo aspettati, grazie alla forte volontà degli sviluppatori.
Oggi siamo qui, sulla console ibrida tanto amata dagli indie, a riprendere le fila della storia di Ori, piccolo spirito di luce dal grande cuore e dei suoi amici, in un’avventura che vuole rispondere a ogni domanda lasciata aperta dal primo capitolo.

Bastano pochi istanti di gioco per far scoccare la scintilla, pochi istanti tra l’avvio e le prime note del main theme per capire che stiamo per vivere ancora una volta qualcosa di unico.
Tecnicamente, ci troviamo di fronte a uno dei titoli bidimensionali più incredibili mai sviluppati, la materializzazione di un quadro, di una visione onirica su uno schermo. Nessun dettaglio è lasciato al caso, ogni ambiente si presenta ricchissimo di sfumature e particolari da scoprire, ogni bioma possiede una precisa identità ed è collocato in un punto specifico della mappa di gioco, in modo credibile e realistico.
Ogni area possiede vita propria, possiede una storia da scoprire e la sensazione è che Niwen sia così ben costruita che non esista nessuna zona fuori luogo, nessun frame è stato creato come riempitivo.
Moon Studios ha abbandonato gli sfondi prerenderizzati del primo capitolo a favore del 3D, costruendo il background su più livelli di profondità con elementi autonomi e indipendenti, in stile Photoshop.
Il risultato è un nuovo standard visivo del genere, un’esplosione di vita e colori abbagliante che sembrano appartenere a un sogno, con alcuni degli scorci più incantevoli mai visti in un videogame.
Un comparto tecnico fuori parametro, ovviamente inferiore alle controparti Xbox e PC ma capace di spremere al massimo la piccola ibrida Nintendo.

Ori and the Will of the Wisps ha fatto tesoro dell’evoluzione del genere action 2D nel corso degli anni e non è un caso che per espandersi e rinnovarsi prenda ispirazione da un titano come Hollow Knight.
Bastano pochi minuti per capire che l’aria che tira a Niwen è differente, troveremo gigantesche creature dalle quali non bisognerà limitarsi a fuggire ma sfidarle, in veri e propri appassionanti combattimenti.
La prima arma che otterremo assorbendo la luce degli alberi antichi è una lama di luce, una spada che non può non ricordare, per esecuzione e fluidità di movimenti, proprio l’aculeo del Cavaliere.
Ed è solo l’inizio. La gamma di armi utilizzabili e abilità a disposizione di Ori è aumentata notevolmente rispetto al primo capitolo, è ora possibile eseguire attacchi a distanza e a lungo raggio e avanzando nell’avventura, arriveremo ad attraversare intere aree di gioco senza mai toccare terra, semplicemente affidandoci alla concatenazione delle tecniche.
La loro varietà permette di giocare Ori and the Will of the Wisps in differenti modi, tre alla volta sono affidati ai pulsanti X, Y e A lasciando al giocatore la libertà di sperimentare e decidere quali utilizzare.

Una grande aggiunta rispetto al primo capitolo sono gli amuleti, artefatti equipaggiabili in grado di conferire abilità aggiuntive, bonus in difesa o attacco, o cambiare sensibilmente l’approccio all’avventura.
Alcuni possono essere potenziati con l’aiuto di artigiani e mercanti che popolano Niwen e il numero che potremo equipaggiarne contemporaneamente aumenterà dopo aver superato delle prove di combattimento, appositamente create per rendere più forte il piccolo Ori.
E non mancano epiche battaglie contro giganteschi boss, con un’intelligente alternanza tra fasi di fuga e lotta e cambi di strategia e stile in tempo reale durante lo scontro.
Tutto, nel gameplay di Ori, funziona perfettamente. Nelle fasi avanzate dell’avventura, le dita imparano a muoversi a memoria sul pad, danzando insieme a Ori con una fluidità pazzesca. E a un comparto visivo fuori parametro abbinato a un gameplay fluidissimo non può che combaciare un lato sonoro che definire all’altezza sarebbe estremamente riduttivo. La colonna sonora di Ori and the Will of the Wisps presenta tracce semplicemente commoventi, sin dal già citato main theme.
Ampio spazio alle voci femminili, spazio a sussurri capaci di cementare un’atmosfera onirica e di dare a ogni ambientazione una propria precisa identità sonora oltre che visiva. In fondo, anche la musica è una forma d’arte (forse la più elevata) e l’esperienza sonora con Ori and the Will of the Wisps comincia, accompagna e termina con le lacrime.
Sembrava un porting impossibile. Il seguito di Ori and the Blind Forest, esclusivo per Xbox One, penalizzato da un frame rate instabile e piccoli problemi tecnici, parzialmente risolti a seguito di alcune patch ma ancora lontano dalla perfezione. Come avrebbe potuto mai girare sulla piccola ibrida Nintendo? Sembrava impossibile, eppure Ori and the Will of the Wisps su Nintendo Switch gira sia in modalità ibrida che in portatile a 60fps stabili, con rari cali minimi, mai sotto i 50-55fps.
Come? Con un lavoro dietro incredibile da parte di Moon Studios, realizzando una conversione che è quasi una ricostruzione del gioco.
In pratica, la versione Switch risulta nettamente più stabile rispetto all’originale per Xbox. Meno dettagli su schermo tanto per cominciare, e una risoluzione di 900p in modalità docked e 720p in portatile che sfrutta piccoli trucchi per muovere il maestoso motore grafico senza incertezze.

