A volte un mezzo-genio può esaudire desideri interi.

È successo, è successo di nuovo. Sono steso sul letto che cerco di riposarmi e la melodia di uno degli item shop di Shantae and the Seven Sirens mi entra in testa e non mi darà pace per un bel po’. Non accadeva dai tempi del fidato Shovel Knight.
Nel corso del 2019 e anche del 2020 ho invidiato profondamente i possessori di Apple Arcade, in quanto prescelti per l’approdo delle ultime avventure della simpatica mezzo-genio, anche se uscite in due parti, la prima tra settembre ed ottobre e la seconda a fine marzo: adesso mi sento completo, finalmente Shantae and the Seven Sirens è giunto, nella sua interezza, anche su Nintendo Switch.
Il gioco era nella mia wishlist da un bel po’. Sono un avido divoratore di metroidvania, giochi dalla doppia anima action-platformer in cui sbloccando nuove abilità è possibile accedere a nuove zone della mappa: la serie di Shantae ha sempre rappresentato un punto di riferimento qualitativo nel genere per me (anche se non ho potuto seguirne le origini su Game Boy Color nel 2002…si, la serie è diventata maggiorenne quest’anno!). Il mio primo incontro è stato Shantae and The Pirate’s Curse su Nintendo 3DS, seguito a ruota da Shantae: Half-Genie Hero su Nintendo Switch.

Il titolo si apre con un’intro ad opera di Studio Trigger (creatori fra gli altri dell’anime Kill la Kill) che quando fu rivelata in rete, faceva già pensare di trovarsi di fronte ad un titolo dalla presentazione quanto meno curata e su cui WayForward voleva puntare molto, per festeggiare degnamente il proprio trentennale: vi sfido a non canticchiare la sigla arabeggiante del gioco già dopo il primo ascolto.
Questa volta seguiamo Shantae in vacanza assieme al fidato zio, a Sky (la più convinta tra tutti i vacanzieri), e Bolo. Shantae incontra altre mezzo-geni invitate come lei su un’isola tropicale per un mega festival in cui tutti gli half-genie possano esibirsi assieme e possano essere apprezzati dagli abitanti dell’isola e non solo.
Chiaramente la situazione precipita rapidamente, a causa del rapimento di tutte le altre geniette, tranne la nostra preferita che ovviamente cercherà di restaurare l’ordine all’interno dell’isola. Ci sono graditi ritorni tra i vari personaggi della serie, tra cui Squid Baron e l’immancabile acerrima rivale Risky Boots, ma per amore dei fan forse è il caso che dia un taglio agli spoiler.

Il maggior pregio di questa nuova iterazione di Shantae è proprio il ritorno alle origini e ai capisaldi del genere. L’esplorazione e il platforming si dipanano attraverso una mappa interconnessa di grandi dimensioni, e saranno proprio il vostro procedere nell’avventura e lo sblocco di nuove abilità a svelare ogni anfratto del mondo di gioco. Questo in controtendenza rispetto a quanto accadeva in Half-Genie Hero ad esempio, dove da un hub-world centrale si raggiungevano, tramite Sky e il fidato volatile Wrench, le varie zone di gioco: ciò le faceva apparire più vicine ai livelli di un platform classico con un’idea di progressione lineare e non interconnesse e liberamente esplorabili dai giocatori, come invece è il caso in questo nuovo capitolo.
Non solo, il sapiente game design prova a dire la sua riguardo ad uno dei problemi più importanti che discendono dalla struttura interconnessa, il backtracking (cioè quel fenomeno per cui molto spesso ritornerete in zone già percorse che magari si trovano esattamente all’opposto della stanza in cui siete, perché finalmente avete un’abilità che vi permette di abbattere un certo muro, o scalare una certa parete invalicabile fino a poco prima). Gli sviluppatori hanno introdotto, infatti, un sistema di “carte mostro” collezionabili di varia rarità, ottenibili dall’uccisione delle creature presenti sul vostro cammino: raggiunto un ammontare variabile di carte collezionate per la ripetuta morte di un dato nemico, sbloccherete la sua abilità passiva e potrete equipaggiarla in uno dei tre slot a disposizione.

Grazie alla ricerca delle carte e delle pepite (utilizzate per comprare le carte rare con abilità speciali legate ai boss sconfitti), il game design vi fornisce sempre una motivazione in più per tornare sui vostri passi e rende questo peregrinare comunque premiante. Pensate alla possibilità di strisciare più velocemente, oppure quella di far aumentare i cuori che cadranno dai nemici e capirete come i programmatori abbiano sostanzialmente introdotto la possibilità di settare varie combinazioni di equipaggiamenti a seconda delle situazioni da affrontare.
Altra nuova meccanica che snellisce un aspetto del precedente Half-Genie Hero sono le monete fusione: queste vi saranno donate dalle vostre compagne liberate e vi permetteranno di acquisire poteri saltando interamente la fase del balletto, (che a mio modo di vedere interrompeva l’azione e appesantiva alcune sezioni nei precedenti capitoli) e trasformarvi direttamente in una tartaruga capace di sfondare alcuni muri, oppure diventare un paguro che con la propria conchiglia può trivellare le zone sabbiose.

Ok, capisco…siete tristi perché mancano le danze…e invece no! Esistono anche in questo episodio! Tuttavia saranno sbloccabili ed utilizzabili in situazioni ad hoc, ad esempio per svelare oggetti invisibili o zone nascoste o per donare nuova vita a piantine che a loro volta vi doneranno oggetti o pepite. L’utilizzo di queste abilità in situazioni più “statiche” a mio modo di vedere è la miglior incarnazione del concetto di danza in Shantae proprio perché non sono concepite per essere utilizzate in situazioni frenetiche con varie combinazioni di tasti per accedervi (per quello esistono le abilità date dalle monete) ma per aprire nuovi percorsi in fasi più contemplative od esplorative.
I nemici che cadranno vi ricompenseranno con gemme che potrete spendere presso i negozi di articoli disseminati nei centri nevralgici delle varie aree di gioco: potrete così comprare ed equipaggiare armi come razzi a ricerca, palle rotanti e scudi attivabili tramite l’utilizzo della barra magica, anch’essa ripristinabile tramite pozioni lasciate cadere dai nemici o grazie ad alcune abilità passive fornitevi dalle carte mostro raccolte. Un plauso alla direzione artistica per la varietà nel design e nelle meccaniche dei mob (i mostri semplici che potrete combattere in ogni area), in un genere in cui si tende a concentrarsi più sul design dei boss.

Il level design è notevole e per quanto i dungeon e le varie zone siano fortemente tematizzate, i puzzle e le nuove abilità acquisite saranno sempre utilizzate in nuovi e creativi rompicapi ed enigmi ambientali: ad esempio, sbloccando l’abilità di trivellare la sabbia sarete costretti ad affrontare i nemici attraverso i cunicoli che creerete, in una citazione-rielaborazione che mi ha fatto subito pensare a Pac-Man. Ogni nuova sezione quindi esalta le nuove abilità di cui verrete in possesso! Non mancano ovviamente sezioni dal gusto squisitamente platform, dove a contare è soltanto la vostra prontezza di riflessi.
La vacanza della mezzo-genio dura all’incirca 10 ore (forse qualcosa di più per i completisti e gli amanti delle side-quest), ma vi fornisce alcune motivazioni (non particolarmente intriganti) per tentare almeno una nuova partita, con schermate di vittoria diverse se tenterete il New Game+ o se ad esempio collezionerete tutti gli articoli disponibili.

Il gioco risulta ottimo sia in docked che in handheld, avendo anche abbandonato la profondità 3D degli ambienti del capitolo precedente, in favore del 2D integrale. Non solo! I possessori di Nintendo Switch possono per una volta dire che la loro versione del titolo è la migliore, grazie al fatto che è portatile.
Il comparto audio, come detto in apertura è di ottimo livello per il genere, e la tracce dei vari livelli si annideranno nel vostro subconscio per riaffiorare nei momenti più inaspettati, a causa della loro orecchiabilità.
L’unico vero difetto del titolo sembrano essere i testi dei dialoghi che (come accaduto anche per i capitoli precedenti) in molte fasi tradiscono una traduzione dagli effetti grotteschi in stile Google Translator: niente che non permetta di capire il senso dei non tarantiniani dialoghi, ma purtroppo l’adattamento denota una mancanza di cura o più probabilmente di budget. L’esempio limite e l’unico riscontrato, per fortuna, è quello in cui un personaggio non giocante vi suggerirà di raggiungere la “Western Shoreline”, sfortunatamente tradotta come “Costa Orientale” (eh no, quella sarebbe “Eastern Shoreline, cari miei responsabili dell’adattamento!), errore importante che ha allungato la mia ricerca di un bel po’ in una zona comunque piena di oggetti da raccogliere, e questo è l’unico motivo per cui lo scuso.

Inoltre, rispetto ai suoi diretti competitor Hollow Knight e Ori and The Blind Forest, questa avventura può risultare discretamente facile per gli amanti del genere: infatti, la sua interpretazione del concetto di metroidvania basata sull’acquisto di oggetti a volte può creare combinazioni di abilità che renderanno alcuni boss una passeggiata.
Dal manuale dei metroidvania uno dei migliori giochi della serie.
Tuttavia Shantae and the Seven Sirens è forse il miglior titolo della serie insieme a Pirate’s Curse, sicuramente uno dei migliori giochi originali (non esclusivi) per Nintendo Switch di quest’anno e potrebbe addirittura avere voce in capitolo per metroidvania o action-platformer dell’anno vicino a titoli quali il meraviglioso Ori and The Will of The Wisps (che per ora purtroppo rimane esclusiva Xbox e PC).

Non fatevi ingannare dalla spensieratezza dell’art direction e delle tematiche: siamo di fronte ad un metroidvania da manuale, con tutti crismi del genere e anche qualche graditissima nuova meccanica. Shantae and The Seven Sirens è una perla neanche tanto nascosta e non dovete lasciarvela scappare. Anche se non c’è nessuna lampada da strofinare il nostro mezzo-genio ha esaudito un desiderio dei possessori di Nintendo Switch. Finalmente posso dirlo: “Ret to go?”