Dall‘analisi di Digital Foundry emerge come la risoluzione dinamica aumenti il numero di dettagli visibili nel punto focale del giocatore. In pratica, dove si posa l’occhio del giocatore durante la partita, quindi quasi sempre attorno a Ori, la risoluzione ha un picco, per calare oltre il punto focale, alleggerendo il peso del motore grafico.
Allo stesso modo vengono gestiti i livelli di profondità in 3D, abbassando la qualità delle texture e degli elementi sullo sfondo quando non necessario.
Per ovviare alla minore qualità degli effetti di luce, alcune aree sono state dipinte, proprio come se fossero perennemente illuminate.
Lo straordinario lavoro di Moon Studios ha come risultato l’avere tra le mani uno dei titoli più appaganti visivamente su Nintendo Switch e bisogna solo far loro i complimenti.
La conversione di Ori and the Will of the Wisps, a fronte di un frame-rate perfetto ha portato ad un altro problema, Moon Studios ne è al corrente e sta attualmente lavorando per risolverlo con una patch. Occasionalmente il gioco si chiude, crash improvvisi che per fortuna non causano grosse perdite di dati di gioco, grazie all’autosalvataggio frequente. Non è chiaro come e perché accada, sembra che siano legati alla richiesta della console di essere connessa alla rete per condividere i risultati di alcune prove di abilità con altri giocatori.
In verità, i crash si verificano anche in modalità offline, ma la buona notizia è che la loro frequenza sembra estremamente variabile da console a console, può accadere due volte nel corso delle venti ore necessarie a completare il gioco come una decina. Come detto, Moon Studios è al corrente del problema è sta lavorando per risolverlo entro breve tempo, così da poter rilasciare la versione fisica su cartuccia con la patch già integrata.

L’avventura principale di Ori and the Will of the Wisps dura quasi il doppio del primo capitolo, Niwen è molto più vasta di Nibel, nasconde un numero decisamente maggiore di segreti da scoprire e un gran numero di personaggi che interagiranno con noi durante l’avventura.
Classificare Ori and the Will of the Wisps non è semplice, se esistesse il genere videoludico “pura gioia”, indubbiamente vi apparterrebbe.
Le fasi platform sono in più di un’occasione esaltanti, man mano che la confidenza con le abilità apprese cresce, aumenta il divertimento e la voglia di scoprire, di esplorare sempre di più e trovare ogni singolo segreto nascosto negli angoli delle mappe.
E nel girone paradisiaco dei metroidvania per Switch, si eleva su titoli eccellenti come Axiom Verge e Dead Cells, ponendosi alla pari di sua maestà Hollow Knight. Ma i due titoli, restano incomparabili, poiché esperienze di gameplay profondamente diverse. Hollow Knight semplicemente non ha paragoni per l’esperienza di gameplay e la longevità che offre in proporzione al suo prezzo, ma è un titolo più cupo e tetro, la cui essenza sta nell’esplorazione, nella scoperta della lore che circonda il mondo di gioco e nel combattimento, una mastodontica avventura.
Ori and the Will of the Wisps dura complessivamente un quinto di Hollow Knight, sfoggia un gameplay più fluido e dinamico, mette in scena un tripudio di colori, di vita, di speranza anche dove sembra non essercene e narra una storia in cui non ancora una volta non vi è bene e male, tutto è sorretto da un flebile equilibrio. E fa del platforming il suo cuore, la sua essenza.

Ori and the Will of the Wisps è la materializzazione del sogno di un fanciullo, la messa su schermo di una fiaba pura, narrata perfettamente da una voce fuori campo, quel genitore che leggendo con la giusta cadenza ci aiutava a sognare e a vivere avventure epiche.
Ritornando al discorso iniziale, Ori and the Will of the Wisps è la perfetta definizione di arte videoludica. Pura arte interattiva, giocabile, un’opera che va oltre la semplice classificazione del medium di appartenenza.
Ori and the Will of the Wisps è semplicemente il miglior titolo uscito per Nintendo Switch nel corso del 2020. E l’incoronazione non è dovuta alla scarsità di uscite nel corso dell’anno, ma all’incredibile qualità del titolo.
Un platform/action fluidissimo, veloce, preciso, stabilmente ancorato ai 60fps. Un miracolo di conversione per un’avventura che migliora ed espande il primo capitolo sotto ogni singolo aspetto, un’esperienza videoludica che rimarrà negli annali.